Superbike: ma BMW vuole davvero vincere?

Superbike: ma BMW vuole davvero vincere?
Carlo Baldi
Investire milioni per vincere il titolo o partecipare per sviluppare i propri prodotti, pubblicizzarli e venderli ai piloti che nel mondo partecipano ai vari campionati e trofei nazionali?
8 ottobre 2020

Manca ormai un solo round al termine del campionato mondiale Superbike ed è quindi tempo di consuntivi. Per quanto riguarda le case produttrici a contendersi la maglia nera sono senza dubbio Honda e BMW. Però, mentre per la casa giapponese questo è stato l’anno del debutto della nuova CBR1000RR-R, per il colosso di Monaco di Baviera si tratta invece della seconda stagione con la nuova S1000RR e con il BMW Motorrad WorldSBK Team, affidato alla squadra SMR di Shaun Muir.

Il team inglese è nel mondiale SBK dal 2016 quando grazie allo sponsor Milwaukee (azienda di elettroutensili leader nel mondo) debuttò con i piloti Karel Abraham e Joshua Brookes. Un inizio non facile, visto che i due si classificarono rispettivamente diciottesimo e quattordicesimo al termine del campionato. Il miglior risultato del pilota ceco è stato un nono posto a Donington mentre l’australiano ha concluso settimo al Lausitzring. L’anno seguente Muir decise di passare dalla BMW all’Aprilia, ed i piloti prescelti furono Lorenzo Savadori ed Eugene Laverty.

Nei due anni con il team di Muir Eugene ha ottenuto il decimo posto nella classifica finale del 2017 e l’ottavo in quella del 2018, con due terzi posti. Lorenzo invece è stato undicesimo e decimo, e non è mai salito sul podio. Nel 2019 ecco la chiamata della BMW sulla quale salgono il campione del mondo SBK 2013 Tom Sykes ed il pupillo della casa tedesca Markus Reiterberger. I due si classificano all’ottavo ed al quattordicesimo posto della generale, con l’inglese per tre volte sul podio, ma senza vittorie. Come sappiamo quest’anno Eugene Laverty ha sostituito il giovane tedesco ma i risultati sono addirittura peggiorati, visto che nessuno dei due esperti piloti d’oltremanica è riuscito a salire sul podio e che le uniche soddisfazioni sono venute dalle due Superpole, quella di Sykes in Australia e di Laverty in Francia.

Il prossimo anno arriverà un’altra moto che si prospetta più competitiva della S1000RR, ma il cui potenziale sarà tutto da sviluppare: la M1000 RR. Oltre alla nuova moto ci sarà anche un nuovo pilota, con Michael Van der Mark che andrà a sostituire Laverty. Inoltre si vocifera da tempo di un eventuale secondo team BMW, ma al momento non esistono sicurezze. Qualche mese fa c’è stato un contatto con il Bardahl Evan Bros, ma sembra proprio che le due parti non siano arrivate ad un accordo.

E’ dal 2014 che la casa tedesca vivacchia nel mondiale delle derivate. Ritirata la squadra ufficiale, a portare in pista le S1000RR sono stati prima il team BMW Motorrad Italia ed in seguito il team Althea BMW Racing Team, e solo lo scorso anno la casa tedesca è tornata ad impegnarsi ufficialmente in Superbike, ma a quanto pare i risultati non sono migliorati. A questo punto è logico porsi una domanda: ma il colosso di Monaco di Baviera vuole vincere o il suo solo interesse è quello di partecipare e di sviluppare in pista i propri prodotti?

Tra il 2009 ed il 2013 la BMW ha investito svariate decine di milioni in Superbike senza riuscire a vincere il titolo, mentre dal 2010 al 2018, con investimenti quasi pari a zero, la S1000RR ha conquistato per ben cinque volte la Superstock 1000 FIM Cup. Queste vittorie hanno dimostrato l’estrema competitività della moto tedesca nella classe più vicina alla serie, con il risultato di moltiplicare in modo esponenziale le sue vendite in tutti i campionati nazionali e nei vari trofei sparsi in tutto il mondo. Da qui il ritiro del team ufficiale in SBK e la nascita del BMW Motorrad Race Trophy, competizione che premia i migliori piloti che gareggiavano con la S1000RR nei campionati motociclistici in tutto il mondo.

Una volta cancellata la Superstock 1000 FIM Cup, in seguito promossa a campionato Europeo, a Monaco si sono visti costretti a  tornare in Superbike per mantenere alto il blasone della loro moto sportiva, anche perché nel frattempo la sua leadership nelle vendite in tutto il mondo racing è stata messa in discussione dalla Panigale V4 e (anche se in modo minore) dalla Yamaha R1. Un ritorno dettato dalla necessità tecnica di sviluppare il proprio prodotto in pista e di comunicarlo adeguatamente nelle varie campagne pubblicitarie che hanno lanciato ad esempio la nuova M. A completare il tutto è stato aggiunto un giovane pilota olandese, dall’immagine pulita e non ancora viziata dall’appartenenza ad una specifica casa produttrice, quale testimonial principale nella comunicazione esterna BMW Motorrad.

Non sarà che la casa tedesca abbia preso un po' troppo sul serio il motto di Pierre de Coubertin sulla maggior importanza della partecipazione rispetto alla vittoria?

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