Lemariey (Kawasaki): "Spero di avere Villopoto anche nel 2016"

Lemariey (Kawasaki): "Spero di avere Villopoto anche nel 2016"
Massimo Zanzani
Il 30enne team manager della squadra ufficiale Kawasaki fa il punto della situazione, assieme a Moto.it, in merito all’asso statunitense assente negli ultimi due GP
13 maggio 2015

François Lemariey è da un paio di anni alla guida del team ufficiale Kawasaki che quest’anno ha sostituito Gautier Paulin con Ryan Villopoto. Purtroppo, a parte la soddisfacente vittoria del GP di Thailandia, la prima parte della MXGP non ha rispettato le profonde aspettative nate con l’arrivo del fuoriclasse statunitense messo KO dalla spettacolare e inusuale caduta del Trentino.

La frattura del coccige lo ha costretto infatti a saltare la trasferta di Valkenswaard, ma poi anche quella spagnola dello scorso fine settimana. Nel paddock di Talavera, abbiamo fatto con Lemariey il punto della situazione per capire le condizioni di Ryan e non solo.

«Dopo il GP del Trentino abbiamo controllato la situazione giorno per giorno che però purtroppo non migliorava - ha spiegato il manager Kawasaki - così abbiamo deciso di farlo tornare negli USA per farlo lavorare con il suo staff medico. Adesso aspettiamo di sentire quali sono le possibilità, se può rientrare per la gara in UK o se deve saltare altri GP, ad oggi ancora non lo sappiamo».

Il problema è il dolore che prova o ci sono altre conseguenze?

«La frattura è stabile, ma è in una parte del corpo molto sensibile e dolorosa, e se si fa male ancora nello stesso punto può diventare un danno serio con un ulteriore allungo dei tempi di recupero. Quindi non ha senso correre soffrendo e rischiando un peggioramento, vogliamo che torni in buona forma fisica».

Ryan come si sente?

«Ovviamente è triste, per uno che sta correndo per il Mondiale non può essere diverso. Tra l’altro stava facendo bene anche in piste difficili come quella di Arco - e per lui è dura correre in certe piste - purtroppo gli dispiace saltare le gare ma c'è ancora speranza di rimontare per puntare al titolo».

Non molti sono riusciti a capirlo, come è potuto cadere in quel modo?

«E' difficile da spiegare, perché non è stata una caduta normale. Credo sia stata la pressione nel voler avere la meglio su Desalle col quale aveva avuto uno scambio di posizioni, il suo punto di forza è la motivazione e forse è andato troppo veloce in quel rettilineo per voler battere il belga e non ha saputo reagire ai dossi del terreno».

In questa gara avete usato un motore diverso perché voleva più potenza, strana decisione considerando il fondo estremamente sdrucciolevole del circuito trentino.

«Abbiamo apportato delle modifiche importanti e abbiamo fatto dei test anche nei GP precedenti per trovare il setup giusto per lui, per adattare il suo stile di guida alle piste che abbiamo qui in Europa. Abbiamo lavorato in collaborazione con Giappone e Stati Uniti per fornirgli la miglior moto possibile e stavamo andando bene, purtroppo la caduta è arrivata in un momento in cui eravamo riusciti ad avere anche il setup giusto sulle sospensioni. E' un peccato che per ora non possiamo vederlo all'opera perché ad Arco era contento della moto, si sentiva a suo agio, aveva un buon tempo e stava lottando con i migliori piloti».

Un’altra stranezza è stato il debutto nella sua avventura iridata direttamente con il primo GP saltando le gare di inizio stagione che servono per verificare il livello di competitività del pilota e la messa a punto della moto.

«Ha scelto lui questo programma invernale perché in America non si fanno gare prima del Supercross, si corre subito nel campionato. Forse è stato un nostro errore non insistere sul fargli provare la moto in un'altra gara, ma è stata una decisione comune di partire subito coi GP».

E così ci si è trovati al cancello della prima manche del Qatar che la moto gli si è spenta… E' stato un suo errore o un problema della moto?

«Non saprei dire - è la risposta “politically correct” - quello che so è che nella seconda manche ha usato lo stesso setup, non abbiamo cambiato nulla. Bisogna considerare che Ryan in quel momento era molto sotto pressione, non correva da dieci mesi ed è stato per lui un weekend molto stressante».

Un'altra cosa che lascia perplessi è il suo ripetuto lamentìo della formula di gara dei GP che prevede anche una manche il sabato: come mai un campione del suo calibro si senta in difficoltà a dover girare un giorno in più?

«Ryan non è abituato a correre due giorni, e la gara di qualificazione lo stanca per le gare ufficiali in quanto lui da sempre al cento per cento, senza pensare troppo. Invece qui serve un po' di strategia per arrivare alla domenica in piena forma. Alla gara del sabato devi pensare se è necessario conquistare una buona posizione al cancello oppure no, e dopo averlo deciso devi gestisci la manche nel modo ottimale».

Che differenze trovi fra l'anno scorso con Paulin e quest'anno con Ryan?

«Con Gautier era più facile perché è francese come molti di noi, anche se nel team parliamo comunque in inglese perché abbiamo anche degli italiani, dei tedeschi e dei belgi. Ma con Ryan c’è un bello scambio di esperienze perché lui ha la sua americana e noi quella europea, impariamo l'uno dall'altro e le cose funzionano. A livello di lavoro comunque non ci sono molte differenze perché sono entrambi due campioni e sanno quello che vogliono, ogni loro richiesta cerchiamo di soddisfarla. Ryan però è diverso perché da' più luce al team, è un ragazzo semplice e se dobbiamo dirci qualcosa lo facciamo senza problemi».

Com’è Ryan dietro le quinte?

«Come ho detto è un ragazzo alla mano, ha tanta esperienza, sa quello che vuole e noi facciamo del nostro meglio per soddisfarlo. Sul lavoro è estremamente professionale, quando è in gara si focalizza molto sulla pista e sul setup per avere la miglior moto possibile e noi organizziamo tutto in modo che lui possa concentrarsi sulla gara senza distrazioni. Per il resto ha una buona relazione con il team e si sta godendo l'esperienza europea senza particolare stress».

Sua moglie Kristen ha molta influenza su di lui.

«Credo che sia un membro importante del “team Villopoto”, per lui è una guida, gli organizza le giornate nel modo migliore e si prende completamente cura di lui».

Ti piacerebbe averlo ancora in squadra il prossimo anno?

«Certo, anche perché attualmente ci sembra di essere in una situazione incompiuta. Abbiamo lavorato bene tutti insieme per arrivare a un buon risultato, stavamo appena iniziando ad ottenerlo, ma le cose non sono filate nel verso giusto. Ai tifosi so che manca e che mancherebbe se non ci fosse il prossimo anno, speriamo che almeno adesso risolva i suoi problemi e che torni presto. Attualmente comunque non conosciamo i suoi programmi, e quello del 2016 noi lo faremo partendo dalla sua decisione».

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