8 marzo, 2 ruote, 100 anni: l’ultima impresa di Kiara Fontanesi e “la prima” di Vittorina Sambri

8 marzo, 2 ruote, 100 anni: l’ultima impresa di Kiara Fontanesi e “la prima” di Vittorina Sambri
  • di Emanuele Pieroni
Dalla "pioniera" a una delle massime espressioni del motorsport femminile di oggi: 100 anni di sport ed emancipazione, il nostro omaggio a tutte le donne nella loro Giornata Internazionale
  • di Emanuele Pieroni
8 marzo 2020

Capita di incontrarle tra i tornanti e sui passi, tra i cordoli o ai box, sull’asfalto o sulla terra. Hanno un modo inconfondibile di stare in sella che le accomuna tutte e, le volte che te le suonano in mezzo alle curve o tra i salti, cerchi di convincerti che quella treccia o quella coda che spunta dal casco sia, in realtà, l’appendice di un capellone nostalgico. Ma non è quasi più così, ormai.

Sono “pilotesse” e sono sempre di più, con la motocicletta che, in qualche modo, ha saputo essere anche un mezzo di emancipazione femminile.

In Italia ne abbiamo il simbolo più vincente: Kiara Fontanesi. Ventisei anni martedì 10 marzo, sei mondiali WMX di cui quattro consecutivi e, adesso, anche la gioia di salire sul podio con in braccio la sua bambina.

Donna, mamma, campionessa

Sì, perché la donna di cui vi raccontiamo in questo 8 marzo è anche mamma da soli tre mesi. Un figlio, si sa, ti cambia la vita, ma a Kiara non ha cambiato le abitudini: terza al ritorno in sella nel Mondiale, dopo un anno di stop e a soli tre mesi dalla gravidanza. “Quando sei al cancelletto pensi solo a dare il meglio - ha detto Kiara rispondendo alla domanda su quanto e cosa è cambiato dopo la nascita della piccola Skyler - Certo, diventare mamma significa cambiare totalmente la prospettiva di approccio ad ogni aspetto della vita, ma infilato il casco sono la Kiara di sempre. Anzi, la mia bambina è una motivazione in più e abbracciarla sul podio è stata un’emozione indescrivibile”.

Che le cose stanno esattamente come dice l’ha dimostrato lo scorso fine settimana, quando nell’inferno di Matterley Basin, tra pioggia, fango e vento, si è presentata alla prima gara del WMX 2020.

“Pensavo che la mia condizione fisica fosse peggiore , invece sto bene e sento una motivazione incredibile - ha raccontato, commentando il suo ritorno al Mondiale -. Dopo la prima manche conclusa al secondo posto ho provato una grande gioia, perché ho preso coscienza che Kiara è la Kiara di sempre.

Poi nella seconda manche, dove ho fatto i conti con una brutta partenza e con condizioni difficilissime in rimonta, ho chiuso al sesto posto ed ero arrabbiata, perché quella non è certo la mia piazza. I due risultati mi sono valsi il podio e se valuto questo terzo posto alla luce del poco tempo trascorso dalla gravidanza, dell’allenamento in due mesi, della moto nuova con cui non avevo ancora piena confidenza, della forma fisica raggiunta solo in parte e con un lavoro che ha richiesto fatica e impegno enormi sono certamente felicissima. Ma, da sportiva che vuole ancora vincere, non sono contenta e sento che è stato solo un primo passo verso gradini più alti. Magari a partire già da questo fine settimana, con la gara di Valkenswaard, in Olanda”.

Mamma, donna, vincente. “E’ l’unica cosa che conta - ha replicato Kiara - Devo dire di non essermi mai sentita discriminata perché donna e che l’esserlo non è certo un limite. I limiti esistono solo nella testa di chi se li pone e sono molto contenta che questo messaggio oggi è più accettato, magari anche grazie alle mie vittorie.

Fino a qualche tempo fa, ad eccezione del Mondiale che è sempre stato molto partecipato, c’erano gare nazionali, soprattutto in Italia, con dieci, dodici donne alla partenza. Oggi, invece, a volte il cancelletto è pieno. Movimento e interesse crescono e questo è un fatto certamente positivo”.

Le difficoltà "pioniere"

Un dato di fatto moderno che dovrebbe fare un gran piacere se si considera che un secolo fa la donna motociclista non era come oggi bersaglio di corteggiamenti motoristici (anche sportivi o commerciali), ma, purtroppo, di ben altri giudizi. Eppure, la vocazione rosa della moto è nota da sempre, se si pensa che in Francia già nel 1913 si disputò la prima gara per sole motocicliste e che anche il mercato aveva intuito uno sviluppo, con l’azienda Roselli che commercializzò nei primi del ‘900 un piccola moto (senza intralci tra sella e manubrio e con un paraschizzi a tutela delle gonne) con lo slogan “per donne ed ecclesiasti”.

E se Kiara Fontanesi è senza dubbio la donna e mamma più titolata tra le “pilotesse” del mondo, chi è stata la mamma di tutte le motocicliste?

In Italia, ad aprire la strada ci ha pensato Vittorina Sambri e non è stato affatto facile. Complici il suo modo di vestire e i capelli portati sempre corti era inseguita, oltre che dai piloti che non riuscivano a starle dietro, anche dal vociare malizioso di chi metteva il dubbio che si trattasse di “un Vittorio”.

Pregiudizi e malignità che hanno offuscato per decenni la figura di una grande sportiva, rispolverata, e riabilitata, solo in questi ultimi anni.

Subì persino dei pestaggi, anche se le cronache dell’epoca raccontano di imprese sportive dai tratti leggendari, come la sfida a due in Piazza d’Armi a Ferrara contro un certo Antoniazzi di Padova, a cui diede paga con un epico sorpasso a filo di staccionata e 10 km compiuti in 7 minuti e 21 secondi. Era il 1913 e, da lì, una lunga serie di vittorie e partecipazioni nelle principali corse che si svolgevano in Italia. Anche in sella ad una Borgo 500 capace di sfiorare i 100 km/h nel 1920.

Insomma, cento anni esatti da questo 8 marzo 2020.

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