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Ha davvero senso tutto questo? È davvero necessario correre in simili condizioni? Sono solo alcune delle domande che ci siamo posti ieri mentre seguivamo le manche del Mondiale Motocross MXGP, disputate ad Agueda.
Per il secondo anno consecutivo, infatti, il GP del Portogallo si è trasformato in una trappola infernale di fango, mettendo a dura prova tutto e tutti: moto, piloti, meccanici, fino al personale di servizio. E così, assistendo – a tratti anche annoiati, dato il basso livello di spettacolo* – ci siamo chiesti: ne vale davvero la pena? Ha senso correre in queste condizioni?
(*Precisiamo: il basso livello di spettacolo non è da attribuire a tutto il campionato MXGP, ma sicuramente a quanto si è visto ad Agueda. Davvero qualcuno si è divertito a guardare, per quattro ore, piloti che cercavano solo di restare in piedi? Certo, qualche duello c’è stato – il confronto tra de Wolf e Langenfelder ne è un esempio – ma meglio non immaginare cosa sarebbe potuto essere in condizioni normali.)
E così, arrivati al termine di questo Lunedì abbiamo ancora questa domanda che ci gira per la testa e a cui non riusciamo a trovare risposta: perchè correre in tali condizioni?
Dare una risposta non è affatto semplice. È una domanda che pare banale ma non lo è affatto. Per questo, abbiamo provato ad analizzare la situazione dal punto di vista dei principali protagonisti del weekend.
Partiamo dai protagonisti principali ovvero i piloti. Chi non ha mai avuto una giornataccia al lavoro? E potremmo fermarci qui. Alla fine il pilota è pagato per correre e la pista “brutta o fangosa” può capitare. Insomma tipo il Lunedì quando si rientra dalle ferie. Abbiamo reso abbastanza bene il concetto?
Correre in quelle condizioni è complicatissimo: l’errore è sempre dietro l’angolo e, in ottica campionato, un GP simile può pesare moltissimo.
Quello che però abbiamo notato – Brumann a parte nella Qualifying Race MXGP del sabato – è che, in testa, i nomi erano quelli di sempre. Pista bella o brutta, asciutto o fango, sole o pioggia, i protagonisti sono sempre quelli.
Se poi si guarda al tema sicurezza, quei veri e propri "laghi", che si trovavano a bordo pista, creati dalla pioggia sembravano a tutti gli effetti delle trappole da evitare a ogni costo. Chiedere a Kevin Horgmo, che probabilmente rivedrà la sua Honda CRF450R sempre ad Agueda ma nel 2026. E come lui molti altri. Tra i più noti Sacha Coenen e Liam Everts.
Passiamo poi a chi il weekend lo vive da dentro ma da dietro alle quinte cioè i meccanici. Fondamentali e preziosi quasi quanto chi si schiera dietro al cancelletto. Non vogliamo ripeterci, ma se pensate che i piloti abbiano avuto una brutta giornata, immaginate cosa abbiano passato i meccanici.
E non si tratta solo di lavare la moto – che già di per sé è un’impresa in quelle condizioni – ma di controllarla in ogni componente: cablaggi, frizione, freni, filtri… un disastro totale. E se ciò non fosse abbastanza pensate che per compiere tutte queste azioni hanno poco meno di due ore. Nel caso specifico di ieri, poi, ancora meno a causa della modifica del programma. Ma c’è molto di più oltre al singolo aspetto delle moto. Montare e smontare la tenda, lavare tutto il materiale. Insomma i veri eroi del weekend per noi sono loro.
Passiamo poi a chi si occupa dell'aspetto organizzativo. Che va dal preparare la pista al parcheggiare i camion e posizionare le telecamere, i banner pubblicitari e cos' via. Nemmeno per loro deve essere stata una passeggiata. Se pensiamo al calo dei biglietti venduti (che si ripercuote sul "motoclub" che ospita la gara), ai problemi logistici e poi, cosa tutt'altro che di poco conto, alla pressione della diretta televisiva che scandisce il ritmo del weekend da anni. Organizzare un evento in simili condizioni richiede un’enorme capacità di adattamento.
Per ultimo ma non di certo per importanza: il pubblico. Domanda sincera: se la gara si fosse svolta in Italia, prendiamo come esempio la più comoda, ad Arco di Trento, sotto un diluvio del genere, e con biglietti a 65 euro per la domenica (+30 euro per l’accesso al paddock), ci sareste andati?
E' vero. E' vero. Anche ad Arco un po' di pioggia la domenica è scesa ma non si può di certo paragonare con quella portoghese.
Perché, ok, il motocross è motocross, ma siamo abbastanza sicuri che passare una domenica sotto l’acqua battente a guardare piloti che non riescono neanche a saltare, non piaccia a nessuno.
E per chi non era in Portogallo? Quattro ore di diretta TV con la pista in condizioni così estreme, mentre in Italia splendeva il sole con temperature estive e metteteci poi anche il ponte del 1° Maggio... beh, forse eravamo in pochi a seguirla davvero.
Ma quindi? Correre a ogni costo? Sì o no? La verità è che non abbiamo una risposta certa. Anche perché, oltre a ciò che si vede, ci sono dinamiche organizzative complesse. Davvero molto complesse.
Ma se proprio non si può cancellare un GP, perché non posticiparlo di un paio di giorni? Tipo al mercoledì, dopo un lunedì e martedì - guarda caso - soleggiati? Un po’ come si fece nel 2021, ai tempi del Covid. È vero, allora si correva back-to-back sullo stesso tracciato, ma tra Agueda e Lugo ci sono "solo" quattro ore di strada... Per farvi un esempio tutto all'italiana, prendendo come esempio due piste che hanno ospitato l'MXGP (più o meno) di recente è come spostarsi da Mantova a Fermo o da Maggiora ad Arco di Trento. Impossibile? No. Difficile? Magari si, se si pensa alla grandezza delle strutture da spostare.
Capiamo chi sentenzia con fermezza che il motocross è il motocross, e che se non ci si vuole "sporcare" si possono anche praticare altri sport. Noi ieri, però, avremmo preferito vedere il GP del Portogallo non la rivisitazione moderna della Gilles Lalay Classic, per quanto la leggendaria gara francese sia nei nostri cuori.
E secondo voi? Si doveva correre oppure no?