Bedon: "Fenati? I suoi atteggiamenti partono dai testicoli"

Bedon: "Fenati? I suoi atteggiamenti partono dai testicoli"
Il team manager di Marinelli Snipers ha deciso di parlare con noi con l'accortezza di un padre, per mostrare di Fenati quello che le telecamere di Misano non hanno ripreso: "un ragazzo tremendamente cocciuto, ma non cattivo"
18 ottobre 2018

Un colpo alla mano di Manzi. Un colpo di testa di Fenati. A 217 km/h lo sport inchioda un talento alle sue responsabilità e forse una carriera finisce. Presto per dirlo, ma il gesto è stato brutto e condannato all'unanimità. Chi però conosce dall'interno i retroscena, e soprattutto Romano, ha un'opinione diversa, sicuramente più sfaccettata. "Se vi faccio vedere la tuta di Romano, con la striscia nera della ruota di Manzi che va dal casco allo stivale, forse potreste cambiare idea" sono le parole di Stefano Bedon. Il team manager di Marinelli Snipers neanche si sogna di giustificare il gesto di Romano, ma, con l'accortezza di un padre, ha deciso di parlare con noi prima del GP del Giappone, per mostrare di Fenati quello che le telecamere di Misano non hanno ripreso: "un ragazzo tremendamente cocciuto, ma non cattivo".

 

Chi è davvero Romano Fenati? Un incosciente che ha rischiato di ammazzare un collega o un giovane che ha sbagliato e può recuperare?

«È un ragazzo tremendamente cocciuto, ma non cattivo. Purtroppo non ha ancora capito fino in fondo di aver sbagliato. Lui è fatto così, alla prima provocazione reagisce venendoti incontro con il mento alto a guardandoti dritto negli occhi a un centimetro dal naso. A Misano era convinto che Manzi lo avesse fatto rischiare di cadere e a suo modo gli ha dimostrato di poter ricambiare la scorrettezza. Ma se avesse voluto, a quella velocità, lo avrebbe “pinzato” per farlo rovesciare. Però non lo ha fatto».


Diciamo che non è successo nulla, per fortuna.

«È stato pessimo come esempio dato in mondovisione, però a livello di pista Romano non crede di aver commesso un reato così grave. Probabilmente è anche vero. Se vi faccio vedere la sua tuta, con la striscia nera della ruota di Manzi che va dal casco allo stivale, forse potreste cambiare idea. Non a caso all’altro pilota hanno dato sei posizioni di squalifica. Ci sarà un motivo. Per cui, lui sicuramente ha sbagliato (leggi le scuse di Fenati), il gesto è stato pessimo, ma non voleva fare del male a nessuno. Di conseguenza la punizione a livello mediatico che sta subendo è eccessiva».


Quel gesto è stato mandato in loop per giorni, e duramente criticato, in tutto il mondo. C’è chi ne ha chiesto l’esclusione a vita dalle gare.

«È allucinante. Un errore come quello di Marquez su Valentino gli ha fatto perdere la gara, viceversa il “calcio” di Valentino a Marquez ha portato alla stessa conseguenza. Le provocazioni volute di Manzi, sancite dalla direzione di gara, hanno fatto perdere a Romano dieci posizioni, mentre il suo “buffetto” sulla leva del freno lo ha sicuramente spaventato, però non lo ha fatto cadere o perdere posizioni. Non difendo il gesto, credo sia stato giudicato in maniera troppo affrettata».


In che senso?

«Se andate a rivedere le riprese, Romano ha avuto un approccio poco intelligente. Si è avvicinato, lo ha guardato, gli ha dato la manata sulla leva poi è andato via. Una cosa da ascolano un po’ pirla, nel senso che si è fatto beccare davanti a tutti passando come il dinamitardo. Lui adesso è arrabbiato con se stesso per quel gesto, ma ancor di più con il mondo per la punizione che ritiene eccessiva. Un po’ come Paul Newman nel film “Nick mano fredda”, quando nonostante le punizioni mantiene quel ghigno in faccia, si fa menare e rimenare ma è totalmente convinto di essere nel giusto. È stato sbagliato scrivere un comunicato in cui chiedeva scusa ma tuttavia era stato provocato. Però dal suo punto di vista è perfettamente coerente. Non perdonerà mai, ma proprio mai, Manzi. È proprio un figlio di Ascoli, che reagisce in modo fisico alle provocazioni».


A molti è tornata alla mente l’esclusione dal team Sky VR46, per etichettarlo come recidivo. Ma può essere ancora recuperato?

«Prima di tutto Romano lo scorso anno, forse insieme a un altro solo pilota, non ha preso nessuna penalizzazione per aver aspettato le scie, comportamento antisportivo o scorretto. Tutti gli altri sì. È sempre stato tremendamente corretto negli scontri, e sottolineo il tremendamente. Anzi, proprio perché gli dà fastidio la vicinanza dell’avversario passa sempre all’esterno. Non è un pilota falloso. È un pilota che deve gestire certi atteggiamenti, che sono troppo tracotanti e poco maturi. Come lo scorso anno con Fabio Di Giannantonio, che gli aveva rovinato il giro della pole. Aveva alzato il braccio mandandolo a farsi benedire. Eppure sono molto amici, si vogliono bene e vanno d’accordo. Infatti la sera hanno fatto pace. Ma quella gestualità usata in pista riguarda momenti in cui lo pervade il nervosismo e comincia a comportarsi come uno di Ascoli, con quel modo di fare fisico. E invece è molto intelligente e molto molto talentuoso. È proprio forte. Ma non corre per divertimento, come Valentino. Nemmeno Stoner correva per divertimento. Romano corre per vincere».


Cosa comporta questa caratteristica?

«Quando facevamo i test non si impegnava più di tanto. Tante volte gli ho detto: ma perché devo spendere migliaia di euro per queste sessioni se non ti applichi? E lui: ma se non c’è niente da provare di nuovo? Ho capito, gli rispondevo, ma cerca di migliorare. Facciamo fatica a fargli fare anche le pole, perché si scatena solo in gara. È un animale da vittoria. Se può arrivare primo è contento e si impegna. Se non può, per mille ragioni, in gara gli aumenta il livello di nervosismo. A Misano voleva a tutti i costi portare a casa punti e Manzi gli ha fatto perdere dieci posizioni. Per quello, dopo vari scorrettezze subite, è andato giù di testa. Ma lui è proprio il pilota a cui non farle. Questa volta però maturerà, per forza di cose e gli servirà di lezione».


Scherzo del destino, il prossimo anno avrebbe dovuto condividere il team proprio con Manzi. Per caso c’erano ruggini fra i due?

«No, assolutamente niente con Manzi. Con gli altri piloti non ha mai avuto nessun problema, a parte con Bulega in Qatar quando poi lo hanno lasciato a casa da Sky VR46. Va d’accordissimo con tutti. È un altruista assurdo. L’anno scorso ha aiutato Jules Danilo cercando di farlo andare più forte e quest’anno con Tony Arbolino spiegandogli i segreti per fare meglio. Aiuta sempre tutti. Con Angelo non aveva mai avuto nulla. Purtroppo il suo è un atteggiamento ormonale, che parte dai testicoli, e lo ha messo nei guai quasi definitivamente».

 

Intanto per il vostro team che botta è stata il suo licenziamento?

«Sì, ammetto che è stata una grande botta. Ho cercato, sbagliando, di minimizzare, perché nel paddock non capisci subito tutto quello che succede fuori. Naturalmente non ci sono riuscito. Ma un team è un’azienda, ha le entrate e le uscite. Sui social hanno aggredito le pagine nostre, ma anche quelle degli sponsor principali e persino del team Forward e MV Agusta con i quali avrebbe dovuto correre nel 2019. Per cui, alla fine, siamo stati costretti a licenziarlo. Non era salvabile. Pensate se l’avessimo fatto tornare in pista con i nostri marchi, con i fischi e l’odio verso di lui. La punizione inflitta, a livello di gogna mediatica, era minore del percepito. Siamo stati costretti e non abbiamo avuto alternative. Ciò non toglie che in futuro, sempre con noi, si possa trovare una situazione per farlo tornare. Ma non a breve. Comunque sì, è stato un gran colpo».


Cosa vi siete detti lei e Romano?

«Appena rientrato, suo zio gli ha dato due sberle, sua mamma lo ha sgridato come non mai e io gli ho dato del coglione. Gli ho detto che ha rovinato tutto quello che abbiamo costruito lentamente negli ultimi due anni, dimostrando a chi lo aveva scaricato che aveva avuto ragione. E invece doveva dimostrare che era cambiato».


Lo scorso anno i piloti Sky VR46 gli erano arrivati molto dietro. Per un po’ lo aveva dimostrato.

«Questo è uno sport individuale. Per me il pilota è l’elemento più importante, ne resto convinto. Altri danno la precedenza al team e non al pilota. Peccato che per adesso tutto questo dobbiamo rimangiarcelo».


Si è scritto che Romano voglia lasciare le corse per lavorare nella ferramenta del nonno.

«Come dicevo, lui non corre perché gli piace, ma per vincere. Per questo, se fosse condannato a rimanere in un team che non lo mette nelle condizioni di vincere, piuttosto starebbe a casa. La pensa così. Allora davvero potrebbe tornare nella ferramenta e buonanotte. Gli ho chiesto più volte: ma non ambisci a correre nella MotoGP? Credi che ti daranno subito la moto ufficiale e sarai competitivo per vincere? Cosa dovrebbero dire quei piloti che hanno moto che vanno piano? Tanto vale che si fermino, no? Lui ragiona così. È veramente caliente. Tosto, tosto, tosto. Piuttosto di ammettere di aver sbagliato si schianta a 280 contro un muro. Sai cosa c’è, mi dice, se devo tornare senza poter vincere vado in ferramenta».


Pensa possa farlo davvero?

«Ti dico solo che sul contratto c’era una clausola, con la quale poteva lasciare in qualsiasi momento. Non per continuare altrove, ma proprio smettere. Pensa cosa ho firmato. Se alla fine di un gran premio mi diceva che non se la sentiva più poteva andarsene. Infatti, in via cautelativa, nei contratti degli sponsor non ho scritto i nomi dei piloti. Ero terrorizzato che decidesse di smettere».


Prendere o lasciare. Niente compromessi.

«Proprio così. Stoner correva per disperazione, un toro scatenato, cioè per ripagare i suoi genitori dello sforzo di averlo sostenuto. Valentino invece corre per passione, è evidente. Ognuno ha una motivazione diversa. Romano per vincere. Infatti non era così convinto di andare in MV il prossimo anno, perché non la vedeva come una possibilità vincente, ma un anno in cui stare bene e fare il massimo. Però non sarebbe stato il vero Romano. Ho avuto il sospetto, a un certo punto, che lui non volesse più continuare».


Una frustrazione esplosa in anticipo?

«Credo di sì. È un ragazzo fantastico, così intelligente e altruista. Nel contratto aveva anche un tot di visite concordate con la squadra, ma non le ha mai guardate. Quando c’era bisogno si presentava. Un team con cui andava d’accordo con tutti. Non tiene conto dei contratti ma del lato umano. Molti piloti sono bravi, ma automatici. Lui è vero e questo lo porta a fare cose giuste e sbagliate. Uno così buono dentro è facile che cada in errore, proprio perché non ragiona come un automa».


Sulla sua pagina Facebook vedo che non ha eliminato la foto che la ritrae con Fenati. Il legame tra voi è ancora forte.

«Io non la tolgo. Quella è la mia pagina personale e noi restiamo lì. Per una stupidata di venti secondi, fatta da un ragazzo di 22 anni, dovrei buttare via tutto? No. Posso farlo come team, ma non a livello personale. L’azienda è giusto che faccia delle scelte, la gente deve lavorare e essere pagata. Ma a livello personale ho diritto di pensarla come voglio. Se devo svendere anche questo cosa mi rimane?».

 

di Gianmarco Aimi 

In apertura la foto (gbracingpix) di Bedon con Fenati che ancora campeggia sulla sua pagina Facebook.