MX. Roger De Coster: "Il mio Nazioni col cuore a metà"

MX. Roger De Coster: "Il mio Nazioni col cuore a metà"
Massimo Zanzani
Il team manager della squadra USA parla dei programmi futuri. Prima, però, ritorna sullo scorso Nazioni dove ha mancato la vittoria come team manager ma ha gioito nel vedere primeggiare il suo Belgio | M. Zanzani
25 ottobre 2013

Punti chiave


Da una parte ha dovuto inghiottire un boccone amaro per essere uscito sconfitto dal MXoN per la seconda volta consecutiva, dall’altra il suo cuore è stato contento nel vedere salire sul podio i suoi connazionali. In occasione della nostra trasferta in Usa il mitico Roger De Coster ha ripercorso la scorsa edizione del Motocross delle Nazioni che per la squadra statunitense è stata una sonora sconfitta.


Roger ti saresti aspettato quest’anno un secondo posto?

«Non corriamo mai per arrivare secondi ma sempre per vincere – spiega il cinque volte iridato fiammingo attuale team manager della KTM America - purtroppo a non è andata così. Avevamo il potenziale per vincere, ma tre cose sono andate male: Dungey che non ha corso ai suoi soliti livelli, la caduta di Tomac quando stava lottando per il secondo posto, e quella di Barcia al via dell’ultima manche dove ha perso molto tempo perché non riusciva a recuperare la moto rimasta sotto il mucchio, è ripartito quasi da ultimo ed è arrivato undicesimo, con una partenza normale sarebbe sicuramente finito tra i primi sei. Tre cose negative per noi è stato troppo, avremmo gestito uno o due problemi, ma non certo tre, anzi quattro, perché Dungey ha corso due brutte gare e non una sola. Considerato che abbiamo perso per tre punti se una di queste tre cose non fosse successa il risultato finale sarebbe stato diverso, d’altra parte i belgi hanno corso bene e anche loro sono stati sfortunati visto che anche Desalle è caduto alla partenza».


Ma cosa è successo a Dungey? E' la prima volta che l’ho visto così sottotono…

«Vallo a capire, è stata la sua peggior gara che io abbia mai visto. Evidentemente non era assolutamente pronto mentalmente, basta pensare che la settimana successiva ha corso in Spagna al Red Bull Give Me Five esattamente con la stessa moto e ha vinto davanti a Cairoli. Non abbiamo cambiato niente nel setting, neanche un click, ed è andato bene».


E' stata bella la lotta tra Ken ed Eli.

«Molto, quest’anno le gare per gli spettatori sono state bellissime, non era solo la lotta tra Belgio e Stati Uniti, il team tedesco era competitivo e Cairoli ha fatto delle gare favolose, ha dimostrato ancora di essere un vero campione. Negli Stati Uniti ha guadagnato molto rispetto grazie questo evento ».


Pensi che se Tony partecipasse al National potrebbe salire sul podio?

«Certo, sarebbe uno di quelli che possono vincere il titolo».


E tra Eli e Ken, chi è stato il migliore?

«Eli ha sempre dovuto inseguire, ha fatto il miglior tempo, ed era leggermente più veloce di Ken, ma poi è andata come sappiamo quindi Ken è stato il migliore».


I piloti americani si sono lamentati della pista giudicata un po’ troppo bucata.

«La pista era tosta, non c'erano grandi salti ma era veloce, un po' “squadrata” e con della sabbia densa tipo sassolini in superficie: le condizioni peggiori per un pilota anche se però era uguale per tutti».


L'anno scorso gli aveva dato fastidio la sabbia, quest'anno i canali…

«Sto dicendo che è stata dura per tutti, e non possiamo lamentarci di aver vinto o perso perché la pista era brutta per gli Stati Uniti. Abbiamo perso perché abbiamo avuto troppe cose che sono andate storte. In fondo il più veloce sulla pista è stato Tomac, ma è caduto e questo è stato un suo errore».

 

De Coster
De Coster

Cosa hanno detto oltreoceano di questo secondo posto?
«Il pubblico medio in America pensa che vincere il Nazioni sia molto più facile di quello che è in realtà. Pensano che dovremmo andare lì e vincere con facilità, come se fosse una formalità, ma negli ultimi anni il livello dei piloti europei si è alzato parecchio e credo che uno dei motivi sia perché da voi non fanno molta manutenzione alle piste. Diversi anni fa i circuiti in Europa erano abbastanza facili e piatti, ma ultimamente preparano la pista e la lasciano com'è per tutto il week end sistemando solo la zona di partenza e la prima curva per cui i piloti sono più allenati a cercare delle buone traiettorie invece di correre da curva a curva. Quando la pista è rovinata non puoi farlo, devi cercare delle traiettorie adatte, invece negli USA penso facciano troppa manutenzione alle piste negli ultimi tempi».


Con Villopoto pensi che le cose sarebbero andate diversamente?

«Lui è il pilota più veloce dell'anno, indoor e all'aperto, e sicuramente avrebbe fatto la differenza, ma in Germania non c'era e con i "se" e i "ma" si fa ben poco».


Un pilota che ti ha sorpreso in senso positivo?

«Direi Dean Ferris, non mi aspettavo andasse così bene, e poi De Dycker anche se si sapeva che sarebbe andato forte».


E la sorpresa in negativo?

«Dungey, senza dubbi».


Come ti sei sentito dopo la gara?

«Un po’ combattuto, da una parte coi piedi a terra per la sconfitta e dall’altra orgoglioso per aver visto vincere la squadra della mia nazione. In più è stato un gran bel weekend, una vera e propria festa per il motocross e per tutti gli spettatori. Un’altra cosa positiva è che i piloti più veloci del week end sono stati Cairoli e Roczen, che sono piloti KTM. E' stata una sensazione strana, volevo che facessero bene e allo stesso tempo volevo batterlo. La cosa più importante è che le gare sono state belle, quando vedi una gara come quella tra Eli e Ken, si può solo essere felici, è stato un’edizione da ricordare. Un' altra cosa bella è stata la copertura TV che abbiamo avuto negli USA, molti miei amici hanno detto che è stata veramente ben fatta. Quando Eli Tomac è caduto hanno trasmesso il replay immediatamente, mostrando la caduta da tre angolature differenti, un lavoro di qualità molto alta».


Cosa è successo sul podio agli americani?

«Quando hanno consegnato i trofei non c'era spazio sul podio per posarli per terra, e quando è iniziato l'inno nazionale belga i miei non se ne sono accorti, io ero un po' dietro e ho gridato per avvertirli ma non mi hanno sentito. Pensandoci adesso, forse dovevo urlare di più o andare a fermarli e dire loro di togliere i cappellini».


Che programmi hai per il futuro?

«Mi piacerebbe trovare un buon pilota emergente, e continuiamo a lavorare per migliorare sempre di più le nostre moto».


Nessuna esclusa?

«Negli Stati Uniti ci concentriamo di più sulle 250 e 450, la 350 la usiamo solo una volta ogni tanto. Pensavo che l'anno prossimo Roczen alla sua prima stagione tra i big volesse usare la 350, ma dopo il risultato al Monster Cup Supercross mi sa che correrà con la 450. Per un pilota che corre per il titolo credo che mentalmente sia molto difficile rinunciare alla potenza, forse se qualcuno usasse la 350 e avesse successo allora ci sarebbe una reazione a catena».


La 350 è più leggera e maneggevole, Tony ha dimostrato che non serve avere tanta potenza in più.

«Ne sono convinto anch’io, ma nel supercross molte volte ci troviamo in condizioni dove hai solo 50 centimetri di punto d'accelerazione per fare un salto o superare un ostacolo, e la 450 ha una coppia maggiore puoi ottenere più trazione, questo è l’unico vantaggio della 450. Se parliamo di tempo sul giro puoi ottenere lo stesso tempo anche con una 250, ma questo non vuol dire che puoi vincere la gara, ci sono anche la partenza, i sorpassi, e tutto il resto».


Quindi nel 2014 punti su Ken?

«In KTM stiamo ancora cercando di vincere il nostro primo titolo supercross 450, è un campionato molto competitivo e impossibile da ipotecare a priori. Villopoto è molto forte, e fa parte di una buona squadra, la Honda vuole rifarsi avanti, le Suzuki sono forti e Stewart è sempre veloce, se riesce a ritrovare la sua continuità, può contendere il titolo anche lui».