Dakar 2015. Ma Quale Gioco di Squadra!

Dakar 2015. Ma Quale Gioco di Squadra!
Piero Batini
  • di Piero Batini
Adesso, quando uno perde, va di moda dire che si mette al servizio della gara di un compagno di Squadra o del Team. Siamo sicuri che sia necessario, e che l’iter sia quello corretto? | P. Batini
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15 gennaio 2015

Punti chiave

Salta, 15 Gennaio 2015. Fino al momento in cui Joan Barreda è stato in gara, c’erano solo lui e l’avversario, Marc Coma. Il fatto che Paulo Gonçalves fosse alle spalle dei duellanti non aveva nessuna spiegazione tattica. Era solo un altro caso di pragmatico “interesse personale”. Anche al portoghese piacerebbe vincere una Dakar, e ce la mette davvero tutta con una caparbietà commovente, ma sfortunatamente per lui, fino a ieri l’altro le cose non sono andate per il verso giusto. A Coma preme tantissimo ottenere, non il primo, bensì il quinto successo personale, con il quale lascerebbe al solo Peterhansel lo scettro del recordman, affiancherebbe Cyril Neveu nell’albo d’oro della storia e, non ultimo, pareggerebbe il conto con l’avversario storico, Cyril Despres, con il quale ha condiviso gli ultimi dieci anni di successi alla Dakar.
 

Adesso che Barreda, voglio sottolinearlo ha fatto vedere più talento, bravura e intelligenza in otto giorni di Dakar che in altrettanti anni di carriera, è incolpevolmente fuori combattimento per una “bruttura” tecnica, tutti a dire che la squadra ha fatto quadrato attorno a Gonçalves per tentare di sospingerlo verso la vittoria.


Dico, ci mancherebbe altro, ma non mi commuovo. La scelta è obbligata, e assolutamente opportuna. Prima di tutto, infatti, sarebbe un successo di squadra e di marca, ovvero assolverebbe all’obiettivo primario del ritorno di Honda alla Dakar, e in secondo luogo raddrizzerebbe una situazione che non è delle più belle per l’intera squadra. Non riesco, tuttavia, a capire come potrebbero i suoi compagni di Squadra aiutare Gonçalves al punto di farlo vincere. A meno che non abbiamo deciso, a turno, di nascondersi dietro una duna e di prendere a randellate Coma, mi pare improbabile che possano migliorarne la velocità, perché non è a spinte che un Pilota diventa più veloce, a facilitarne la navigazione, quando Gonçalves ha dimostrato ampiamente di dare il massimo anche da solo.

 

C’è la possibilità, certo, di inserirsi nel duello e offrire a Gonçalves situazioni più vantaggiose in termini di ordine di partenza, ma bisognerebbe che l’”oste” non ne capisse niente di ordini di partenza e di strategie di opportunità. Potrebbero servire, i compagni di squadra, per una ruota, una candela, anche una spinta se la moto si ferma con la batteria a terra, per esempio, ma sarebbe un aiuto teso solo a limitare i danni e non a costruire un vantaggio. Potrebbe Barreda, che è velocissimo e sa navigare piuttosto bene, partire su una strada sbagliata, apposta per fuorviare Marc, ma se Coma potesse cadere in una trappola del genere non avrebbe già vinto quattro volte la Dakar, e se Barreda oggi l’ha fatto ha sbagliato lui, perché alla fine ha vinto la 9° tappa davanti a Coma.


Insomma, non vedo vantaggi. Ma la ragione per cui non riesco a dare all’intenzione della squadra di mettersi al servizio di Gonçalves un valore determinante, al di là dell’apprezzabilità dell’atto, è un’altra: bisogna sempre fare i conti con l’oste.
 

Se il Team HRC ha deciso di offrirsi interamente alla causa Gonçalves, il Team KTM, in realtà, è stato addirittura costruito sin dalla prima ora in funzione di Marc Coma


Per prima cosa, al pari di Honda e forse più, anche KTM ha i suoi uomini nella top ten pronti a dare una mano a Coma. Persi per sfortuna Jordi Viladoms e Matthias Walkner, l’uno uno specialista e l’altro un apprendista di talento, restano pur sempre Ruben Faria e Toby Price, che certamente non si tirerebbero indietro anche perché non avrebbero molto da perdere in rapporto ad una eventuale riconoscenza di KTM.
 

Per seconda cosa, molto più importante, vale la pena di ricordare che, se il team HRC ha deciso di offrirsi interamente alla causa Gonçalves, il team KTM, in realtà, è stato addirittura costruito sin dalla prima ora in funzione di Marc Coma, per cui in ogni caso i piloti della sua squadra sono a sua disposizione. Questo vuol dire che la squadra ha già sviluppato quegli schemi necessari per rendere la struttura, abbondantemente “gerarchizzata”, pronta ad assolvere ad un compito di questo tipo.


Lasciamo dunque le cose come stanno, e pensiamo al duello tra Coma e Gonçalves. Restano tre tappe da disputare, due probabilmente “utili”. Gonçalves, partendo molto indietro rispetto a Coma, potrà già dalla prima ritagliare una quota abbondante dello svantaggio, ma poi dovrà gioco forza sottoporsi alla reazione del catalano. Il finale, a parte la pioggia incessante che ha già fatto scordare l’estate argentina e le sue fornaci delle prime tappe della Dakar, è avvincente.

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