Vittore Cossalter: "La dinamica della moto. Capirla aiuterebbe anche Valentino"

Vittore Cossalter: "La dinamica della moto. Capirla aiuterebbe anche Valentino"
Antonio Gola
  • di Antonio Gola
Il luminare italiano della dinamica applicata al motoveicolo ci parla del telaio portante, del futuro dei sistemi elettronici e della potenza esagerata delle moto di oggi. Tanti i temi trattati, un po' da professore e un po' da appassionato
  • Antonio Gola
  • di Antonio Gola
9 luglio 2012

Vittore Cossalter, a tu per tu col massimo esperto italiano di cinematica della moto

In occasione dell’incontro promosso da BMW sulla Sicurezza stradale, presso l’università di Padova, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il Professor Vittore Cossalter, Ordinario di Meccanica Applicata presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova, ma soprattutto noto studioso di cinematica e dinamica del motoveicolo e consulente di varie case motoclistiche.
Prima di tutto siamo stati ospiti del suo laboratorio di ricerca sulla dinamica del veicolo, il Motorcycles Dynamics Research Group, dove ci ha mostrato da un lato i suoi lavori (la moto Victoria, i “tricicli” Tesi ed E-Snake), dall’altro i sofisticati sistemi di ricerca sviluppati negli anni: banco per la misura del baricentro, piattaforma per le misure inerziali, banco per la determinzione delle frequenze proprie e modi di vibrare dei telai e il simulatore di guida della motocicletta.

Il gruppo di ricerca lavora con le principali aziende italiane ed estere

Negli anni, con l’ingegno di un gruppo di ricerca più o meno assitito dall'industria, si è costituito un gruppo di livello internazionale che fornisce servizi di consulenza alle aziende, (da Aprilia ad Harley-Davidson, da BMW a Michelin) e rappresenta un indiscutibile punto di riferimento per lo studio della dinamica del veicolo.
Di assoluto interesse è il banco prova per gli pneumatici, costruito dal centro di ricerca, che ha consentito lo sviluppo di un modello matematico dello pneumatico e ha destato l’interesse di Michelin. Il banco consente il rotolamento dello pneumatico su una sede stradale modificando tutti gli angoli cinematici; opportunamente strumentato consente di “caratterizzare” qualsiasi pneumatico.
Per i motociclisti più appassionati di tecnica è consigliabile una lettura approfondita dei contenuti del sito www.dinamoto.it, dove potrete trovare numerose pubblicazioni di studi sulla cinematica e dinamica della motocicletta; con un po’ d’impegno e magari una certa conoscenza di base, potrete senz’altro dare una bella sgrossata a molti concetti, dal chatter al sotto/sovrasterzo, talvolta citati con superficialità, ma molto complessi da comprendere pienamente.
 
Il laboratorio presso l'Università di Padova
Il laboratorio presso l'Università di Padova

Usciti dal labotorio, inquadriamo subito il Professor Cossalter quando ci chiede se vogliamo sentire della musica di qualità: gira l’angolo e salta sul suo Guzzi Falcone facendolo “suonare” con generose manate di gas! E' elaborato da me.... bel rombo vero?” . Alla faccia delle lavagne piene di equazioni differenziali!
Diciamolo subito: è un gran personaggio. Da più di dieci anni cerco di decifrare il suo libro di cinematica e dinamica della motocicletta (MOTORCYCLE DYNAMICS, Second Edition), lettura di livello accademico, eppure la prima impressione è quella di aver davanti un motociclista, di quelli fanatici, più che un professore di ingegneria.  Mi devo preparare sui tensori d’inerzia o sulle vittorie di Valentino Rossi?
Ci fa accomodare nel suo studio e ne approfitto subito per incalzarlo con mille domande. Si parla di tutto, anche di sport e di corse, ma è un'occasione unica per sapere cosa ne pensa di tanti argomenti un esperto di primo livello, qual è il Professore.

L'intervista a 360° col Professor Cossalter

Ma “il Professor Cossalter” è più motoclista o più professor universitario?
«Beh, motociclista! Anche perchè sull’ambiente dell’ingegneria avrei anche qualcosa da dire...».

Mi tranquillizzo, e mi preparo a una bella chiacchierata di moto, più che a una vera e propria intervista.
Qual è lo stato dell’arte della modellazione per la cinematica e dinamica del veicolo a due ruote?
«
Noi abbiamo sviluppato un nostro codice mutlibody che abbiamo anche venduto, dedicato alla motocicletta, ma si usa molto anche il ben noto Adams, prodotti nati anche per le esigenze di altri settori industriali.
Inoltre abbiamo sviluppato un metodo di calcolo chiamato della “manovra ottima” che consente l’ottimizzazione dei parametri cinematici e dinamici del veicolo su una determinata traiettoria.
Quanto siano effettivamente utilizzati oppure quanto siano proficui nell’industria è difficile da valutare, noi li abbiamo usati e li utilizziamo per molte consulenze con risultati che sono stati apprezzati. E’ ovvio che la nostra prima finalità è quella didattica.  Ma i risultati ci hanno dato soddisfazione, e ci siamo spinti alla costruzione di una motocicletta partendo dalla progettazione della dinamica che avremmo voluto raggiungere, in base alle simulazione fatte.  Certo la capacità costruttiva, per i mezzi a nostra disposizione, ha limitato l’efficacia, ma lo scopo didattico è stato pure testato in pista da un pilota professionista, mostrando una guidabilità degna di nota».

(Si tratta di Victoria, moto dalla fattura un po’ artigianale, ma con alcune unicità ciclistiche finalizzate alla ricerca della guidabilità ottima, come il forcellone a parallelogramma per la trasmissione a catena Ndr).

Nel vostro laboratorio abbiamo visto i banchi per le determinazione della posizione del baricentro e per studiare i modi di vibrare dei telai.
«Sì abbiamo misurato le dimensioni geometriche di moltissime moto, sia da strada che da competizione anche SBK. Ne abbiamo ricavato molti dati interessanti. La posizione del baricentro caratterizza molto il comportamento della moto, eppure le interpretazioni sono molto differenti da moto a moto. Ma alla fine le strade scelte convergono e l’obiettivo è lo stesso, guardi qui la posizione del baricentro delle SBK giapponesi, vede sono simili.  Noi europei invece andiamo più per la nostra strada, e non sempre facciamo la cosa giusta. 

Noi europei invece andiamo più per la nostra strada, e non sempre facciamo la cosa giusta

Faccio la moto col baricentro avanti e basso la moto impenna meno e nel rettilineo vado più veloce. Faccio la moto col baricentro indietro in alto, ho più trasferimento di carico, stacco meglio ma sopratutto in uscita di curva riesco ad accelerare prima perchè ho più carico sulla ruota dietro. Queste cose sono state recepite ad esempio da Aprilia per la RSV1000, che andava benissimo. Ma anche all’interno della stessa casa o reparto corse ci sono tensioni e filosofie diverse, di volta in volta a seconda di chi prevale la moto viene fatta in un modo o in un altro».

Aprilia: non pensa che invece la Cube sia stata troppo avanti coi tempi?
«Forse per la parte motoristica aveva un layout che avrebbe avuto sucesso qualche anno dopo con le 800, aveva le valvole pneumatiche, 3 cilindri, ma la ciclistica aveva scelto un strada troppo estrema ed aveva problemi di trazione. Ma anche altri hanno fatto scelte di assetto che non si rivelano vincenti, senza una cilistica bella regolare. Poi deve considerare che le moto sono un po’ strane, sale Stoner e non gliene frega niente della posizione del baricentro. Ma non ci dimentichiamo che ha vinto in anni in cui Ducati aveva una potenza superiore alle altre moto».

E la questione del motore portante al posto del telaio?
«Secondo me la flessibilità è connessa con la sensibilità del pilota, nel senso che se io faccio una cosa che vibra con frequenze e modi di vibrare strane, il pilota non capisce più niente. Tant’è vero che Valentino ha detto che l’anno scorso è caduto 16 volte, ora è la stessa cosa, non va forte, ma almeno non cade più. Dando per scontato che il telaio deve essere flessibile, bisogna dargli una flessibilità il più possibile lineare e uniforme, una cosa si comporta generalmente bene quando ha un comportamento lineare ed è più percepibile. Non sempre si lavora irrigidendo certe volte si rende più flessibile per cercare uniformità di comportamento. E’ un’opinine, perché queste cose non sono mai state dimostrate, però quella del motore–telaio stressato si sa nel mondo delle corse che non funziona bene, si sa... ma Stoner avrà anche detto che a lui andava bene».

Nel mondo dell’auto l’invenzione della tecnologia ABS ha portato all’ESP ed al controllo attivo della dinamica, è possibile una evoluzione simile per le due ruote?
«Secondo gli elettronici sì, secondo me tutto quello che manca è il controllo di imbardata, ma se devo avere una moto che quando vado in giro mi pinza un po’ di qua e un po’ di là per farmi curvare, io sinceramente vado in giro col mio Falcone! Bisogna vedere cosa vuole il motociclista, la motocicletta non è solo un veicolo, innanzi tutto deve esser bella, deve piacere. La moto è molto connessa con l’arte...».
 

Gli strumenti di controllo della dinamica sono montati sulla Honda CBR 1000 RR
Gli strumenti di controllo della dinamica sono montati sulla Honda CBR 1000 RR

Si alza, cerca nella sua libreria il catalogo della famosa mostra The art of Motorcycle, Guggenheim 1998 New York.
«La moto è il veicolo in cui il fattore umano ha più importanza, è molto connessa con l’arte, il motociclista si sente un po’ diverso dagli altri, la motocicletta dà una sensazione di libertà che solo il volo può dare.  E dopo... perché è bella la motocicletta? Perché è pericolosa, perché è instabile».

Ma quindi lei, luminare della ricerca universitaria in questo campo, dice sostanzialmente che non ha senso spingere l’evoluzione oltre un certo punto perché la moto è passione?
«Certo, certo, secondo me no. Chiaro che però ci sono categorie, come gli scooteristi, che vorranno avere quello che trovano sulle automobili».

Ma allora l’ABS, il traction control?
«Il motociclista vuole essere padrone del mezzo, ma questi due sistemi non entrano in funzione normalmente, non sono “invasivi”, sono una comodità che qualora servisse c’è, e tipicamente quando serve c’è una situazione di pericolo».
 

Penso che anche Valentino Rossi, se facesse un corso di Dinamica e riuscisse a capire perché la moto ha questo comportamento, andrebbe ancora meglio

Quindi non toglie nulla al motociclista, è una mano elettronica che interviene quando serve.
«Certo; ora, io dico una cosa, è vero che la moto è pericolosa, ma comunque non va snaturata, piuttosto le persone devono essere più consce, andare più piano, essere più consapevoli dei propri limiti e dei pericoli dell’ambiente in cui ci si muove, ma soprattutto usare il mezzo per quello che è.  Anche la bicicletta da corsa è pericolosa, forse anche di più, ma perchè sulla bicicletta non c’è nessuna sistema di sicurezza?».

Negli ultimi anni il ruolo dell’ingegnere nelle corse ha avuto una importanza crescente anche ai box, rispetto al tecnico, prima per l’ingresso di raccolta dati/telemetria poi per l’avvento dell’elettronica, pensa sia un fattore positivo oltre che un’opportunità in più per tanti giovani?
«Penso di sì, e sicuramente è un’opportunità. Prima era più tutto in mano a questi personaggi, che ci sono ancora, che hanno una grande esperienza e magari hanno anche delle idee sbagliate, però in base alla loro esperienza danno dei suggerimenti.  Io credo che la conoscenza dei fenomeni fisici aiuti anche il pilota ad andare meglio e in maniera più sicura. Penso che anche Valentino Rossi, se facesse un corso di Dinamica e riuscisse a capire perché la moto ha questo comportamento, andrebbe ancora meglio.  La conoscenza paga sempre. C’è molto folkore, basti pensare a quanto vengono chiamati in causa gli effetti giroscopici.

Siamo in un momento di crisi economica e il neopresidente di Confindustria Squinzi ha subito sottolineato l’importanza della ricerca tecnologica per la competitività dell’impresa italiana; come valuta il rapporto tra le case motociclistiche ed i centri di ricerca universitario come il suo?
«Adesso è il momento della crisi, ma con Aprilia avevamo notevoli contratti di ricerca, con Harley-Davidson e BMW, con Michelin e Dunlop. Bisogna anche dire che i contratti di ricerca sono sempre stati spinti anche da fondi di ricerca statali ed europei. In questo momento oltre alla crisi economica c’è secondo me anche una crisi della motocicletta. Le case hanno inseguito per anni le superpotenze, ma ora non si vendono. Guardiamo il Giappone, quelle moto le comprano per andare in pista.  Dopo la corsa per la strapotenza ora si guarda il design, da mezzo di trasporto la moto è più un oggetto posseduto per il piacere di averlo, e i numeri delle vendite calano.
E poi la mortalità... non cala. E’ il mondo delle moto che sembra un po’ in crisi, era un mondo che aveva un target, la potenza, ma ora che è stata raggiunta sembra che ci siamo svegliati scoprendo di aver raggiunto qualcosa che non ci serve. Nella società la moto è ritenuta pericolosa, ma le istituzioni non hanno fatto molto. Non si è mai tenuto conto che una parte della società vuole correre con la moto, si dovrebbe avere in ogni provincia una pista».
 

Il simulatore di guida
Il simulatore di guida

Come il campo da calcio.
«Esatto, ma se parliamo di queste cose ai politici dicono: ma come, facciamo una pista per questi quattro teppisti che vogliono correre?  Se un ciclista va in discesa a 90 all’ora è bravo, se un motociclista sale in moto alla stessa velocità è un teppista, è un po' una questione di cultura che molti motociclsti hanno contribuito a formare. Ma alla fine la gente che vuole correre lo fa comunque, in strada però.  Anzichè riempire di autovelox, basterebbe risolvere l’esigenza di chi vuole correre con la possibilità di farlo in sicurezza».

Avrei continuato ancora a lungo, perché chiaccherare di moto con così tanto piacere non è proprio comune, un’inesauribile fonte di autorevoli opinioni. Ma è giunta l’ora dei saluti.

Grazie mille, la lascio ai suoi studenti; un’ultima cosa, mi autografa il suo libro?
«Certo. A presto».

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