Nico Cereghini: "Segnalazioni primitive, sbagli sicuri"

Nico Cereghini: "Segnalazioni primitive, sbagli sicuri"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Domenica è andata in tilt la Honda per una tabella, altre volte non si sono viste le bandiere gialle. Non siamo poi tanto lontani dalle lavagne di una volta e dai cronometraggi manuali
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
22 ottobre 2013

 
Ciao a tutti! Come sarà andata, veramente, nel box della Honda numero 93 in Australia? Livio Suppo è stato sincero, quando ha parlato di generico errore del team, oppure no? Perché se Marc Marquez avesse ignorato la tabella che gli raccomandava lo stop, benissimo farebbe il manager Honda a coprirlo, il pilota va tenuto calmo e concentrato in vista del finale. E lo stesso vale se a sbagliare i conti è stato un uomo del team: con l’aria che tira, e almeno tre tecnici che dovranno lasciare un posto di lavoro così invidiato, ancora più giusto è oggi tentare di rasserenare gli animi e non fare nomi. “Si vince e si perde tutti insieme”. Parole giuste.

Insomma la versione ufficiale è quella: errore di segnalazione. E mi vengono in mente i muretti e le lavagne dei miei tempi, anni Settanta, quando sbagliare era facile. Di notte nelle 24 Ore, per esempio. Con la Laverda, a Le Mans, i nostri meccanici si sporgevano dal muretto tentando di identificare le due 1000 tre cilindri ufficiali: dopo 50 minuti, era il calcolo, bisognava rientrare per il rifornimento. Il primo meccanico teneva fuori la lavagna scrutando nel buio, il secondo meccanico aveva un faro in mano, una batteria d’auto tra i piedi, e al momento giusto collegava un cavo per illuminare la lavagna. “E’ lui!” gridava Nino Caretta, e l’altro dava luce. “Non è lui” scrollava la testa Caretta mentre passava una Kawasaki o una Japauto, e l’altro spegneva. “E’ lui!” gridava di nuovo Nino, l’altro attaccava il cavo, “non è lui!”. Due o tre volte così e spesso il pilota Laverda passava ignorato. “Porco boia, era lui!”. Per fortuna, si teneva un bel margine. E gli anni successivi cominciarono a vedersi le lucine colorate di identificazione di fianco alle moto.

Ma sbagliavano anche gli organizzatori. Alla 500 chilometri di Vallelunga, anno 1971, i poveri cronometristi andarono in tilt. Per forza, era tutto manuale: uno gridava i numeri nell’ordine di passaggio “3, 68, 42, 19”; un altro li scriveva sul foglio, un terzo cliccava sul cronometro fissando la linea del traguardo, e alla fine si scrivevano i numeri di fianco alla stampata dei tempi parziali e si facevano i calcoli. Provate voi a tenere sotto controllo settantasei moto per più di quattro ore. La prima classifica vedeva la Laverda SFC di Bertorello-Loigo davanti alla Guzzi V7 Sport di Brambilla-Cavalli e volarono i primi insulti, la seconda versione vedeva la Guzzi davanti alla Laverda e fu rissa, alla fine la federazione annullò tutto e la gara non fu omologata. Peccato, “forse” avevo vinto la classe 500 con una Titan Suzuki insieme a Gianni Belli.

Certo, adesso è tutta un’altra cosa: cronometraggio elettronico e tabelle tecnologiche al posto delle lavagne. Ma i risultati sono tanto diversi? A guardare Phillips Island mi viene da dire di no. Forse, opinione personale, è arrivato il momento di pensare alle comunicazioni radio tra box e pilota. Voi che ne dite?

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