“Buon compleanno, caro dottor Costa”

“Buon compleanno, caro dottor Costa”
  • di Nico Cereghini e Giovanni Zamagni
Una telefonata di auguri e l’amaro sfogo del mitico riferimento dei piloti di tante generazioni, che compie ottant'anni. E’ deluso da Marc Marquez: il mondo gira troppo in fretta, solidarietà ed affetto non contano più
  • di Nico Cereghini e Giovanni Zamagni
19 febbraio 2021

Buon anniversario, dottor Claudio Costa! Sono ottanta le candeline da spegnere sulla torta del compleanno. Come si sente?

“Mi sento vecchio - Risponde ridendo dalla sua residenza fuori Imola, il famoso Feudino - e poi non posso festeggiare in nessun modo, con i tempi che corrono. Il Covid, certo, ma ne verremo fuori: tutti i virus alla fine sono stati sconfitti”.

Abbiamo saputo di alcune sue dichiarazioni di questi giorni. E’ deluso da Marc Marquez? Dottorcosta non nasconde i suoi sentimenti, ma va anche oltre. Oltre le considerazioni che abbiamo fatto con lui in questi mesi sulla prima operazione di Marc, su quella placca che ha ceduto, sui guai successivi.

“Deluso, sì. Per lo meno mi aspettavo che mi chiamasse, per chiedermi magari un consiglio. Purtroppo i tempi sono questi, questi sono diventati i pregi e i difetti dell’umanità; che era una culla di solidarietà, di coscienza comune per snobbare la mortalità, era costruita sui taciti consensi tra le persone, sulla familiarità. Invece questo mondo raffredda la 'cuccia', cioè il calore di cui ogni uomo ha bisogno”.

Costa prosegue:

“Quanti piloti nella storia sono diventati grandi proprio grazie a quella cuccia? Siamo umani non per uno scopo preciso, per il lavoro o altro. Siamo umani perché ci vogliamo bene”.

I piloti, sottolinea Claudio, sono stati la sua famiglia.

“Tutti i piloti. E con loro i giornalisti e tutto il mio staff: l’affetto che ancora c’è tra Doohan e me, tra Capirossi e me... queste sono le cose che contano. Per questo vedere che un pilota coma Marc, che avevo amato, che avevo aiutato a vincere il mondiale 2013, nemmeno mi abbia chiamato per un consiglio… E’ una cosa che mi ha colpito, segnato, ferito…”.

Caro Costa, questa è la vita, le cose cambiano.

“Ma certo, il 2013 è medioevo, visto oggi. Perché si va troppo veloci. Vuoi che una Dorna, con persone così intelligenti e capaci (perché i risultati parlano per loro) non avesse la voglia di tenersi uno come me? Ma sono prevalse le rivalità, le gelosie, qualcuno ha remato contro, allora ho deciso di lasciare. Non era più la condizione che mi piaceva”.

E oggi non ci staresti bene, in quell’ambiente…

“Oggi dici? Hai ragione, lì non ci starei bene di sicuro. Sarei in chiesa a dispetto dei santi”.

Un’espressione che suona come “rimanere in un posto dove non si è ben visti”. Ma per noi sei sempre il numero uno, caro Claudio. E anche a nome di tutti gli appassionati ti auguriamo un buonissimo, ottantesimo, compleanno. C’è tanta gente che continua a volerti un monte di bene.

Dottorcosta il generoso

Per la gente del paddock, il Dottor Claudio Marcello Costa, classe 1941, è il “dottorcosta”. Un gigante, uno al quale la Dorna avrebbe dovuto fare un monumento e invece lo ha costretto nel 2014 ad abbandonare la sua creatura - la Clinica Mobile, ideata nel 1977 - e i suoi “miti”, tutti i piloti, nessuno escluso.

Perché Costa ha voluto bene a tutti, senza distinzioni, senza predilezioni di bandiera, non solo come dottore, ma anche e soprattutto come essere umano, capace di generosità inarrivabile.

Tra il 1977 e il 2014 ha salvato un sacco di vite e di carriere, non c’è stato un solo pilota che non abbia chiesto aiuto più o meno grande al “dottorcosta”, capace di noleggiare un aereo privato nel 1992 per andare in Olanda e portare via Mick Doohan dall’ospedale di Assen contro il parere di qualsiasi medico, perfino contro la legge. E’ anche stato arrestato in Svezia, ma lui è sempre andato avanti per la sua strada, senza nessun tornaconto economico, con l’unico scopo di aiutare i suoi miti a guarire, a tornare in moto il prima possibile.

“Dottorcosta, voglio correre” era la formula magica per convincere Claudio ad accelerare i tempi, a trovare il modo di annullare i tempi di recupero. Imprese folli, ma sempre dettate dalla ragione: non c’è nessun pilota tornato in sella apparentemente troppo presto che abbia corso pericoli più grandi del dovuto.

Quando era nel paddock, i meriti di Costa erano soprattutto due: immediata capacità di diagnosi, ben prima di fare una lastra, così da poter intervenire senza perdere tempo; grandissima percezione psicologica, che gli permetteva di “entrare” nella testa del pilota e individuare il modo migliore per farlo uscire dal tunnel dell’infortunio.

La Clinica Mobile del “dottorcosta” non era solo un luogo di cura per il corpo, ma era un’oasi per la mente, un posto sicuro dove rifugiarsi, essere coccolati, viziati, assecondati, perfino rifocillati con una cucina di alta qualità. Un altro merito del “dottorcosta” è stato quello di avere attorno a sé specialisti di altissimo livello: una grande sicurezza per il pilota che si affidava alle sue cure.

Nel corso degli anni ha scritto un sacco di libri, un misto di racconti meravigliosi, filosofia, psicologia, mitologia. L’ultimo è appena arrivato: Genio ed epidemia, la storia del dottor Semmelweis, il Salvatore delle Madri. Non c’entra con le moto, ma c’entra con la grandezza di un personaggio che manca tantissimo nel paddock.

Auguri “dottorcosta”, grazie per tutto quello che hai fatto per il motociclismo.

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