Nico Cereghini: "Sarron e lo sgarbo mai superato"

Nico Cereghini: "Sarron e lo sgarbo mai superato"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Christian vinse un titolo in 250 e fu tra i protagonisti della 500 negli anni Ottanta. Corse anche con la 750 e nelle 24 Ore. Ma quando racconta mostra di soffrire ancora per un tradimento della Michelin di quasi trent'anni fa. Come tutti gli ex-piloti...
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
22 settembre 2015

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Ciao a tutti! Di recente ho incontrato Christian Sarron, pilota francese degli anni Settanta e Ottanta, secco e in gran forma esattamente come allora. Qualcuno ricorderà che lui fu capace, esattamente trent'anni fa, di battere il miglior Spencer in 500: era l'85 e si correva ad Hockenheim sotto l'acqua. Christian era uno specialista del bagnato e l'anno prima aveva conquistato il titolo mondiale della 250 con tre vittorie. Come premio era stato promosso alla 500. Yamaha, naturalmente, perché lui non guidò altro nei quindici anni della sua carriera.


E' passato parecchio tempo e tenevo in memoria soltanto alcune pagine della sua storia. Per esempio il Bol D'Or del '78 al Castellet: lui sulla 750 quattro cilindri due tempi da GP, io sulla Laverda 1000 V6, e Sarron mi cadde davanti sul curvone di Signes, scivolando su qualche chilo d'olio perso da una Kawasaki, mentre io chiudevo gli occhi e non so come passavo indenne.


«Nel '75 - mi ha ricordato lui- correvo nella Coupe Kawasaki con la 400 tre cilindri, la due tempi, e Patrick Pons mi notò segnalandomi a Chevallier della Sonauto. Ebbene, l'anno dopo ero impegnato in quattro classi: 250, 350, Endurance e coupe FIM 750... In questa nuova classe, nel '77 finii secondo. Che tempi!».


Non so esattamente perché, forse quella sera ero l'unico volto che gli ricordava il comune passato dei mitici anni Settanta e seguenti. Fatto sta che Christian si é lasciato andare e mi ha raccontato un fatto che nessun giornalista aveva mai sentito o scritto sulla classe 500 di quell'epoca. Lui aveva corso la 500 dal '79 all'81, ma niente di speciale e JCO lo aveva rimesso in 250 dove vinse il titolo. Tornato di nuovo nella massima cilindrata, il maggiore dei fratelli Sarron si trovò al manubrio delle moto più difficili della storia dei GP: le due tempi quattro cilindri da 150 cavalli e da 115 chili... Con motori screamer, oltretutto: i più tosti e scorbutici che si possano immaginare. E guidava. Eccome se guidava: terzo nel 1985, miglior europeo e sempre tra i protagonisti fino al 1989 quando concluse la stagione ancora al terzo posto. Contro gente del calibro di Lawson, Rainey, Schwantz, Magee, Doohan, Gardner.


«Ci ho messo l'anima, in quella stagione 1989, anche perchè -mi ha confidato Sarron- Michelin mi aveva promesso le gomme evoluzione se fossi finito nei tre. Io non avevo il miglior motore Yamaha, se almeno avessi avuto le gomme dei piloti ufficiali ero convinto di potermela giocare con loro fino in fondo. Vai a vedere i risultati, andai sempre a punti nell'89, quasi sempre nei primi quattro, e invece Michelin mi tradì: niente gomme evoluzione. Deluso e amareggiato, ho chiuso la mia carriera con un brutto 1990». E mentre ne parlava, Christian aveva il groppo in gola. Lui che, oltretutto, era di Clermont Ferrand come il gommista francese, si è sentito pugnalato alle spalle e ancora oggi ne soffre parecchio.
 

E mi è venuto in mente che tutti gli ex-piloti, quando si incontrano e attaccano con i ricordi personali, mostrano di avere una ferita vecchia di anni e mai rimarginata, un chiodo fisso, un evento che li ha fatti soffrire e che non è mai stato superato. Uno può avere ormai ottant'anni e avere appeso il casco da cinquanta ma quello sgarbo là, quella spallata che lo ha buttato fuori pista, quel motore che non doveva rompersi se il meccanico avesse fatto quello che doveva, quella scelta della Federazione che lo ha ingiustamente penalizzato, quel team manager che favoriva il compagno di squadra sono lì che lavorano come la brace sotto la cenere. Ho incontrato piloti novantenni, ve lo giuro, confusi su tutto come è naturale che sia ma circostanziati e precisi nel raccontare il torto da loro subìto negli anni Cinquanta. Sarron ha sessant'anni, lavora ancora nel motociclismo e poi fa bici e sci di fondo per mantenersi in forma, e razionalmente potrebbe dire va bene, è andata come è andata, il bilancio è molto positivo. E invece quel tradimento della Michelin è ancora fresco e fa sempre male.

Sarron e lo sgarbo mai superato