Nuovi sviluppi nell'inchiesta sull'incidente di Elena Aubry

Nuovi sviluppi nell'inchiesta sull'incidente di Elena Aubry
  • di Alfonso Rago
La via Ostiense, teatro dell’incidente mortale del 2018, era già nota come pericolosa e quindi il passaggio della moto andava vietato
  • di Alfonso Rago
25 giugno 2021

Nuovi ed importanti aggiornamenti nell’inchiesta sull’incidente di Elena Aubry: come riferisce il corriere.it, le indagini del PM hanno verificato che il tratto stradale interessato dal sinistro era già noto per la sua pericolosità, a causa di avvallamenti ed asfalto rovinato.

Ma nessuno ha mai provveduto ad emettere un’ordinanza di divieto alla circolazione per le due ruote, i veicoli maggiormente esposti al pericolo d’incidente.

Per questo, le accuse a carico degli indagati prevedono anche la violazione dell’articolo del Codice della Strada relativo all’obbligo di garantire la sicurezza stradale attraverso la manutenzione.

Sono le conclusioni cui è giunta la procura, che con un’integrazione della fase di chiusura indagini ha esteso per quanto riguarda la competenza comunale, le responsabilità della scomparsa della ragazza a due funzionari del Campidoglio presso il dipartimento Simu (Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana): si tratta di Paolo Fantini, direttore dei lavori dell’ufficio Manutenzione e pronto intervento competente per l’XI Municipio, e Francesco Campagnoli, responsabile della manutenzione ordinaria del lotto della Grande viabilità dove è avvenuto l’incidente.

I due dirigenti si aggiungono agli altri indagati: i responsabili del Simu, Roberto Botta e Fabio Pacciani, Nicola De Bernardini (direttore tecnico del Municipio X) e Marco Domizi, responsabile della manutenzione stradale dello stesso Municipio; inoltre, a rischio processo ci sono anche Fabrizio Pennacchi, responsabile legale della Esgra, ditta affidataria dei lavori di manutenzione, e l’addetto alla sorveglianza, Alessandro Di Carlo.

Oltre alla contestata violazione dell’obbligo di garantire la sicurezza stradale attraverso la manutenzione, sono accusati di non aver rispettato l’articolo del Codice della Strada che impone, in caso di pericolo, l’apposizione di cartellonistica stradale di avviso per i conducenti dei veicoli in transito.

Nella ricostruzione del PM, gli indagati non avrebbero preso in considerazione neppure l’estrema opzione in loro potere, quella della chiusura della strada, per garantire la sicurezza in assenza di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.

E così si è arrivati al 6 maggio 2018, quando, come riporta nelle sue conclusioni il PM, «affrontando al chilometro 25 con andamento cauto il sorpasso di un altro ciclomotore in piena sicurezza e nel rispetto dei limiti di velocità», si verificò la fatale caduta.

Graziella Viviano, la mamma di Elena che dopo l’incidente ha iniziato una vera crociata per la sicurezza stradale, ha così commentato: «La posizione del PM combacia con la nostra: abbiamo sempre indicato nella mancata manutenzione, ordinaria quanto straordinaria, e nell’assenza di decisioni anche drastiche come la chiusura di un tratto di strada pericoloso, la vera causa dell’evento di Elena. Si tratta della conferma che da parte di chi doveva controllare c’è stato un torpore complice di morte, come spesso accade nel nostro Paese, una mancata valutazione del pericolo che continua fino a quando poi non si verifica la tragedia, come accaduto anche nel caso del Ponte Morandi». 
 

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