Nico Cereghini: “Ma la moto è ancora libertà?”

Nico Cereghini: “Ma la moto è ancora libertà?”
Se lo chiedono tanti appassionati, che rimpiangono i bei tempi e mal sopportano i limiti imposti dalla società che cambia. Se ne può discutere, naturalmente, ma partendo dal principio di realtà e tralasciando la retorica…
9 dicembre 2025

Ciao a tutti! Persino Agostino o’ pazz, simbolo della Napoli irriverente, uno che sfidava le autorità facendo le acrobazie con la moto, che raccoglieva nel 1970 le folle in piazza, centinaia di agenti per ristabilire l’ordine pubblico, feriti, arresti e fermi… Persino lui da anziano diceva: “In moto viene l’eccitazione e invece l’importante è la sicurezza. Lo dico ai giovani: rispettate il codice, mettetevi il casco perché può salvare la vita”.

Da giovane incendiario e da vecchio pompiere. Antonio Mellino, come Agostino o’ pazz si chiamava, si era fatto un po’ di galera ma neanche tanto, senza precedenti, e aveva messo la testa a posto. Era padre di cinque figlie, antiquario con attività nel centro storico, dove era cresciuto e dove è morto la settimana scorsa a 72 anni. La passione per la moto non si era mai spenta.

Siamo della stessa generazione. E nei giorni in cui Agostino o’pazz sfidava vigili e carabinieri noi, da poco tester di Motociclismo e nello spirito del ‘68, “sfidavamo” la generazione precedente dicendo: “Mettiamo almeno il casco, nelle prove, anche se la Piaggio protesterà…” Perché i berretti che usavano allora ci facevano sorridere e il casco invece era un gran bell’oggetto. E ci piaceva il ruolo: sul giornale diventavamo riferimento, avevamo una certa responsabilità, eravamo gli influencer di allora.

Non ci sembrava che indossare il casco limitasse la nostra libertà, anzi. Poi nel tempo la società è cambiata e sono arrivati gli obblighi e i divieti, sempre più stringenti. E molti si chiedono: la moto è ancora libertà? Si può discuterne, se siamo ancora capaci di farlo senza dividerci e insultarci come ormai è abitudine sui social.

Certo, a 200 allora in autostrada non ci possiamo più andare e non possiamo circolare senza il casco (o arrampicarci sull’Etna come facevamo negli anni Settanta). Allora si poteva fare tutto o quasi, una gran bella libertà, ma il prezzo era altissimo: undicimila vittime sulla strada nel 1972 in Italia con un terzo dei veicoli in circolazione. Oggi sarebbero almeno 30.000. E se moltiplichiamo il dato statistico con il nuovo fattore smartphone… magari 60.000 invece dei, pur sempre troppi, tremila morti del 2024. Sono cambiati i veicoli, i limiti consentiti, persino (ma non tanto) le strade e gli italiani.

Si può sempre discutere sulla dose di libertà che possiamo provare a difendere. Per noi la moto continua a rappresentare passione, irrazionalità, libertà. Poi ci sono gli altri e i loro diritti. Per esempio, non possiamo rompere i timpani del prossimo in città con gli scarichi completamente liberi, come fa spensierato il mio vicino di casa, per di più scaldando a lungo la sua special, gratificato dall’eco dei box…

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