Africa Eco Race Rest Day. La Leggenda delle Bicilindriche [VIDEO e GALLERY]

Piero Batini
  • di Piero Batini
Il rombo delle bicilindriche è evocazione, e al bivacco di Dakhla lasciamo che la memoria affiori riportandoci a un capitolo essenziale dei Rally-Raid: la Leggenda delle Bicilindriche. Poi Mr. Franco intervista l’Aprilia di Cerutti
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
7 gennaio 2024

Dakhla, Marocco, 7 Gennaio 2024. Giornata di riposo. Lasciamoci trasportare dai ricordi. La sfida tra Yamaha e Aprilia ne scatena uno sensazionale.

L’idea micidiale e vincente è di Jean-Claude Morellet. Questo nome vi dice poco? Allora ecco il suo nickname: Fenouil. Ah si eh?! Pilota, giornalista, scrittore, avventuriero, organizzatore. L’altro artista del Rally-Raid di cui si parlava l’altro giorno ricordando lo scomparso René Metge. Soprattutto, l’inventore del Rally dei Faraoni, l’unico che è riuscito a insidiare lo scettro della Dakar.

Capitolo 1. BMW

Fenouil fa parte della “ghenga” storica, insieme a Cyril Neveu e Hubert Auriol è al via della prima Dakar. Auriol e Neveu si presentano con una XT500, la “scrambler” ritenuta ideale per il Deserto. Fenouil si schiera con una BMW da strada. Manubrio largo e gomme. Il resto, cioè tutto, è di serie. Vita impossibile, vince Neveu, Hubert è 12°. Il seme è sotto la sabbia del Deserto. Il Rally-Raid di Thierry Sabine è esploso e dilaga. Il suo immaginario conquista tutti. Fenouil insiste, riesce convincere BMW a sviluppare attorno al boxer della sua storia il prototipo per vincere la Dakar.

Le monocilindriche Yamaha e Honda vengono dalla serie, la BMW inverte e inaugura una tendenza, quella del prototipo per vincere nel Deserto. Non ci riesce il primo anno, 1980, la moto è troppo potente, si avvia a fatica e, paradossalmente, deve contenere la verve per non spaccare le teste, ma Hubert va a segno l’anno successivo, 1981, e nel 1983 dopo la 3° vittoria di Neveu passato a Honda. È la consacrazione del bicilindrico, della sua voce e cupa e potente, del suo incedere regale e invincibile.

Capitolo 2. Honda

BMW chiama in Squadra Gaston Rahier, asso del Motocross. Piccolo e “cattivo”, si adatta male allo spirito del Rally-Raid. La scelta di BMW è comunque buona e le “Petit Gaston” vince nel 1984 e 1985. Nasce la G/S 800, moto di serie chiaramente ispirata alla regina del Deserto, una sigla magica che resiste ancora oggi. Hubert sopporta ancora un anno, poi sbatte la porta e da il via ad un’avventura incredibile.

Nel frattempo Honda, che ha capito l’antifona, continua a sviluppare la monocilindrica (Massimo Ormeni ne gestirà la Squadra italiana), ma incarica HRC di sviluppare la serie delle mitiche, incredibili NXR750 con motore a V. La Moto è leggera, 160 chili, non troppo potente, circa 70 cavalli, ma incredibilmente affidabile e maneggevole, infaticabile. Diventa imbattibile e vince consecutivamente 4 volte, 2 volte Neveu, Edi Oioli, il primo italiano, Gilles Lalay.

Capitolo 3. Cagiva

Riavvolgiamo il nastro. Hubert Auriol incontra Roberto Azzalin, responsabile corse di CaGiVa. Entrambi vogliono vincere. L’dea geniale è quella di costruire attorno al motore Ducati, marchio al tempo in orbita CaGiVa, un prototipo senza compromessi. Auriol arriva con i soldi di Ligier, Azzalin ci mette il resto e il lavoro. È un incrocio di passioni da capogiro. La Ligier-Cagiva viene schierata nel 1985. È imprendibile. Ricorda Azzalin: “Se Auriol fosse stato un meccanico, noi avremmo vinto quella Dakar, la prima alla quale partecipavamo. Hubert è entrato in Senegal primo, ha rotto una testa incrociando le valvole, e si è ritirato. Sarebbe stato sufficiente tagliare la cinghia di distribuzione, fare gli ultimi trenta chilometri con un cilindro solo, ed avrebbe, avremmo vinto”.

L’anno dopo, 1986, è la storia di un dramma. Gara praticamente vinta, Auriol si frattura entrambe le gambe. Vince Neveu. Entrambi, per motivi diversi, sono in lacrime. Auriol passerà alle Auto. Vincerà ancora. Ducati ci mette del suo, la Moto cresce da 750 fino a 950, Honda… fornisce i carburatori. La vittoria arriva nel 1990, ancora Edi Orioli, che sin ripeterà nel 1994 con la versione Silhouette. C’è una pista che porta a Abu Simbel, una autostrada del Deserto. È lì che Alessandro “Ciro” De Petri e Danny Laporte, due fuoriclasse che non vinceranno mai la Dakar, si divertono a volare oltre i 200 all’ora con i missili CaGiVa per vincere la scommessa del giorno.

Capitolo 4. Yamaha

Jean-Claude Olivier è il patron di Yamaha France. Ha partecipato alla prima Dakar e ha portato in gara anche un prototipo con un motore 4 cilindri FZ750. Figuriamoci se J-CO non è della partita delle Leggendarie. Ancora una volta l’impegno è massimo e arriva l’aiuto del Reparto Corse della Factory giapponese. Nasce la serie leggendaria di una Moto, la YZE blu metallizzato nate attorno alla rielaborazione del progetto Super Ténéré portato a 800cc, e di un Pilota imbattibile, Stephane Peterhansel, che imperversa per dieci anni vincendo dal 1991 al 1998. Con due sole interruzioni. Nel 1994 e 1996. Ancora Edi Orioli.

Capitolo 5. KTM

Anche Peterhansel passa alle Auto e individua in Fabrizio Meoni il suo erede. KTM ci prova da sempre, sin dall’inizio. Heinz Kinigadner e Fernando Prades ci hanno messo l’anima, ma senza fortuna. Nel 2.000 la più grossa formazione delle austriache si rompe nel deserto, una Moto dopo l’altra. Finalmente arriva nel 2001 la vittoria di Meoni, che inaugura una serie incredibile di 17 vittorie consecutive. Anche Meoni e Stefan Pierer piangono sulla spiaggia del Lago Rosa, l’incantesimo è rotto. L’anno dopo Fabrizio Meoni e Bruno “Ferro” Ferrari, Pilota e Tecnico, raccolgono la sfida di un prototipo di motore bicilindrico a V, denominato LC8, voluto dall’ingegnere capo Wolfgang Felber e disegnato da Claus Holweg, attorno al quale sviluppare un prototipo da collaudare alla Dakar in vista dello sviluppo di una serie commerciale. La moto è pronta nell’anno in corso, debutta in Egitto e Meoni la porta alla vittoria alla Dakar del 2022. È il canto del cigno del bicilindrico, successivamente bandito per fissare nel monocilindrico, prima “open” e poi limitato agli attuali 450cc, il “tetto” tecnologico della moto della Dakar.

È la storia di un’epopea, di prototipi affascinanti costati centinaia di milioni e l’impegno totale di Fabbriche, R&D, preparatori. È una storia forse irripetibile, ma quel rombo che risuona nel Deserto di Africa Eco Race evoca in modo irresistibile quella Leggenda.

© Immagini Africa Eco Race, Alessio Corradini, DPPI, Milagro, Gigi Soldano

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