Mash Five Hundred

  • Voto di Moto.it 6 / 10
Mash Five Hundred
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
Il giovanissimo ma già noto marchio francese allarga la gamma affiancando alle carinissime 125 e 250 questa piacevole 400 dal nome fuorviante. Distribuita da Fantic Motor, costa 4.490 euro. Alcune finiture sono da migliorare
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
3 marzo 2015

Chissà quanti biker ultracinquantenni ricorderanno il mitico film M*A*S*H, tratto dall’omonimo romanzo di Richard Hooker: un esilarante cult movie del 1970 diretto dal grande Robert Altman, cui fece seguito l’omonima serie televisiva che durò fino all’83.
Per chi invece non ne avesse mai sentito nemmeno parlare, l’acronimo M*A*S*H si riferiva all’iperattivo (in tutti i sensi…) tran tran quotidiano di un vulcanico ospedale da campo americano durante la guerra in Corea.

Da poco più di un anno, invece, il vocabolo “mash” lo ritroviamo sui serbatoi di una serie di simpatiche motoleggere monocilindriche da 125, 250 e, dallo scorso Eicma milanese, anche da 400 cc. Si tratta dunque di un marchio ancora cucciolo, il cui logo è inserito in un cerchio assieme a due stelle sovrapposte. E poiché in inglese “mash” significa “miscuglio”, o “purè di patate”, “schiacciare” o “pestare”, ci viene istintivo pensare che i boss francesi titolari della Mash si siano ispirati proprio al film di Altman per dare un nome alla loro nuova avventura (e per farvi capire il perché, ne pubblichiamo anche la famosa locandina).

Va però sottolineato che il marchio è francese, ma le moto arrivano dalla cinese Shineray: nome ricorrente di questi tempi, vista la recente collaborazione con la rinata SWM. Le moto arrivano alla sede della Fantic Motor parzialmente smontate: dopodiché si procede all'assemblaggio completo, al relativo protocollo di verifiche ed a un breve rodaggio pre-consegna ai concessionari.  

La locandina del cult movie MASH del 1970
La locandina del cult movie MASH del 1970

Le piacevoli motoleggere di cui sopra, del resto, sono evidentemente ispirate proprio a modelli inglesi e giapponesi degli anni sessanta/settanta. E se alcune versioni da 125 e 250 cc abbinano allo stile retrò qualche nota tecnica più vicina ai giorni nostri (tipo forcelle a steli rovesciati e freni a disco anche posteriormente), la Five Hundred - come del resto la rinata Yamaha SR400 e le stesse Kawasaki W650 e 800 - posteriormente monta il suo bravo freno a tamburo.

La denominazione Five Hundred, cioè cinquecento, non deve però trarre in inganno, visto che in effetti stiamo parlando di una 400 cc. Così come i due collettori di scarico separati che terminano in altrettanti silenziatori a bottiglia, chiaramente ispirati alle moto inglesi (e quindi anche giapponesi) di mezzo secolo fa, a prima vista possono far pensare ai più distratti che stiamo parlando di una bicilindrica, anziché ad una mono con testata a 4 valvole.

Detto ciò, sottolineiamo che il prezzo della Five Hundred, che al momento del lancio in Francia venne fissato in 3.990 euro, con l’anno nuovo è salito a quota 4.190. Mentre da noi, che simpaticamente ci godiamo anche l’I.v.a. al 22%, il prezzo è stabilito in 4.490 euro, franco concessionario. A questo punto magari qualcuno arriccerà un po’ il naso, ma la Mash Five Hundred è comunque la più a buon mercato della sua categoria.

Quanto ai colori disponibili (per il solo serbatoio, chiaramente) abbiamo il rosso rubino ed il nero, in entrambi i casi abbinati all’argento metallizzato.

 

Lo stile

Classicamente classico, vien da dire: serbatoio a goccia, con i suoi bravi poggia-ginocchia in gomma, e tappo a baionetta con serratura protetta; sella lineare con cuciture superiori trasversali, cinghia per il passeggero e bordini bianchi laterali. E poi, i soffietti in gomma a protezione degli steli forcella; i fianchetti neri incastonati nelle “v” del telaio; il piccolo portapacchi in acciaio nero. Per finire con la coppia di strumenti analogici circolari, con quadranti a fondo bianco e retroilluminati (ma solo nella metà superiore, stranamente….): a sinistra il tachimetro con scala in km e miglia, che ospita i contakm totale e parziale e le spie di frecce e abbagliante; a destra il contagiri, con fondo scala a 10.000 (ma il limitatore in realtà taglia appena sopra gli 8.000) e con le spie del folle, dell’iniezione e della riserva. Mentre la piastra di sterzo alloggia il blocchetto di accensione, con relativo bloccasterzo.

I blocchetti sul manubrio, in linea con lo stile della moto, offrono tutto ciò che serve, compresi il pulsante del lampeggio per l’indice sinistro, e l’interruttore di spegnimento d’emergenza sul lato destro, sopra al deviatore che governa le luci.

La Five Hundred si presenta bene, insomma, sfoggiando un po’ ovunque cromature che appaiono di buona fattura, e un accettabile livello di finiture. Con qualche pecca, però: guardando nemmeno tanto attentamente i parafanghi avvolgenti, è infatti facile scoprirne i fianchi segnatamente ondulati; e che dire delle discutibili flange circolari che uniscono i collettori di scarico ai silenziatori, piazzate in bella vista sotto al motore, subito dietro ai catalizzatori (la sonda lambda è piazzata all’uscita del collettore sinistro dal condotto di scarico)? Tuttavia ci è stato assicurato che il difetto di stampaggio relativo ai parafanghi – che sono diversi da quelli delle altre Mash, in quanto più avvolgenti - è presente solo sugli esemplari di pre-serie, quindi in via di risoluzione.

Qui non esiste cavalletto centrale, ma solo la stampella laterale, dotata di interruttore di sicurezza che impedisce l’avviamento del motore anche col cambio in folle: volendo scaldare la moto poggiata sulla stampella, insomma, il motore non si avvierà.

 

La tecnica

Moto semplice, tecnica semplice. La Mash 400 non si può certamente definire una moto tecnicamente “complicata”, tant’è che gli unici elementi governati elettronicamente nel suo motore sono l’accensione e l’iniezione: scelta, quest’ultima, comprensibilmente obbligatoria per motivi di omologazione, altrimenti un bel carburatore avrebbe sicuramente campeggiato dietro a quel cilindro raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero in testa a 4 valvole. Un motore di bell’aspetto, che molti certamente avranno già assimilato ad un’unità Honda dei vecchi tempi: infatti si tratta di un derivato del celebre XR400, un 397 cc effettivi – con alesaggio e corsa di 85x70 mm – che a suo tempo era accreditato di 35 cv a 7.500 giri, ma che sulla Mash, sempre per le restrizioni ecologiche di cui sopra, eroga invece 27 cv (19,5 kW) a 7.000 giri, con una coppia massima di 3,05 kgm (30 Nm) a 5.500 giri.

Il mono in questione ha un cambio a 5 marce, e dispone dell’avviamento elettrico, ma anche della classica pedivella del kick-starter, peraltro non così propriamente immediato da usare, a maggior ragione senza cavalletto centrale in appoggio.

La carta d'identità della MASH Five Hundred

Potenza massima 27 cv
Coppia massima 30 Nm
Peso a secco (rilevato) 156 Kg
Capienza serbatoio 13 L

La Mash è una moto classica, quindi si avvale di componenti ad hoc, per somigliare il più possibile ai modelli di cinquant'anni fa che oggi sembrano godere dell’interesse di molti. Il telaio quindi è in tubi tondi a culla chiusa, con davanti una forcella teleidraulica (non regolabile) con steli da 35 mm, protetti dagli immancabili soffietti in gomma, ed un freno a disco da 280 mm azionato idraulicamente.

Dietro invece abbiamo un forcellone pure in acciaio, con due ammortizzatori regolabili su 5 posizioni e un freno a tamburo da 160 mm. Le ruote sono rigorosamente a raggi, con cerchi in acciaio e pneumatici Kenda Cruiser da 100/90x19” davanti e 130/70x18" dietro.

Gli altri numeri della Mash parlano di un serbatoio da 13 litri, con tappo a baionetta e serratura a chiave; di una sella con piano di seduta a 780 mm da terra, e di un peso dichiarato di 151 kg a secco. Il peso effettivo da noi rilevato tuttavia è di 166 kg col pieno di benzina, ovvero poco più di 156 kg col serbatoio vuoto.


A spasso con la Mash

La Five Hundred non è certo quella che si suol definire “una motona”, e di ciò saranno felici gli utenti meno corpulenti e i meno dotati in termini di statura, specie se in fase di apprendistato col manubrio tra le mani. L’avviamento elettrico è immediato, molto meno quello a pedale, come già detto. In sella comunque ci si sta bene e comodi, anche se l’imbottitura non gradirà molto i pesi massimi, che dopo un’oretta avranno probabilmente voglia di far sgranchire l’osso sacro, e, molto verosimilmente, anche quello dell’eventuale trasportato.

Niente di drammatico, tuttavia. Tutto è ben sotto controllo, la frizione è abbastanza morbida e stacca bene, il cambio è scorrevole, e la confidenza con la Mash è immediata. E non potrebbe essere che così su un mezzo ideale per la città, dove ci si muove che è una meraviglia, come per le gitarelle in collina. Anche se, tutto sommato, non è così fantascientifico pensare a qualche viaggetto di lungo corso, molto meglio se fuori dalle odiose e tediose autostrade: basta averne la voglia ed il tempo, e non avere fretta, e si va dappertutto. Anche col buio, visto che il potente faro anteriore alogeno vanta una rimarchevole efficacia.

I 166 kg in ordine di marcia potrebbero sembrare tanti per una moto del genere, perlomeno sulla carte: ma quanti scooter di media cilindrata ci sono in giro, che pesano ben di più? Provando per la prima volta la Mash senza conoscerne ancora peso e credenziali tecniche, onestamente avrei giurato di guidare una moto con una ventina di chili in meno. E mi sono davvero divertito ad andarci a spasso per la campagna, perché ha una ciclistica molto equilibrata e neutra, ideale per chi inizia e gratificante anche per chi magari alla moto ci torna dopo anni di digiuno più o meno volontario.

 

Ci si gode la moto, insomma, e nel contempo il panorama, senza l’impulso di voler strafare

Il suo motore non è certo un tornado, però è piacevole e malleabile: in quarta riprende senza strappi da circa 2.500 giri, in quinta invece è meglio arrivare ai 3.000 per dare tutto gas, ricambiati con un notevole brio che aiuta nei sorpassi, senza dover tirare per forza il collo al povero monocilindrico, che con l’avvicinarsi dei 7.000 giri inizia a vibrare un po’. A quel punto, però, è meglio non insistere col gas, anche perché si avverte chiaramente che arrivare al limitatore è utile quanto una tortura ad oltranza. Viaggiare tra le curve tra i 3.000 ed i 6.500 giri è dunque sufficiente e comunque divertente, oltre che rilassante. Ci si gode la moto, insomma, e nel contempo il panorama, senza l’impulso di voler strafare, anche se le Kenda Cruiser mi son sembrate sincere, e di scherzi strani la ciclistica non ne fa, sia in curva che in frenata.

Frenata che sulle prime richiede abitudine, vista l’indole un po’ pigra dell’impianto misto disco/tamburo. Dopo qualche pizzicata di aggiustamento, tuttavia, il disco ha iniziato a lavorare dignitosamente e con buona progressione anche guidando spigliati, aiutato da un tamburo posteriore che decelera con un certo tono solo premendo forte sul pedale, fino ad arrivare al bloccaggio controllato della ruota. Qualche prova di panic stop sugli 80 orari, azionando entrambi i freni con molta decisione, ha comunque fruttato decelerazioni soddisfacenti per una moto che non è certo nata per correre come matti.

Chiudiamo con le sospensioni, molto morbide e valide per affrontare le insidie delle nostre strade cittadine: forcella e ammortizzatori assorbono bene il pavé, e aiutano pure sugli odiosissimi dossetti  di rallentamento che ci fanno saltare i denti e le nostre povere vertebre anche a bassa velocità. Chiaro che viaggiando spediti non si possano certo aspettare miracoli sulle buche – spesso vere voragini - che ormai imperversano ovunque, sia in città che fuori. Ma su una moto come questa personalmente preferisco senza esitazioni sospensioni soffici e confortevoli, piuttosto che saltellare come un ranocchio su ogni accenno di asperità.

Le prestazioni rilevate

La velocità massima effettiva rilevata in fase di omologazione si aggira sui 135 orari. Lungo il nostro percorso autostradale abituale, una sessantina di chilometri tra andata ritorno, abbiamo rilevato una media di poco inferiore ai 130 orari effettivi, naturalmente guidando in posizione eretta. A quel punto il tachimetro segna 139, e la lancetta del contagiri indica 6.900; a 90 km/h effettivi ne corrispondono invece 95 indicati, e a 50 il tachimetro segna 52. Consiglierei tuttavia di affrontare lunghi percorsi autostradali a non più di 120 km/h effettivi – diciamo col tachimetro sotto i 130 – per non stressare inutilmente il motore e, inutile dirlo, risparmiare carburante.

A tal proposito, la percorrenza media rilevata in autostrada è stata di 23,5 km/l. Mentre lungo il nostro giro extraurbano di riferimento la nostra Mash 400 ha percorso 21,6 km/l. In città, invece, la percorrenza media su una novantina di chilometri è stata di 18 km/l.

Pregi e difetti

Pro

  • Stile piacevole | Ciclistica facile e precisa | Motore brioso e malleabile | Faro efficace

Contro

  • Alcune finiture migliorabili | Avviamento a pedale non facile

 

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Via al Bigonzo, 15
31030 Dossan di Casier (TV) - Italia
0422 634192
info@mash-italia.it
https://www.mash-italia.it/

  • Prezzo 4.790 €
  • Cilindrata 397 cc
  • Potenza 27 cv
  • Peso 151 kg
  • Sella 780 mm
  • Serbatoio 13 lt
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Scheda tecnica Mash Italia Five Hundred 400 (2015 - 16)

Cilindrata
397 cc
Cilindri
1
Categoria
Naked
Potenza
27 cv 20 kw 7.000 rpm
Peso
151 kg
Sella
780 mm
Pneumatico anteriore
100/90-19"
Pneumatico posteriore
130/70-18"
Inizio Fine produzione
2015 2016
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