Massimo Clarke: “Le pastiglie dei freni e la loro tecnologia”

Massimo Clarke: “Le pastiglie dei freni e la loro tecnologia”
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Questi componenti sono il risultato di un imponente lavoro di ricerca e sviluppo, che si è prolungato negli anni e che oggi consente di ottenere prestazioni eccellenti, abbinate a una elevata durata | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
20 marzo 2013

 

Tanto la nostra sicurezza quanto le prestazioni, se amiamo la guida sportiva (e più ancora se andiamo in pista), dipendono in misura fondamentale dalla efficienza dei freni e dal loro comportamento nelle più svariate situazioni. Uno spazio di arresto per quanto possibile ridotto è sicuramente essenziale ma non è comunque tutto. I freni infatti devono essere in grado di mantenere la loro efficacia anche se sollecitati intensamente e in maniera ripetuta, devono poter trasmettere al pilota un adeguato feeling, devono essere potenti ma non troppo bruschi a livello di “bite” iniziale e risultare sempre sinceri in quanto a modulabilità. Si tratta di esigenze non certo facili da soddisfare appieno, date anche le strabilianti prestazioni delle moderne moto sportive e il livello di sollecitazioni che ne deriva.
 

Così come il pneumatico trasmette le forze al suolo, tanto trasversali quanto longitudinali (ossia acceleranti e frenanti), grazie alla aderenza con il fondo stradale, le pastiglie agiscono sul disco, ostacolandone in misura maggiore o minore la rotazione, grazie all’attrito. Lo svolgimento della loro funzione è quindi accompagnato dallo sviluppo di una quantità di calore che può essere imponente, nel caso di rapido rallentamento da velocità elevate o di azionamento prolungato (come ad esempio può accadere nelle lunghe discese).


Sotto pressione


Facendo riferimento al solo freno anteriore, la forza che il pilota esercita sul comando al manubrio subisce un primo aumento
“meccanico” (si tratta di una leva, no?) e quindi un secondo, di entità assai superiore, grazie al sistema idraulico composto dalla pompa, dalla tubazione flessibile e dalla pinza. Anche in questo caso l’incremento della forza viene ottenuto a scapito dello spostamento, sicché il prodotto (forza x spostamento = energia, ovvero lavoro) rimane invariato. Il liquido idraulico, messo in pressione dalla pompa, agisce sui pistoni della pinza. Siccome una forza divisa per una superficie è eguale a una pressione (che nel nostro caso viene generata a livello della pompa) e viceversa una pressione moltiplicata per la superficie sulla quale agisce (quella dei pistoni della pinza) è eguale a una forza, è ben chiaro come svolge il suo compito il circuito idraulico di comando.


Dunque, sui pistoni agisce una notevole forza che è quindi quella con la quale le pastiglie serrano il disco. Per avere un’idea dei valori in gioco, con una pressione nel circuito di 30 bar un pistone del diametro di 32 mm trasmette alla pastiglia una forza di 240 kg, valore che sale a 300 kg per un pistone da 36 mm. Questo significa che in una pinza a quattro pistoni con diametri differenziati (32/36 mm), le pastiglie serrano il disco con una forza complessiva di oltre una tonnellata (540 kg per ogni lato). Il materiale di attrito delle pastiglie deve sopportare quindi forze di compressione molto elevate e al tempo stesso deve resistere alle forze di taglio dovute alla rotazione del disco (che, per via dell’attrito, tende a staccare e a trascinare con sé gli strati più esterni). 

Termografia di una pastiglia sotto sforzo
Termografia di una pastiglia sotto sforzo


Alte temperature


I dischi possono raggiungere temperature dell’ordine di 400-500 °C (e perfino 600 °C, nel caso di quello posteriore) e questo contribuisce a dare un’idea di quanto siano gravose le condizioni di lavoro delle pastiglie anche sotto l’aspetto termico. Per inciso, le temperature che vengono raggiunte dipendono dalla forza frenante, dalla durata della frenata, dal numero di frenate nell’unità di tempo e dallo spessore del disco.

 


Come sono costruite


Una tipica pastiglia è costituita da una piastrina di acciaio dolce (sulla quale agiscono i pistoni della pinza) e da uno strato di materiale di attrito (che va a contattare il disco) applicato su di essa. La piastrina ha la funzione di supporto e serve a ripartire le forze. Le caratteristiche funzionali, ovvero le prestazioni, sono determinate dalla composizione del materiale d’attrito. Come avviene per le mescole dei pneumatici anche in questo caso i produttori sono estremamente riservati e non rivelano quali ingredienti impiegano e in quali quantità. A ogni modo, i materiali d’attrito si dividono in due grandi categorie: quelli sinterizzati e quelli organici. Questi ultimi non di rado vengono contraddistinti da denominazioni colorite e fantasiose, ma una cosa è certa: tutti i materiali che non sono sinterizzati rientrano nella ampia categoria degli organici.


La ricetta segreta


I componenti delle mescole organiche sono in genere piuttosto numerosi (non di rado sono una ventina), ma possono essere fondamentalmente divisi in alcuni gruppi ben distinti, che svolgono funzioni differenti. Abbiamo così le “cariche”, le fibre (organiche e inorganiche), i leganti, gli abrasivi e i lubrificanti, per fare una suddivisione di massima. I leganti sono costituiti da resine termoindurenti e da gomme, i metalli impiegati (sotto forma di piccoli pezzi di filo) sono l’acciaio, l’ottone e il rame, tra le fibre organiche spiccano quelle aramidiche e quelle di carbonio (ma ne vengono anche impiegate diverse altre). Le cariche sono componenti inerti, in genere di natura minerale, aventi funzione di “riempitivi” strutturali. Gli abrasivi sono particelle dure che servono a mantenere pulito il disco, mentre i lubrificanti hanno effetti positivi sulla stabilità della frenata, sulla durata e sulla silenziosità di funzionamento.

 

Le pastiglie sinterizzate vengono ottenute partendo da una miscela di polveri metalliche, più modeste quantità di abrasivi e di lubrificanti; il procedimento di produzione prevede una forte compattazione sotto una pressione molto elevata e una sinterizzazione, durante la quale i granuli metallici si saldano l’uno all’altro, che ha luogo ad alta temperatura.
Con le pastiglie sinterizzate non occorre un “rodaggio termico” nel primissimo periodo di impiego; basta un assestamento meccanico. Gli intagli presenti nel materiale d’attrito (sia sinterizzato che organico) servono per lo scarico delle polveri che si formano durante l’uso e per ridurre l’”effetto bimetallica”, derivante dal diverso coefficiente di dilatazione della piastrina e del materiale d’attrito.

 


Un mondo di specialisti


Quello delle pastiglie dei freni è un mondo di specialisti, nel quale spicca la Brembo, i cui prodotti, giustamente famosi a livello mondiale, vengono impiegati dai più importanti costruttori di moto e da case automobilistiche di alto livello. L’azienda bergamasca dedica una ampia parte della sua attività alla ricerca e allo sviluppo, fondamentale per soddisfare esigenze via via più severe, che si traducono in prestazioni sempre più elevate e in una sicurezza sempre maggiore.

Le tipologie di moto sono numerose e così i tipi di impiego; per questa ragione la Brembo offre agli appassionati una ampia gamma di pastiglie freno, da quelle racing (con elevato coefficiente d’attrito alle alte temperature, ma “bite” ridotto a freddo) alle road, con coefficiente di attrito assai buono alle basse temperature, ma meno efficaci alle alte. C’è anche una tipologia intermedia tra queste due, studiate rispettivamente per l’impiego in pista e a quello stradale. La gamma è completata dalle pastiglie off-road e da quelle per gli scooter.

Non esiste la mescola “universale”, ma è sempre possibile individuare quella ottimale, per ciascun tipo di moto e di utilizzazione!

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