Nico Cereghini: “Nessuno si gira più”

Nico Cereghini: “Nessuno si gira più”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Non è un problema solo di Lorenzo, fateci caso: i piloti non si voltano più indietro per guardarsi le spalle. Una volta lo si faceva spesso, cosa è cambiato? La mia tesi è la stessa di Loris Reggiani
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
8 maggio 2018

Punti chiave

Ciao a tutti! Sul sito, e anche in televisione, le discussioni si sprecano, e adesso salta fuori che il trentatrè per cento delle responsabilità spetta al Dovi che ha sbagliato la frenata. Ma allora tanto vale lasciar parlare i giocatori di scopa giù al bar, dove si sa che non serve essere un tecnico per sparare minchiate. Un giretto al bar Sport può schiarirci le idee, e se dovessi girarci un film così immagino la scenattaccherebbe l’anziano al terzo o quarto calice di bianco: “ci vuole il clacson: se Pedrosa avesse dato una bella strombazzata non succedeva niente!” Tesi giudicata interessante da tanti, ma salterebbe su un tifoso di Andrea: “bravo, se ci fosse il clacson sai che coro, era da dieci giri che il Dovi chiedeva strada a Lorenzo!”. Poi qualcuno farebbe notare che i piloti corrono con i tappi nelle orecchie e la strada non è quella. “Gli specchietti -salterebbe su il più vispo- quella sarebbe la soluzione. Ce li hanno anche in Formula Uno: se li ha la Ferrari non può averli anche la Ducati, con quel cassettone alato che si porta a spasso? Lorenzo non avrebbe chiuso la porta così”.


Si scherza, e del resto dopo una gara come quella di Jerez l’alternativa è la disperazione. Per Dovizioso che aveva preparato una gara capolavoro, per la Ducati che fa un doppio zero, per Lorenzo che finalmente guidava, per Pedrosa che picchia ancora duro. Un po’ si scherza e un po’ no: il clacson naturalmente sarebbe fuori luogo, ma i retrovisori meriterebbero un approfondimento, lo spazio sulla moto ci sarebbe, e naturalmente potrebbero essere realizzati con materiali assolutamente infrangibili. Domenica, Lorenzo avrebbe avuto tanti rettilinei per guardarsi alle spalle. E poi si potrebbe andare oltre, perché no, la tecnologia offre ben altri strumenti, e una telecamerina collegata al cruscotto darebbe al pilota una visione perfetta.


Perché il fatto è che nessuno si volta più indietro durante la gara, e qui il discorso è davvero serio: una volta, ve lo ricorderete, i piloti si giravano spesso, naturalmente dove possibile, e di solito all’uscita delle curve lente. Per controllare gli inseguitori, identificare i rivali, misurare i distacchi. Qualcosa è cambiato, ma cosa? Avevo la mia opinione ed ho voluto sentire un testimone autorevole come Loris Reggiani, che conferma la mia ipotesi al cento per cento. In sintesi, noi due concordiamo sull’evidenza che i piloti di oggi non si preoccupano dei possibili contatti e delle relative conseguenze fisiche: loro non si curano proprio degli avversari. Probabilmente perché i piloti di oggi vengono dalle minimoto: dove i contatti sono frequentissimi ma sempre a bassa velocità, dove farsi male (con le protezioni complete dalla testa ai piedi) è un evento molto raro. Márquez - ancora lui - è la bandiera di questo moderno approccio, naturalmente agevolato dalla sicurezza quasi assoluta delle piste dove oggi si corre la MotoGP.


Non si voltano indietro nella top class, nella Moto2 e anche nella Moto3. Non lo fanno in prova, non lo fanno in qualifica se non per cercare un traino, non lo fanno in gara. Anzi, l’atto di guardarsi alle spalle sembra diventato semplicemente, per molti piloti, una cosa da evitare, perché sintomo di vulnerabilità e quindi di debolezza. Come dire: sono alla frutta, non ne ho più, le gomme mi hanno mollato, quanti giri ci metteranno a passarmi, quanti sono? E questo è un bel problema, se guardiamo alle possibili conseguenze: domenica scorsa è andata bene, ma credete che si possa confidare soltanto nella buona sorte?

Nessuno si gira più