Sportive, il ritorno delle medie. Forse diverse da quelle che pensiamo

Sportive, il ritorno delle medie. Forse diverse da quelle che pensiamo
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Diversi modelli in uscita, dall’Aprilia 660 alla Triumph Daytona 765 alla nuova Ducati 959. Un gradino sopra le 600 e uno sotto le 1000, lasciano prefigurare una tendenza di nuove sportive più umane e accessibili. L’Euro-5 potrebbe, paradossalmente, aiutare le Case a scegliere. E i regolamenti sportivi delle derivate di serie ad adeguarsi, come avviene sulle auto
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
19 giugno 2019

Le sportive di media cilindrata sono morte. O almeno, questo è quello che ci hanno ripetuto fino alla nausea: le 600 supersport come Honda CBR 600RR, Kawasaki ZX-6R, Yamaha R6 e Suzuki GSX-R 600, ma anche le fuori quota come Ducati 749 e Triumph Daytona 675, non hanno più senso.

 

Le moto che hanno fatto sognare tantissimi appassionati, soprattutto fra i più giovani, negli anni 90 e 2000, non hanno più mercato - parlate con qualunque dirigente delle Case e vi sentirete rispondere con una delle varianti di questo ragionamento. Uccise dalla crisi finanziaria di fine anni 2000, che ha colpito durissimo proprio la fascia di popolazione tipicamente interessata a questi modelli, portando al collasso un mercato drogato dal continuo ricambio dei modelli, le 600 quadricilindriche sono all’agonia.

 

La Yamaha YZF-R6
La Yamaha YZF-R6

Oppresse da costi di sviluppo che non si riescono più a distribuire sui numeri dei tempi d’oro, quando sul mercato mondiale una 600 si vendeva come il pane appena sfornato, effettivamente le medie cilindrate hanno perso molto significato. Una Yamaha YZF-R6 costa da nuova 13.990 euro, di seconda mano “viene via” a poco di meno perché le poche vendite del nuovo ne determinano la rarità sul circuito dell’usato. Le stesse considerazioni valgono per la Kawasaki ZX-6R, che costa qualcosa di meno - 11.890 euro, ma siamo oltre la barriera psicologica dei 10.000 euro, a cui si iniziano a trovare delle 1000 di poche stagioni fa. E sull’usato vale la stessa considerazione fatta per la rivale.

 

L’anno scorso avevamo - va bene, avevo, mi assumo le mie responsabilità - prefigurato un ritorno delle 600 già dai saloni autunnali 2018. Non è andata esattamente così, anche se effettivamente Kawasaki ha rinnovato la sua Ninja ZX-6R, ma Honda, ad esempio, ha compiuto una scelta molto diversa con la sua CBR 650R. Una scelta che nel vecchio continente, dove il ricordo della CBR 600RR è ancora fresco, non abbiamo apprezzato come meritava, ma che altrove - in paesi “emergenti” è risultata molto più gradita.

 

Honda CBR 650R
Honda CBR 650R

Il futuro delle medie cilindrate, se volete un parere, è altrove. Sta in quelle medie cilindrate che una volta sarebbero state considerate maxi, con potenze e cubature vicine alle 1000 di inizio anni 2000. Che però, con pesi da medie e tecnologie da maxi (magari della penultima generazione) diventano sportive più accessibili nelle prestazioni, e - se le Case decidono di crederci veramente - anche nel prezzo. E l’Euro-5, paradossalmente, potrebbe essere un aiuto.

 

Iniziamo con una considerazione a latere: diversamente dall’Euro-4, la nuova normativa non comporta aggravi di sviluppo a corollario dell’anti-inquinamento, e non dovrebbe quindi comportare aumenti dei costi come avvenuto nel 2015. Le penalizzazioni sulle prestazioni, invece, arriveranno, perché ovviamente i limiti su rumore ed emissioni nocive sono più stringenti.

 

Ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, la cosa potrebbe cancellare definitivamente il segmento delle 600 (o trasformarlo in qualcosa di diverso, come l’esempio sopra citato della Honda CBR 650R) e spingere le Case a investire su quella fascia di cilindrate intermedie che potrebbero essere la perfetta sintesi fra prestazioni, costi accessibili e tecnologia.

 

Ducati Panigale 959
Ducati Panigale 959

E’ vero, gli esempi che abbiamo portato in apertura, MV Agusta F3 800 e Ducati Panigale 959, non sono esattamente calzanti in termini di accessibilità dei costi, ma stiamo parlando di due marchi un po’ particolari. Ducati, anche ai tempi d’oro delle 600, si faceva pagare la 749 cifre ben diverse rispetto alla concorrenza giapponese. E non ci immaginiamo che la nuova Panigalina, ormai confermata da diverse foto spia in circolazione, farà eccezione. Al contrario, la scelta Aprilia - una bicilindrica 660, che se dovessimo scommettere, come abbiamo già detto all’epoca della presentazione sarà un po’ meno raffinata rispetto al concept visto ad EICMA, magari almeno nella sua versione base. Nulla esclude, tanto per restare in casa Aprilia, che non ci sia una 660 Factory.

 

Lo svincolarsi dalla cilindrata potrebbe essere una scelta molto comoda per le Case giapponesi. Che potrebbero sviluppare motori-piattaforma più versatili, da impiegare su modelli dalla destinazione d’uso differente come sta facendo Triumph. Il tre cilindri 765 che ha debuttato sulla Street Triple (e che ci aveva convinto tantissimo ai tempi della prova) si sta dimostrando eccellente anche sulla Moto2, e anche se la Casa di Hinckley non lo ha ancora ammesso ufficialmente, spingerà una nuova Daytona 765 che vedremo all’EICMA o giù di lì.

 

E ancora, è evidente come il bicilindrico Aprilia potrà (dovrà, se volete il nostro parere) sì spingere una RS 660, ma anche una Tuono 660 e auspicabilmente una Tuareg con anteriore da 19, una Caponord con il 17, e magari anche una Dorsoduro. Il limite, in questo caso, diventa solo la fantasia. E, certo, le indagini di marketing.

 

Una strategia che permette di contenere i costi, distribuendo l’onere economico dello sviluppo motoristico su più modelli. Strategia praticabile se la cilindrata è abbastanza alta da poter… spostare la coperta fra spinta agli alti e coppia ai bassi ottenendo buoni risultati in entrambe le declinazioni. Pensate a un tre cilindri tipo il CP3 Yamaha capace di spingere una naked come la MT-09, una crossover come la Tracer, e con qualche accorgimento anche una YZF-R8. O a un GSX-R 750 - facciamo 850, magari - il cui quattro cilindri potrebbe finire sotto una GSX-S naked e a quella crossover che nella gamma di Hamamatsu manca come l’acqua nel deserto. Oppure, volendo volare un po’ (ma nemmeno tanto) con la fantasia, si potrebbe pensare alla sovralimentazione, come hanno già sperimentato Suzuki con il concept Recursion e Kawasaki con il Soul Charger, soluzione che fra le auto sta andando di gran moda.

 

Ma perché le Case dovrebbero scommettere su modelli del genere? Semplice: perché se i prezzi di modelli del genere, come immaginiamo, dovessero essere sufficientemente distanti dalle superbike attuali, la clientela ci sarebbe anche nel vecchio continente. Ma soprattutto perché, a breve, modelli del genere sarebbero quelli capaci di diventare sogni realizzabili per i tantissimi appassionati asiatici.

 

Quelli che oggi comprano le 3-400, che impazziscono per la MotoGP (vi siete chiesti perché squadre e piloti fanno sempre più spesso tappa da quelle parti?) e per cui è stata creata la 300 SSP, che piano piano iniziano ad avere la cultura, l’infrastruttura stradale e la disponibilità economica a salire di un gradino nella scala delle prestazioni motociclistiche.

 

E’ vero, da tutto questo bel discorso resta fuori il ragionamento sui regolamenti sportivi, perché moto del genere si vendono (anche in oriente) se le si fa correre da qualche parte. Ma anche in questo caso, seguire l’esempio delle auto è facile e relativamente economico. Nelle quattro ruote, soprattutto fra le sportive, la cilindrata è diventata poco più che una variabile come un’altra, che non impedisce affatto di mettere a confronto due concorrenti molto diverse da questo punto di vista.

 

E se già dal 2018 nel Mondiale Superbike esiste un regolamento pensato per applicare la filosofia del Balance of Performances come avviene nelle quattro ruote - dove nei vari campionati Turismo e GT, e fin nella WEC, si riesce a far correre supercar statunitensi con cubature navali con europee più o meno sovralimentate, che di cilindrata ne vantano si e no la metà - non si intravedono grosse difficoltà per stendere un regolamento che consenta a tutti di partecipare a una serie-vetrina che possa rendere nuovamente valido il concetto del Race on Sunday, sell on Monday se non in Europa, almeno a livello mondiale.

 

Wishful Thinking, come dicono gli anglofoni? Stiamo cercando a tutti i costi i segnali di una rinascita più per speranza che per reale evidenza? Forse. Ma la storia è fatta di cicli, e quella delle moto non fa eccezione. E se è vero che i giovani stanno tornando ad interessarsi - è presto per dire appassionarsi - alle due ruote anche in Europa, dove le patenti A1 sono in costante crescita, lo scenario è molto più che plausibile.

 

Chi non ha mal di schiena e tutti i problemi di chi è già negli “anta” non sogna moto comode e sofisticate. Sogna mezzi prestazionali, dinamici, divertenti e affascinanti. Forza ragazzi, salvateci voi!

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