L'epoca dei monopattini in sharing potrebbe finire prima del previsto?

L'epoca dei monopattini in sharing potrebbe finire prima del previsto?
Nicola Andreetto
Ce ne sono troppi e inutilizzati, le aziende sono in crisi e le amministrazioni locali li limitano sempre di più. Molti cittadini sono contrari e, infine, non sono così ecologici...
4 aprile 2023

Sembrava la terra promessa, ma forse non lo è più o addirittura non lo è mai stato né per i cittadini né per gli imprenditori. Il sogno della micromobilità condivisa e connessa sta vivendo probabilmente la sua fase più critica e solo il futuro ci dirà come ne uscirà. Qualcosa non sta andando esattamente come molti avevano previsto o perlomeno sperato al momento dei loro investimenti e da business in piena esplosione sta invece mostrando oggi alcuni punti deboli che in alcuni casi si potevano prevedere in altri proprio no. Sta di fatto che l'era dei monopattini in sharing nelle ultime ore (se non mesi...) non se la sta passando troppo bene. Dapprima le critiche su come vengono effettivamente utilizzati, poi i blocchi dovuti alla pandemia e in seguito le limitazioni sempre stringenti da parte di quelle stesse amministrazioni locali che soltanto qualche tempo prima avevano aperto le porte della loro città ad un business fiorente in nome di meno traffico e più sostenibilità. Ci mancava solo il referendum di Parigi, un'altra tegola perché potrebbe creare un precedente e portare altre città a porsi la stessa domanda: ma noi, i monopattini in sharing, li vogliamo per davvero?

Un mercato esploso troppo in fretta

Il fatto è che il business dello sharing non si sta rivelando così remunerativo o, perlomeno, di così semplice gestione e per giunta le virtù di questa soluzione stanno passando in secondo piano rispetto ai suoi peccati. Ma partiamo proprio dall'aspetto imprenditoriale. L'apertura delle amministrazioni locali a questo mercato ha portato diverse società di micromobilità ad operare nella stessa città. Le prospettive di crescita hanno portato queste società ad aumentare le proprie flotte e con esse ovviamente sono cresciuti gli investimenti che, però, non sono stati seguiti da congrui ricavi. In parole povere la crescita esplosiva di un mercato prima inesistente ha portato un aumento repentino dell'offerta di monopattini in condivisione di diversi operatori alla quale, però, non è corrisposta una crescita della domanda perlomeno in linea con le previsioni iniziali. Le conseguenze si sono iniziate a vedere nei mesi scorsi e sono principalmente due come sottolinea anche Il Post in un'analisi di inizio 2023. La prima conseguenza è che molte aziende non sono ancora uscite dalla fase di lancio in cui è normale che le perdite superino i ricavi; la seconda è che la grande quantità di monopattini in giro per la città da risorsa si sia trasformata in problema per le amministrazioni locali tanto quando sono utilizzati tanto quando sono lasciati in stallo. Da qui ne è scaturita una serie di limitazioni che, per le società di sharing, si traducono in ulteriori mancati ricavi. Ciò che sta succedendo, dunque, è che quasi nessuna di questa società è riuscita a superare la fase iniziale in cui le perdite superano i ricavi e ora molte si trovano a dover fare i conti con tagli al personale e a diversificare con una certa urgenza il proprio business prima che arrivi, proprio dalle amministrazioni locali, un giro di vite.

Da alternativa all'auto ad alternativa alla camminata

Certamente sui bilanci di queste società sono pesate le limitazioni agli spostamenti del periodo pandemico, imprevedibili e destabilizzanti. Tuttavia sembra che neppure nel periodo successivo ci sia stata la penetrazione prevista tra le abitudini delle persone. Il loro scopo dichiarato era (e sarebbe...) quello di ridurre la mobilità pesante, quella in auto, nei centri cittadini con uno spostamento dolce che abbatte il traffico, ma non sembra stia andando esattamente così. Nella stessa Parigi che nelle ultime ore si è espressa in uno specifico referendum "anti monopattini", uno studio nel 2021 rivelava come il 72% di chi utilizzava il monopattino lo considerasse un'alternativa al camminare o al massimo ad un mezzo pubblico e non come un'alternativa all'auto. Un risultato del tutto analogo si era avuto sempre nel 2021 in Norvegia e siamo dell'idea - magari sbagliata - che se ne facessimo uno oggi anche nelle nostre città la risposta non sarebbe molto diversa: il monopattino sostituisce la passeggiata, il tram, ci aggiungiamo la bicicletta ma purtroppo non lo spostamento in auto. Non vi è dubbio che nel piccolo spostamento possa avere la sua utilità, ma non è diventata e non diventerà mai la soluzione ai problemi dei trasporti urbani.

Un problema da fermi e in movimento

E a proposito di problemi qualcuno in più e di nuovo invece i monopattini lo hanno creato. La presenza di questo grande numero di mezzi in giro per la città è diventata un tema all'ordine del giorno per tutte le amministrazioni sia quando sono in movimento sia quando sono parcheggiati. Tant'è che, come ormai sappiamo, sono già state introdotte delle limitazioni nell'uso e nella velocità o delle regole che prima non c'erano come targhini e frecce, i nuovi bandi hanno criteri molto più restrittivi e via dicendo. Tutti fattori che rendono o meno attraente usare un monopattino condiviso o più lento e quindi in ogni caso meno preferibile. Difficile a questo punto togliersi dalla bocca quel sapore amaro tipico dell'occasione persa. Ma non dovevamo ridurre il traffico? Il nostro obiettivo comune non era ridurre le emissioni e avere città più a misura d'uomo e meno di quattro ruote?

Ma, almeno, sono ecologici?

Il 2023 si preannuncia quindi come un anno importante per capire e dare la giusta dimensione al mercato dei monopattini in sharing. Nel frattempo, però, una domanda sorge spontanea: ma, almeno, sono una scelta ecologica? Ci aiutano davvero a ridurre l'inquinamento delle nostre città? Beh... Anche su questo punto c'è chi dice "No!".

La promessa stessa dell'uso di questi piccoli veicoli elettrici si basa su questo, sull'essere ecologici. D'altra parte, non emettono gas di scarico. Gli stessi operatori nei loro claim fanno espliciti riferimenti alla riduzione di CO2 o ad un trasporto del futuro sostenibile. La realtà però è più articolata di quanto il sibilo di un monopattino lasci presagire al suo passaggio. Come abbiamo imparato, per valutare l'impatto ambientale di un veicolo bisognerebbe considerarne l'intero ciclo di vita e indovinate un po', il monopattino elettrico non è poi così virtuoso per un motivo piuttosto facile da intuire. Rispetto alla produzione che richiede, fa pochi chilometri. Una ricerca condotta in Carolina del Nord nel 2019 e riportata anche da Wired ci disse che "i monopattini condivisi producono 202 grammi di CO2 per passeggero nel corso di tutto il loro ciclo di vita, più di un motorino elettrico (119 grammi), una bicicletta elettrica (40 grammi), una bicicletta tradizionale (8 grammi) e addirittura di un autobus a diesel con un numero elevato di passeggeri (82 grammi). Sebbene lo studio abbia rilevato che le emissioni prodotte dai monopattini elettrici siano inferiori a quelle di un'auto noleggiata con un servizio di car sharing (415 grammi), solo il 34 per cento delle corse in monopattino prese in esame sostituivano un tragitto che sarebbe stato effettuato con un'auto". Come dicevamo poco sopra, le corse in monopattino sostituiscono principalmente le camminate o al massimo un mezzo pubblico, tutti trasporti a bassissime emissioni se non nulle! Quindi, paradossalmente, la conclusione di questo studio era che i monopattini in sharing addirittura aumentavano le emissioni complessive dei trasporti. È ancora così?

La tesi in effetti viene confermata anche da una ricerca condotta nel 2021 da Daniel Reck e Kay Axhausen del politecnico federale di Zurigo i quali hanno concluso che, in media, per ogni chilometro un monopattino in sharing genera 51 grammi di CO2 in più rispetto al mezzo di trasporto che sostituisce.

Ma come è possibile?

Analizzando infatti il ciclo di vita dobbiamo renderci conto di almeno due aspetti che passano inosservati. Il primo è che soprattutto i primi monopattini utilizzati per lo sharing non erano pensati per questo scopo e perciò la loro durata era piuttosto breve, richiedevano riparazioni, sostituzioni di batterie e la produzione di nuovi monopattini. Il secondo è che ad incidere per il 93% delle emissioni complessive sono in realtà le operazioni di recupero, ricarica e ridistribuzione dei veicoli effettuate dagli operatori. Ecco perché le società stanno adottando nuovi approcci per la raccolta e la redistribuzione delle flotte, utilizzando a loro volta veicoli elettrici e ottimizzando i percorsi. Le nuove generazioni di monopattini, inoltre, vengono progettate specificatamente per lo sharing e hanno una vita utile decisamente più lunga a tutto vantaggio non solo dell'inquinamento ma anche delle casse dell'azienda noleggiatrice. Il battery swap è poi un altro metodo adottato per ridurre gli spostamenti, ma nonostante tutti questi miglioramenti ad oggi non è affatto semplice stabilire l'esatto impatto di ogni società anche perché tutto si sta evolvendo molto in fretta. Di certo l'impronta ecologica di un monopattino in sharing è destinata a ridursi sempre di più, ma anche quella dei veicoli che dovrebbe sostituire senza contare l'aspetto non secondario che vengono utilizzati e sono presenti quasi unicamente nel centro della città ovverosia quelle zone che sono già servite dai mezzi pubblici molto meglio delle periferie. Ecco, là, lo sharing è meno presente in quanto meno vantaggioso economicamente per gli operatori e allora si fa strada il monopattino di proprietà.

L'era del monopattino libero e condiviso si avvia dunque ad una fine prematura? Abbiamo imparato che le cose possono cambiare molto rapidamente, basta una tecnologia o una progettazione più efficiente per cambiare le carte in tavola in un verso o una pandemia per stravolgerle in un altro. Di certo oggi non è la terra promessa che più di qualcuno auspicava.

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