Nico Cereghini: "Tino Brambilla e l’aquila sul serbatoio"

Nico Cereghini: "Tino Brambilla e l’aquila sul serbatoio"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Gli ottant’anni di un pilota famoso che a fine carriera si buttò di nuovo nella mischia come un ragazzino, con la Guzzi V7 Sport. Una storia attualissima: gli anni delle sfide epiche tra le grandi Case stanno tornando | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
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4 febbraio 2014

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Ciao a tutti! Giovedì scorso, 30 gennaio, Tino Brambilla ha fatto gli ottant’anni festeggiato da un mucchio di amici. Avrei voluto esserci anch’io ma ero lontano da Monza. Tino è stato un grande campione degli anni Cinquanta e Sessanta, prima con le moto (MV Agusta e Bianchi soprattutto) e poi con le auto di Formula sfiorando addirittura la F1. Nel ’69 avrebbe dovuto schierarsi con la Ferrari al GP d’Italia a Monza, era già iscritto, ma qualche giorno prima della gara cadde al curvone con la moto e si scarnificò tutto il lato B.

Oggi Tino dice che rinunciò perché la monoposto di Enzo Ferrari era poco competitiva, tanto che Rodriguez finì sesto a due giri. Ma a suo tempo me la raccontò diversamente. C’era suo fratello Vittorio che provava la Paton 500, lui volle farci un giretto e così com’era, in pantaloni e maglietta, si fece prestare il casco e via. Cadde al curvone, strisciò sulla schiena per un centinaio di metri, e quando si rialzò non aveva più i calzoni. «Cercavo di coprirmi -disse ridendo- ma sotto la cintura non c’era più la stoffa. Solo dopo un po’ mi sono reso conto che anche il sedere e la schiena erano consumati». Di entrare nell’abitacolo della F1 non se ne parlò.

Brambilla: In mezzo alla curva ho dato un’occhiata all’aquila sul serbatoio, piegavo così tanto che lei, per la paura, aveva tirato dentro le ali


Tino Brambilla e il fratello Vittorio erano una cosa sola. La passione e il gusto della sfida li hanno resi leggendari. Così nessuno si stupì quando, a fine carriera, si buttarono sulle prime gare delle derivate di serie: insieme, con la Guzzi V7 Sport. Io correvo con la Laverda SFC, tra le squadre c’era una profonda rivalità, una volta Vittorio mi corse dietro con una chiave del 36 per una parola di troppo, nei box e in pista ce le davamo di santa ragione, ma poi alla sera si scherzava tutti insieme. La più bella frase di Tino Brambilla descrive la gran piega che si faceva nel curvone: «In mezzo alla curva ho dato un’occhiata all’aquila sul serbatoio, piegavo così tanto che lei, per la paura, aveva tirato dentro le ali». Poi ci furono i disastri del maggio e del luglio 1973, cinque morti, e tutto cambiò.

Ma quei tempi e quell’atmosfera stanno tornando, ed è questa la bella notizia. Penso alla Superbike. Sta per partire una stagione che pare ritagliata dalle riviste degli anni Settanta, due grandi case a confronto, Ducati contro Aprilia, Gigi Dall’Igna contro Romano Albesiano, due reparti corse impegnati a fondo per vincere una sfida che potrebbe diventare epica. Ci sono tutti gli ingredienti per divertirci davvero: due formule tecniche a confronto, il bicilindrico contro il V4, e poi i piloti, anche italiani, e appunto i due ingegneri, Dall’Igna che dall’Aprilia è passato in Ducati, Albesiano che ha preso il suo posto. Qualche frecciata tra i due schieramenti è già partita, e magari i nostri eroi si scambieranno un mucchio di complimenti nelle prime interviste perché è così che bisogna fare. Ma in realtà si giocano tutto: competenza, storia e credibilità. Vinceranno lo sport, lo spettacolo e forse vincerà anche il migliore.

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