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Prima di iniziare, va fatta una premessa fondamentale. L’analisi che vogliamo proporre oggi è, in qualche modo, riconducibile alle critiche che negli ultimi anni abbiamo mosso nei confronti dei tracciati del Mondiale Motocross, soprattutto se messi a confronto con le piste del National americano.
Non è una novità che i tracciati a stelle e strisce, dove si svolge il loro campionato – ricordiamo, nazionale – siano trattati e preparati in modo differente rispetto a quelli della MXGP. Queste differenze tecniche (tempi e metodi di annafiatura della pista e attrezzi diversi utilizzati in fase di preparazione del tracciato) consentono ai piloti di creare maggiori occasioni di sorpasso, in nome del puro spettacolo.
Attenzione: non abbiamo detto che siano piste più facili, ma semplicemente preparate in maniera diversa. Buche, canali e insidie ci sono anche dall’altra parte dell’oceano, eppure le gare risultano più facili e più coinvolgenti da seguire.
Fatta questa premessa, possiamo concentrarci sulla pista di questo weekend del WSX a Gold Coast, in Australia. Mai avremmo pensato che una gara di importanza secondaria potesse risultare più spettacolare di un round dell’AMA Monster Energy Supercross e invece…
Ora, certamente, lo spettacolo offerto in pista è merito dei piloti, e di nomi importanti ce n’erano molti: da Ken Roczen, leader di campionato, a Eli Tomac alla sua seconda uscita in sella alla KTM, fino al giovane fenomeno Haiden Deegan sulla Yamaha 450, per concludere con il Campione Supercross in carica, Cooper Webb. Insomma, i Lawrence mancavano, ma il livello era altissimo.
Certo, però, fa riflettere vedere un Cristian Craig – con tutto il rispetto per il veterano californiano – sorpassare Tomac e andare a vincere una finale. Non è una novità che i big prendano queste gare come test e occasione per arricchire il proprio portafoglio. L’obiettivo non è il risultato finale, ma partire bene e restare il più possibile lontano dai guai. Anaheim 1 e le gare veramente importanti sono dietro l’angolo: sbagliare è vietato.
Eppure… eppure… eppure a Gold Coast abbiamo visto delle gare estremamente spettacolari. Secondo noi, l’ottima riuscita dell’evento è tutta da imputare al tracciato e al tipo di fondo, particolarmente duro. Ma andiamo con ordine.
Lo stadio che ha ospitato il round australiano vanta dimensioni semplicemente imbarazzanti – e in senso positivo. La pista in sé era grandissima, larga, lunga, con spazi persino più ampi rispetto alla classica pista da Supercross americano. Questo ha permesso ai track builder di sfogare la propria fantasia e creare serie lunghe e varie, che potevano essere percorse in diversi modi. Tutto per favorire i sorpassi. Cambi di posizione che abbiamo visto spesso anche al termine della serie di whoops, rese particolarmente insidiose dal terreno duro.
Ecco, il terreno duro è stato il vero protagonista di questo round. Non c’erano canali in curva, ma soprattutto non c’erano canali nelle serie. Questo ha favorito gli incroci di traiettoria e, secondo noi, ha messo i piloti in una condizione mentale di “comfort”, per tentare dei sorpassi senza cacciarsi in situazioni pericolose. Insomma, la pista non era estremamente difficile e i piloti non erano costretti a “sopravvivere” al tracciato, come spesso accade ultimamente in America.
Che sia questa la strada da seguire per avere gare più spettacolari? Terreni più duri che permettano ai piloti di esprimersi al 100% senza indugi?
La risposta non è semplice da dare, ma osservando le battaglie di questo weekend, per noi è un sì senza alcun dubbio.