Dakar 2015, Marc Coma: "Mi aspetto una Dakar dura come lo scorso anno"

Dakar 2015, Marc Coma: "Mi aspetto una Dakar dura come lo scorso anno"
Piero Batini
  • di Piero Batini
Parlare con i divi è difficile, con gli assi della Dakar nei giorni delle verifiche quasi impossibile. Troppe distrazioni, tutte uguali, e i piloti finiscono per averne abbastanza e per svicolare. Non Marc Coma | P.Batini, Buenos Aires
  • Piero Batini
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4 gennaio 2015

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Buenos Aires, 3 Gennaio 2015. Parlare con i divi è difficile, con gli assi della Dakar nei giorni delle verifiche quasi impossibile. Troppe distrazioni, tutte uguali, e i piloti finiscono per averne abbastanza e per svicolare. Non è il caso di Marc Coma.

Marc, ti chiederei come pensi di affrontare la tappa marathon, come fanno tutti in questi giorni, ma non posso perché te ne ho viste fare molte di marathon e non vorrei replicare un trend snervante di interviste. Raccontaci altre cose, magari più generali: una mi colpisce particolarmente quest’anno, la tua tranquillità. Poiché credo che la tranquillità sia il termometro della preparazione, vorrei che me ne dessi una tua interpretazione.

«La tranquillità. Sì, è un “dato” a cui presto attenzione, e che analizzo perché mi fornisca dei risultati sulla mia condizione generale. Prendiamo l’esempio di questa stagione. Il 2014 è stato un anno buono, ma questo non vuol dire che se hai portato a termine una stagione di questo tipo e impegno sei pronti per la Dakar. Non è solo una somma di impegni e di risultati. Il 2014 è stato un anno davvero buono. Tecnicamente la moto è sempre stata su un altissimo livello, io, fisicamente, sono stato sempre bene. I tecnici di KTM hanno lavorato bene, e io pure, dunque. È stato un anno in cui anche la mia vita fuori delle corse ha avuto un corso sereno. Arriviamo alla Dakar sentendo che è un buon momento. Questo non significa che tutto diventa facile, perché non lo è mai ogni giorno della Dakar. Lo sappiamo, lo vedrai, tutti partono a fuoco, come sempre, e da li inizieranno per molti i guai. È sempre stato così, non farà eccezione quest’anno»

Però, di fatto, questa potrebbe essere una Dakar relativamente più facile. Ad una dura e troppo difficile, e quella del 2014 non ha scherzato, di solito ne succede una meno limite. Possibile, dunque?

Per la verità, teoricamente, io mi aspetto una Dakar molto simile a quella dello scorso anno. Poi, certo, possono accadere piccole cose che la rendono estremamente dura, o solamente… dura. In generale, quindi, mi aspetto una edizione dura. Poi vedremo»

L’altitudine, questa sì è una cosa nuova per la Dakar. In Africa il problema non si poneva, in Sud America è una costante e rende difficile prepararsi ad affrontarla. Come hai fatto tu?

«Sì, l’altitudine è una di quelle cose che hanno cambiato la Dakar in Sud America. Il problema è nuovo per noi. Il fatto è che è molto difficile prepararsi e non siamo ancora sicuri di quale sia il metodo giusto. Non è facile allenarsi, perché da noi la montagna più alta non arriva a 3200 metri, e soprattutto non ti ci fanno andare in moto, neanche d’estate. Allora niente, adesso abbiamo provato con la camera ipossica»

Ma le foglie di coca no?

«No, ma quando sei lì e ti senti andar giù prenderesti di tutto»

Quindi questo è un problema serio, cruciale…

«Non è un problema cruciale. Il problema è che non sai quando ne soffrirai, e che un giorno stai bene e l’altro no. Non dipende dallo stato di forma. Bisognerebbe adattarsi all’altitudine per il tempo necessario, ma come si fa a vivere a 4.000 metri?»

Beh, in Bolivia lo scorso anno eri anche malato, per cui un test in più lo hai fatto, no?

«No, quello non c’entra. Il problema resta, e sta nel fatto che è difficile allenarsi in modo corretto per affrontarlo»

Passiamo dalle problematiche fisiche a quelle psicologiche. Ti “manca” lo stimolo del confronto con Cyril Despres?

«Guarda, sinceramente no. L’anno scorso Cyril ha avuto dei problemi e non è stato un avversario. C’era ma non in battaglia per la vittoria. E quest’anno non c’è mai stato durante tutta la stagione. Diciamo che non ne ho sofferto. Penso piuttosto che ci sono altri piloti, oggi, altrettanto forti e veloci»

E il fatto che sia passato alle auto in una situazione così bella? Provi un po’ di invidia?

«No, penso che Cyril abbia fatto un buon lavoro. Un buon lavoro durante la carriera in moto, e un buon lavoro porta ad avere delle opportunità. Guarda Peterhansel, guarda Nani. Speriamo che arrivi eventualmente una buona occasione anche per me!»

A proposito, come vedi Nani in questa Dakar?

«Io penso che Nani il nemico lo abbia in casa. Penso che Nasser Al Attyia sia un poco più veloce, e Nani un po’ più consistente»

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