Nico Cereghini: “Grazie, Babbo Natale, non mi serve niente”

Nico Cereghini: “Grazie, Babbo Natale, non mi serve niente”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Ho scritto la mia letterina a Babbo Natale, gli ho detto che non mi occorre nulla, che mi diverto come un matto. Vivo in un grande videogioco tra buche, smartphone, targhe svizzere e scooteristi pazzi
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
24 dicembre 2018

Ciao a tutti! Auguri, tanti auguri anche da parte mia, buon Natale e buon anno e buone feste! Avete scritto a Babbo Natale? Io l’ho fatto e gli ho detto che non ho nulla da chiedergli, che sono fortunato, che tutto quello che potevo desiderare già ce l’ho. A Milano ho tante belle buche sulle strade, magari meno spettacolari di quelle di Roma ma sufficienti per allenare a fondo gambe e braccia, così mi tengo in forma; ho quelli che al volante di ogni mezzo smanettano alacremente sullo smartphone e sfidano tutti i giorni i miei riflessi in un magnifico videogioco sempre nuovo, ho i padroni dei cani che portano le loro creature a far pipì sulle mie gomme per tenerle belle fresche d’estate, ho certi taxisti che mi gettano addosso i loro mozziconi di sigaretta e mi scaldano i pantaloni e la giacca d’inverno, ho gli amici scooteristi che passano col rosso in ogni stagione ed è divertentissimo schivarli in tutti i modi. Non ho i vigili: loro ormai stanno tutti in ufficio e invece qualche volta ci vorrebbero, ma se penso che da ragazzo mi bastava uscire da una curvetta un po’ piegato e il “ghisa” mi dava la multa per guida pericolosa, beh allora sono felice che stiano in ufficio.

E tutti quei semafori cittadini sono una risorsa unica, vera arte, ad ogni semaforo rosso va in scena la rappresentazione teatrale della MotoGP. C’è lo scooterista che deve arrivare per forza in prima fila di fianco a Marc Marquez e lo spazio per passare non ci sarebbe ma lui lo trova a spallate; c’è la gara a guadagnarsi la pole senza il fastidio di dover poi rispettare nè la linea bianca nè la luce verde, perché la Race Direction mica c’è e non si rischia il ride through. Ogni moto o scooter che arriva ci si sposta tutti un metro più avanti facendo finta di niente, se siamo in tanti arriviamo a occupare mezzo incrocio. E alla fine, qualche frazione di secondo prima del verde, scatta una bellissima gara in linea, una festa. Divertentissimo.

Se esco fuori città? Lo spasso cresce. Il videogioco offertoci dai fanatici dello smartphone diventa ancora più vario e appassionante, perché aumentano le velocità e cresce la mole dei veicoli; schivare un Tir che in autostrada invade la tua corsia (e fare in tempo a registrare la sagoma dell’autista chino sul suo dispositivo) vale almeno 100 punti, scartare un’auto che ti viene incontro con due ruote già oltre la riga bianca perché il pilota viaggia a testa bassa ne vale 75, e poi evitare certe buche non frutta meno di 50 punti. Le voragini sulle statali e sulle provinciali sono sempre più grandi e profonde, sulle strade appenniniche viviamo esperienze paragonabili soltanto alla Dakar (e risparmiamo i 15.000 euro dell’iscrizione, una gran bella fortuna). E poi troviamo di tutto, incrociamo un'umanità al volante sempre più pittoresca: chi gira e non mette le frecce, chi non mette gli occhiali e ci vede poco, chi ha passato i cento anni e non sa più dove si trova, chi trova superfluo guardare nello specchietto, chi non accende i fari nella nebbia, chi guida ubriaco, chi sotto l’effetto degli stupefacenti, chi non ha neanche la patente, chi non fa l’assicurazione, chi circola con la targa straniera e può filare a 200 all’ora perché tanto non paga le multe. Anzi, neanche le riceve. E’ bellissimo.

Caro Babbo Natale, gli ho scritto, questa cosa delle auto con targhe straniere, tedesche e svizzere soprattutto, mi fa divertire tantissimo. Ogni volta che le incrocio in città – e sono minimo dieci volte al giorno, sono già incappato tre volte nello stesso scooterone targato Francoforte... – mi piace studiare il tipo al volante; se è sospetto, se mi pare uno dei nostri, gli butto lì una richiesta qualunque nel dialetto meneghino che riesco a mettere insieme (“duv’è che devi svultà per andà al Curvett?”) e novanta su cento quello ci casca, si dimentica di avere la targa estera e mi risponde a tono. Allora chiudo con un vaffa liberatorio: “ma và a ciapà i ratt, svizzer da cinq ghei!” Uno spasso. Insomma, caro Babbo, per quello che mi riguarda puoi dimenticarti della slitta e restare a casa a riposare. Tutto quello che mi può divertire già ce l’ho. E mi avanza.

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