Due ruote sono meglio di quattro: la vera rivoluzione della mobilità sono le e-bike

Due ruote sono meglio di quattro: la vera rivoluzione della mobilità sono le e-bike
E a dirlo non siamo noi, ma The Economist secondo cui le biciclette elettriche stanno cambiando le città più velocemente delle auto elettriche. A Parigi superano già moto e scooter, a Londra i ciclisti sono il doppio delle auto nel distretto finanziario. Ma nel nostro Paese mancano ancora infrastrutture e cultura
20 ottobre 2025

Altro che robotaxi e auto a guida autonoma. La vera rivoluzione della mobilità urbana arriva su due ruote, ha un motore elettrico e... pure i pedali! Sì, esatto, sono proprio le e-bike. È la tesi sostenuta in un articolo pubblicato qualche giorno fa dall'Economist che fa naturalmente discutere e ragionare e che è stato ripreso da molti organi di settore e non, come il Corriere della Sera. Con un'analisi approfondita si documenta come le biciclette elettriche stiano trasformando le metropoli mondiali molto più rapidamente di quanto non facciano i veicoli elettrici a quattro ruote.

E lo fa fornendoci dei numeri, sempre chiari, sempre utili: mentre Waymo, la divisione di Alphabet dedicata ai taxi autonomi, si vanta di effettuare circa 250.000 corse a settimana, solo a New York lo stesso numero di spostamenti viene completato ogni tre giorni utilizzando il bike sharing cittadino. A Montreal un quinto di tutti gli spostamenti urbani avviene in bicicletta, con oltre un terzo della popolazione che pedala almeno una volta a settimana.

Da Montreal a Parigi

La capitale francese rappresenta il caso di studio più emblematico. Sotto la guida della sindaca Anne Hidalgo, che ha promosso con decisione - e non sempre con scelte popolari - la mobilità sostenibile, le biciclette hanno superato moto e scooter in tutta la città. A Londra, come riporta The Standard citato dal Corriere della Sera, l'uso delle due ruote è aumentato del 57% in due anni: nel quartiere finanziario i ciclisti superano le auto in un rapporto di due a uno durante le ore diurne.

A Copenaghen circa la metà delle persone che si recano a scuola o al lavoro lo fa in bicicletta, ma che in Danimarca come nei Paesi Bassi ci sia un amore per la bicicletta è risaputo. Persino a Tokyo il 23% dei businessman ha scelto le due ruote per evitare l'affollamento sui treni. E a Pechino, dopo che trent'anni fa i ciclisti erano stati cacciati dalle strade per far posto alle auto, le biciclette stanno tornando protagoniste. Non sono più - evidentemente - un segno di povertà.

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E in Italia? Domanda in crescita, infrastrutture latitanti

Anche nel nostro Paese le bici elettriche hanno registrato una crescita significativa: +40% rispetto al 2019, con 274.000 unità vendute l'anno scorso contro circa un milione di bici tradizionali. Il mercato ha conosciuto un'impennata nel periodo COVID per poi incappare in una brusca frenata e ora sta piano piano cercando di stabilizzarsi su una domanda comunque in crescita. Vendite a parte, gli italiani hanno percorso 25 milioni di chilometri sulle bici a noleggio. Sembrano tantissimi, ma il confronto con l'estero resta ancora lontano. Il solo servizio di bikesharing di Parigi totalizza quasi quanto l'intera sharing mobility italiana. Milano guida la classifica nazionale con 10.000 bici elettriche condivise, seguita da Roma (7.000) e Bologna (2.700). Numeri ancora distanti dalle capitali europee del ciclismo urbano.

Tre fattori dietro il boom

L'Economist identifica tre ragioni principali dietro la rinascita delle due ruote a pedalata assistita. Primo: l'eredità del Covid-19, che ha spinto molti a preferire la bici ai mezzi pubblici per evitare assembramenti e ad assaporare la libertà e l'indipendenza di un mezzo semplice e individuale. Secondo: lo sviluppo tecnologico delle batterie e il calo dei prezzi delle e-bike, che rendono questi mezzi accessibili a un pubblico più ampio.

Con la pedalata assistita i lavoratori possono arrivare in ufficio senza sudare, le famiglie trasportano bambini e spesa con facilità. A Chicago, ad esempio, le e-bike del sistema Divvy vengono utilizzate il 70% in più rispetto alle bici tradizionali, nonostante costino di più.

Il terzo fattore è cruciale: la diffusione delle piste ciclabili separate. Come spiega il settimanale britannico, le biciclette erano quasi scomparse a metà del Novecento non solo perché le auto erano più veloci, ma soprattutto perché rendevano la circolazione in bici estremamente pericolosa. Le analisi su questo insistono da tempo: laddove ci sono piste ciclabili sicure l'uso della bicicletta aumenta esponenzialmente. E per realizzarle, forse vale la pena ricordare, che il costo è decisamente inferiore a quello di una metropolitana.

Il nodo sicurezza in Italia

Ed è proprio qui che emerge il principale limite italiano. Nelle nostre città le piste ciclabili protette sono ancora troppo poche, e pedalare nel traffico resta pericoloso. Noi che viviamo a Milano lo vediamo e viviamo ogni giorno ma non bastasse l'osservazione ci vengono in aiuto ancora una volta i numeri. I dati sono eloquenti: nel 2024 in Italia sono morti 185 ciclisti in incidenti stradali, contro gli 82 del Regno Unito, che pure ha una popolazione maggiore.

Certo c'è una problematica di spazio che non si può sottovalutare. Le città storiche come le nostre hanno oggettivamente più difficoltà nel creare corsie separate e devono spesso adattare le strade esistenti, imponendo limiti di velocità o restrizioni alle auto generando malcontento e spesso difficoltà anche a chi lavora. Milano, anche qui, è un po' l'esempio più evidente proprio perché la città dove forse si sta sperimentando di più questa difficile convivenza. Il problema tecnico diventa dunque rapidamente politico.

La guerra culturale sulle due ruote

Fare spazio alle bici viene percepito come togliere spazio alle auto, innescando un vero e proprio conflitto culturale. Non è solo un fenomeno italiano: l'Economist conferma che "come per qualsiasi tecnologia rivoluzionaria, le biciclette stanno polarizzando le persone e scatenando guerre culturali" e non possiamo che trovarci d'accordo.

In molte città italiane, a partire da Milano, la destra ha fatto campagna elettorale promettendo di rimuovere le piste ciclabili. All'estero la dinamica è simile: Nigel Farage in Gran Bretagna le definisce "fanatismo anti-auto woke", mentre a Berlino la vittoria dei conservatori nel 2023 ha portato alla sospensione dei nuovi progetti ciclabili. Ma ha davvero senso che sia una guerra destra contro sinistra?

E-bike, certo non tutto è perfetto

Le biciclette elettriche presentano anche alcune criticità e ne abbiamo parlato più volte. Essendo più pesanti e veloci delle bici tradizionali, e spesso guidate da principianti, possono causare incidenti più gravi. Nei Paesi Bassi nel 2022 i decessi di ciclisti hanno toccato un record, con tassi di mortalità significativamente più alti per chi guida e-bike.

A Londra i medici segnalano un'impennata di fratture agli arti inferiori. Si aggiunge il problema delle e-bike illegali modificate, quelle che possono accelerare tramite acceleratore e superare i limiti di velocità (32 km/h negli USA, 25 km/h in Europa), particolarmente diffuse tra i rider delle consegne a domicilio.

Il futuro è a due ruote

Nonostante le sfide, l'Economist non ha dubbi: la bicicletta elettrica è "altamente efficiente dal punto di vista energetico, costa quasi nulla, riduce il traffico e l'inquinamento ed elimina la necessità di enormi parcheggi". Fa insomma quello che magnati della tecnologia ed executive dell'automotive si aspettavano dalle auto elettriche, ma a un costo infinitamente inferiore e con il vantaggio di combattere la sedentarietà.

Dopo tutto non ci vuole molto a comprendere che mille auto a benzina o mille auto elettriche occupano il medesimo spazio...

Nelle città che hanno abbracciato la rivoluzione delle due ruote, l'idea di tornare alle strade intasate di auto è considerata ridicola. In Olanda l'ex premier Mark Rutte si recava al lavoro in bici, in Danimarca re Frederik è arrivato a un evento benefico con i figli su una cargo bike elettrica. E a Parigi il nuovo problema sono gli ingorghi... di biciclette! 

Come conclude pragmaticamente Elena Tobano nell'articolo su Il Corriere della Sera, citato in apertura, su questo tema "servirebbe un approccio meno ideologico e più pragmatico". Evviva! Non possiamo che essere d'accordo. Finiamola di rendere tutto sempre ideologico e cerchiamo soluzioni. Perché le e-bike possono davvero contribuire a rendere le nostre città meno trafficate, meno inquinate e più vivibili. Sempre che si costruiscano le infrastrutture necessarie a farle circolare in sicurezza.

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