Rally dei Faraoni 2012. Joan Barreda e Paulo Gonçalves (Husqvarna) in testa

Rally dei Faraoni 2012. Joan Barreda e Paulo Gonçalves (Husqvarna) in testa
Finalmente si parte! All'ombra delle grandi piramidi nella piana di Giza ha preso il via prima la prima giornata del Rally: l'oasi di Siwa e le prime dune | P. Batini, Baharija
2 ottobre 2012

 
Giornata strapiena, la prima dell’edizione 2012 del Pharaons Rally 2012. Dopo due giorni di regime di minimo sugli assi erbosi dell’Hotel, tra soft drink e aria condizionata pur seguendo la “trafila” delle verifiche tecniche ed amministrative, all’improvviso l’evento si scatena. La sveglia è puntata alle quattro del mattino (più opportunamente, della notte), c’è da raccogliere i bagagli e caricarli sui mezzi di assistenza, indossare la divisa da combattimento, salutare la doccia e le comodità, capitalizzare al massimo l’ultima colazione comodamente seduti e, finalmente, andare a ritirare la moto in parco chiuso. Il “rilascio” delle “armi” inizia alle cinque, e c’è un’ora per raggiungere la spianata di Giza, con le piramidi ancora avvolte dal buio e dalla immancabile nebbia di smog che avvolge la notte del Cairo.


Avvolta ancora, per aprire una parentesi, in un piccolo alone di mistero, è l’assenza del nome di un altro “grande” dalla lista dei partenti della 15ma edizione del Rally. Parliamo di Helder Rodrigues, Campione del Mondo uscente (quello entrante è l’altrettanto assente Marc Coma), che, come comunque già sappiamo, ha lasciato Yamaha per accasarsi, udite udite, con Honda. L’affare è grosso, trattandosi del ritorno ufficiale ai Rally di una delle case storiche, che aveva fatto la sua ultima apparizione vent’anni fa con la una moto a due tempi condotta alla Dakar, da Richard Sainct e jean Brucy, ed al Nevada di Franco Acerbis.
Ora, la notizia ufficiosa era trapelata al termine del Sardegna Rally Race, e pochi giorni si arrivava a dare per certa una presentazione informale in occasione di un test marocchino. Invece, niente. Ma se ne torna a parlare in questi giorni, in Egitto, accreditando che la moto ed il Team, organizzato in Sud America,saranno presentati ad uno dei saloni motociclistici in arrivo, con un debutto ufficiale fissato per il vicino Rally in Marocco.


Chiusa parentesi, torniamo alle Piramidi. Alle sei esatte parte la prima moto, la KTM del norvegese Pal Anders Ullevalseter, vincitore dell’edizione 2004. È ancora scuro, e lo spettacolo è meno chiassoso del solito, ma più “magico”. I Piloti lasciano la megalopoli già assediata da un traffico tra i più caotici del mondo e si avviano in trasferimento verso la partenza della prima prova speciale del Rally, 140 chilometri più avanti lungo la strada che porta all’oasi di Siwa. In programma una tappa di “acclimatamento”. Fa, infatti, un caldo bestiale, ed agli organizzatori non sembra giusto lanciare la carovana in una prova troppo difficile. I Piloti troveranno le prime dune, duecento km circa dopo la partenza, ma per il resto la speciale è abbastanza scorrevole, a tratti veloce.

Immediatamente la gara si divide in tre tronconi. Tre Piloti in fuga, un gruppetto di inseguitori già distanza, i meno ambiziosi” dietro, in una catena che si allunga all’infinito. Le Husqvarna di Barreda e Gonçalves prendono il largo in virtù di una evoluzione di motore che regala alle italo-svedesi-tedesche

almeno cinque Km in più di velocità massima. Barreda e Gonçalves non sono, però, troppo precisi nella navigazione, e sono costretti e tornare sui loro passi più volte. A tre quarti dei 330 Km complessivi della Speciale, è Jordi Viladoms che, in virtù di una navigazione perfetta, passa al comando. L’ultimo tratto è decisamente veloce, e sulla distesa perfettamente livellata lungo un interminabile cordone di dune, Barreda e Gonçalves diventano imprendibili, regalando al Team SpeedBrain il primo successo di questa edizione del Faraoni con una doppietta. Viladoms è terzo, quarto il polacco Przygonski e solo quinto Ullevalseter, che precede le due “open”, indimenticabili 690cc dei polacchi Czachor e Dabrowsky. Al nono posto assoluto arriva il primo quad, quello del polacco Rafal Sonik.


Diocleziano Toia


Appena fuori dai primi dieci, undicesimo, un personaggio ormai caratteristico del rally non ostante sia alla seconda partecipazione al Faraoni: Diocleziano Toia, “pompato” dalla comunicazione come Pilota ufficiale Beta DIRT Racing e in corsa con una Beta 450. In realtà le cose stanno in modo più semplice. Toia, che ha un fantastico maschietto biondissimo che ha inziato a visitare i paddock con il padre e la madre da poco più di un anno, è un marcantonio di quarant’anni quasi esatti, tatuato che pare completamente rivestito di seta indiana, ed è un caso “classico”.

«È la passione, come sempre, che ti fa fare queste cose. Nella vita “normale” sono molto più vicino ai cavalli che alla moto. Li trasporto con la mia ditta, e ci ho anche corso. Nei primi anni duemila ho provato a fare un po’ di Supermoto, e solo un paio di anni fa i sono avvicinato al fuoristrada dalla porta principale».


Come mai proprio cominciando dai Rally?
«Lo dico con una punta di rispetto: per la velocità. I Rally sono tra le gare più veloci, ed a me piace molto la velocità. Mi sarebbe piaciuto, proprio qui in Egitto dove è ancora concesso, correre con una delle mitiche 690, quelle che hanno segnato oltre dieci anni di storia della specialità. Ma non è solo questo. L’anno scorso ho provato, ed ho scoperto un’atmosfera straordinaria».


Consapevole del rischio, e dunque come te la cavi?

«Mordendo il freno, come nel mio mestiere. Capisco che la principale condizione per iniziare ad andare forte è l’esperienza. Bisogna imparare ad interpretare il terreno, saper immaginare correttamente quello che ti può aspettare oltre una duna, “indiziare” anche le più piccole sfumature di colore del terreno per capire se è duro o se nasconde l’insidia della sabbia molle o del fesh-fesh. Ho corso solo qui e in Sardegna, e mi accorgo devo fare ancora molta strada. Per il momento, comunque, il mio Rally sta andando benone».


Intendi continuare?
«Certamente. È difficile staccarsi, una volta conosciuta, dall’atmosfera del bivacco e dai paesaggi che sono il teatro di queste corse. È bello, inoltre, essere tutti insieme, amatori e professionisti, Campioni e “piloti” senza particolari ambizioni. Certamente per continuare intendo anche averne le possibilità. Correre i Rally è piuttosto costoso, e bisogna sempre fare i conti con la vita di tutti i giorni, quella che ti permette di guadagnarti il “pass” per le corse».


La seconda tappa parte ed arriva al bivacco di Tibnyia.
È un modo esotico di indicare Baharija, la città alle cui porte è allestito il bivacco. Punto di passaggio storico dei Rally in Egitto, Baharija è piuttosto caratteristica, uguale a se stessa da trent’anni e forse più, in perenne lotta contro l’erosione del tempo (e del clima impietoso di avamposto del deserto), e perennemente, in apparenza, sconfitta. Un luogo dove trovi le cose vecchie di cinquant’anni, mantenute in vita come se fossero state comprate ieri, e dove oggi è difficile far gasolio per i furgoni ed i mezzi di assistenza del Rally. E' un “caso” anche questo. C’è penuria di carburante diesel, di questi tempi in Egitto. Dicono che parta quasi tutto per la Palestina, e poi la maggior parte dei motori va a benzina, che costa una cifra irrisoria rispetto a quello cui siamo abituati.

Seconda tappa, da Baharija a Baharija, dunque, 347 chilometri in totale, tutti di prova speciale e con un impegno dichiarato, da Daniele Cotto al briefing puntuale delle 19, più marcato rispetto alla tappa di esordio della corsa. È l’occasione di assistere ad un nuovo confronto tra i big di questa edizione, profetizzando un piccolo vantaggio per Jordi Viladoms. Il Pilota Bordone-Ferrari, infatti, parte per terzo, e potrà andare a “prendere” i Piloti Husqvarna e cambiare le carte della prima mano distribuite al Faraoni 2012.


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Piero Batini
 

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