Moto Guzzi 8 Ore di Suzuka

Moto Guzzi 8 Ore di Suzuka
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Ispirata alla classica dell'Endurance questa special Guzzi di Davide Caforio che incarna un sogno: una bicilindrica di Mandello capace di battere le velocissime quattro cilindri giapponesi negli anni 80 sulla loro pista di casa
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
23 settembre 2013

 La 8 Ore di Suzuka è una delle grandi classiche dell'Endurance. E' forse un filo meno evocativa delle 24 ore, non proponendo lo spettacolo da pelle d'oca delle moto che squarciano il buio della notte con i loro fari e l'ululato dello scarico, ma chi ha mai visto le immagini degli ultimi giri corsi al tramonto ne conosce bene il fascino. Si tratta anche di una gara che fin dalla sua prima edizione, quella del 1978, ha messo sugli scudi solo ed esclusivamente moto giapponesi. Una gara che, nelle parole del grande Youichi Oguma (grande capo di HRC fra anni 80 e 90), per le Case giapponesi "vale quanto un mondiale in 500".

 

Nasce pensando a questo dominio nipponico questa Moto Guzzi che il tuner Davide Caforio, meglio noto come "RuoteFiere", ha voluto trasformare in uno splendido tributo alle moto da Endurance anni 80. La Moto Guzzi non ha mai trionfato alla 8 Ore di Suzuka - e per la verità non sappiamo nemmeno se vi abbia mai corso - ma Davide ha voluto concretizzare con questo suo progetto una sorta di sogno. L'idea che in una realtà alternativa una Guzzi abbia lottato, e magari vinto, contro le velocissime superufficiali nipponiche ai tempi d'oro della 8 Ore.

 

L'estetica di questa Guzzi, nata come Le Mans MkIV ed ultimata lo scorso anno, è sicuramente riuscitissima: muscolosa e aggressiva, trasforma un certo squilibrio fra i volumi in un elemento distintivo che sintetizza l'essenza delle moto da corsa dell'epoca. La carenatura in vetroresina è realizzata su misura ispirandosi liberamente alle Yamaha TZ da GP; il serbatoio è anch'esso realizzato in alluminio su misura, mentre le pedane sono la replica perfetta di unità montate sulle Bimota dell'epoca.

 

Il propulsore è stato notevolmente rinvigorito, portanto la cilindrata a 1150 ed adottando teste a doppia accensione e valvole maggiorate comandate da alberi più spinti e il volano è stato alleggerito. Il telaio è stato modificato ed alleggerito; il comparto sospensioni conta su un monoammortizzatore WP fissato ad un forcellone in alluminio e su una forcella Marzocchi con steli da 42mm, tenuta sotto controllo da un ammortizzatore di sterzo Bitubo. I cerchi, coerentemente con il periodo a cui la moto fa il verso, sono da 16" all'anteriore e 18" al posteriore, mentre i freni sono Brembo serie Oro.

 

Foto: BikeEXIF

 

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