Enduro nei boschi: tra passione e rispetto, non servono sanzioni a tappeto. Un solo denunciato su 322 controlli

Enduro nei boschi: tra passione e rispetto, non servono sanzioni a tappeto. Un solo denunciato su 322 controlli
322 controlli, una sola denuncia: eppure si continua a trattare gli enduristi come fuorilegge. Serve buon senso, non repressione indiscriminata
4 agosto 2025

Anche in Veneto sono aumentati i controlli per arginare il problema enduro. Ma siamo sicuri sia davvero un problema quello del fuoristrada? I dati parlano chiaro su 322 accertamenti, solo una denuncia penale (per un motociclista che ha tentato di eludere un posto di blocco) e sanzioni amministrative per 5.000 euro. Numeri che parlano da soli: non esiste nessuna emergenza. Se prendessimo in considerazione lo stesso numero di controlli su una qualsiasi strada urbana, e non, il numero totale di infrazioni sarebbe di gran lunga più alto.

Con questo non vogliamo "giustificare indistintamente" chi pratica enduro. La denuncia penale di cui vi abbiamo scritto poche righe fa deriva da un tentativo di resistenza a Pubblico Ufficiale. Chi si dà alla fuga davanti alle forze dell’ordine va condannato senza sconti. Non solo non rappresenta il mondo dell’enduro, ma lo danneggia gravemente. Tuttavia, criminalizzare un intero sport per colpa di pochi irresponsabili è totalmente ingiusto.

L’enduro è uno sport praticato da migliaia di persone in Italia, spesso in contesti montani dove purtroppo mancano percorsi legali e regolamentati. Fortunatamente in Italia, grazie ad alcune associazioni, si sta trovando una soluzione a tale inghippo. Per il momento, però, spesso purtroppo l’approccio è quello del divieto a prescindere, con il rischio di confondere lo sportivo regolare con il fuorilegge vero.

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Dove sono le alternative? Dove sono i tracciati autorizzati per chi vuole praticare legalmente, magari contribuendo alla manutenzione dei sentieri e al presidio del territorio? Nessuno lo dice. Eppure, se ci fossero percorsi ufficiali, si ridurrebbero drasticamente le situazioni di illegalità occasionale.

Nel frattempo, si continua a usare un caso isolato — quello del motociclista fuggitivo — come strumento per alimentare una narrazione distorta, in cui ogni endurista diventa un vandalo da stanare nei boschi.

Serve un cambio di prospettiva: non repressione indiscriminata, ma regole chiare, percorsi dedicati e collaborazione tra istituzioni, associazioni sportive e comunità locali. Chi scappa merita una denuncia. Ma chi ama la montagna e la attraversa con passione e rispetto, magari chiedendo da anni un dialogo mai ascoltato, non merita certo la caccia alle streghe.

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