Massimo Clarke: la cinghia dentata compie 50 anni

Massimo Clarke: la cinghia dentata compie 50 anni
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Nelle auto ha rivoluzionato la scena motoristica ed è stata determinante per l’affermazione definitiva delle distribuzioni mono e bialbero. In campo moto le cose sono andate diversamente… | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
26 gennaio 2012


In principio fu l'auto


Fino all’inizio degli anni Sessanta, se si escludono quelli da competizione, i motori automobilistici con uno o due alberi a camme in testa erano riservati quasi esclusivamente a pochi modelli molto sportivi o particolarmente raffinati sotto l’aspetto tecnico, realizzati da case come la Ferrari, l’Aston Martin e la Maserati (che venivano prodotti in numeri assai limitati). Ad essi si aggiungevano, nell’ambito della produzione di serie, le splendide realizzazioni della Jaguar e dell’Alfa Romeo, costruttori che per diverso tempo hanno mostrato chiaramente la direzione da prendere, con i loro eccellenti motori bialbero. C’erano stati in precedenza degli altri esempi, ma sempre prodotti in numeri modesti e quindi senza alcuna pretesa di passare alla grande serie. Leggermente meglio era andata per i monoalbero; spicca in questo caso la Lancia, che aveva impiegato una distribuzione di questo tipo su diversi modelli, tra i quali l’Aprilia, capolavoro degli ultimi anni Trenta,e la piccola Ardea, ma poi era tornata alla più economica soluzione ad aste e bilancieri. Negli anni Cinquanta la Mercedes Benz era passata con decisione alle teste monoalbero con comando a catena duplex, ma le sue erano realizzazioni molto raffinate e piuttosto costose. Tra le piccole cilindrate solo la NSU aveva intrapreso con decisione questa strada (nel bicilindrico della Prinz l’albero a camme veniva azionato per mezzo di due biellette, ovvero con il sistema “Ultramax”, già impiegato con grande successo dalla casa tedesca in campo moto).
 

Ciò che maggiormente ostacolava la diffusione delle distribuzioni con uno o due alberi a camme in testa era la difficoltà di realizzare un sistema di comando silenzioso, di costo contenuto e soprattutto affidabile e longevo. Tanto l’Alfa Romeo quanto la Jaguar avevano fatto ricorso a uno schema a doppio stadio, con due catene di lunghezza contenuta, che agevolava il superamento di due problemi piuttosto sentiti all’epoca: la difficoltà di realizzare tenditori veramente efficaci e affidabili e la mancanza di sistemi antisbattimento davvero all’altezza. Le catene di distribuzione erano (e sono tuttora) soggette infatti a oscillazioni che, nel caso di rami di lunghezza considerevole, potevano risultare di entità decisamente cospicua. Un unico tenditore, per quanto efficace, non è sufficiente, quando la distribuzione è mono o bialbero, dato che agisce su di un solo ramo della catena (quello più importante, d’accordo, ma anche l’altro è soggetto a oscillazioni, data la rotazione non uniforme degli alberi a camme).

L'Isar S 1004

Primo motore di serie con cinghia dentata (Isar  S 1004, 1962)
Primo motore di serie con cinghia dentata (Isar S 1004, 1962)

Proprio cinquanta anni fa, nel 1962, è entrata in produzione una vettura che non ha lasciato una traccia profonda nella storia dell’auto ma alla quale va un grande merito, quello di essere stata la prima ad impiegare una cinghia dentata per il comando della distribuzione, mostrando così una strada di straordinaria importanza per l’evoluzione dei motori automobilistici. Si trattava della tedesca Isar S 1004 con motore a quattro cilindri di 993 cm3 progettato da Leonhard Ischinger. Nella testa era alloggiato un albero a camme che veniva comandato da una cinghia dentata in gomma sintetica nella quale erano annegati degli inserti resistenti realizzati con fili di acciaio; la parte interna era dentata e consentiva la trasmissione sincrona del moto dalla puleggia montata alla estremità dell’albero a gomiti a quella dell’albero a camme (dotata ovviamente di un numero doppio di denti).


La comparsa delle cinghie dentate


Le cinghie dentate hanno fatto la loro comparsa all’inizio degli anni Quaranta e hanno trovato le prime applicazioni, in campo industriale e sulle macchine per ufficio, verso la fine di tale decennio. Per la verità già nel 1956 un artigiano-preparatore americano, Bill Devin, aveva fatto ricorso al sistema a cinghia dentata per il comando della distribuzione bialbero in una vettura da competizione di piccola cilindrata dotata di motore a due cilindri contrapposti, ma la cosa non aveva avuto alcun risalto ed era finita lì.

La Isar S 1004 è stata prodotta in oltre 24.000 esemplari ed ha dato origine a modelli come la 1204 e la Glas 1300 GT (prodotta dal 1964 al 1967). La validità del sistema adottato per il comando degli alberi a camme e gli ottimi risultati forniti da questi motori tedeschi hanno destato rapidamente l’interesse di altri costruttori. Nel 1966 hanno fatto la loro comparsa altre due vetture che impiegavano una cinghia dentata per il comando della distribuzione: la Pontiac Tempest con motore monoalbero a sei cilindri in linea di 3,8 litri e la Fiat 124 Sport Spider (subito seguita dalla 125), con motore bialbero progettato dal grande Aurelio Lampredi. Nei due anni successivi le cinghie dentate sono state adottate dalle inglesi Vauxhall (per i motori del modello Victor) e Ford, per il quadricilindrico BDA, sviluppato dalla Cosworth. Oramai la strada era aperta definitivamente; per quanto riguarda il periodo immediatamente successivo, basta ricordare i motori della Fiat 128 (1969), delle Ford Taunus, Cortina e Pinto (1970), della Alfasud (1972) e via via dai vari modelli del gruppo Audi - Volkswagen (dal 1973). Oggi ben oltre il 60 % dei motori di fabbricazione europea utilizza le cinghie dentate per il comando della distribuzione.

Com'è fatta

Cinghia dentata per comando distribuzione e accessori
Cinghia dentata per comando distribuzione e accessori

Una cinghia dentata è tipicamente formata da un corpo in neoprene (nome diffusamente impiegato per indicare il policloroprene) nel quale sono annegati degli inserti resistenti inestensibili, costituiti da fibre di vetro avvolte (l’acciaio è stato rapidamente abbandonato) a formare delle vere e proprie funicelle dette cords. Sul lato di lavoro vi sono dei denti, destinati ad impegnarsi nelle pulegge e a trasmettere il moto, sui quali è applicato uno strato protettivo in tessuto di nylon. Esistono anche delle cinghie con dentatura su entrambi i lati. L’evoluzione della quale questi organi sono stati oggetto ha portato a un importante cambiamento della geometria dei denti, oggi arrotondati e non più a profilo trapezoidale, con conseguente miglioramento della durata e aumento della coppia trasmissibile (a parità di larghezza). Per impieghi gravosi vengono realizzate cinghie con inserti in fibra aramidica (Kevlar). Oggi nella maggior parte dei casi il corpo è in gomma nitrilica idrogenata, materiale dalle caratteristiche nettamente superiori rispetto al neoprene.


Vantaggi


I punti di forza delle cinghie dentate sono costituiti, tanto per cominciare dalla economicità e dalla semplicità di installazione. Costano meno delle catene e il sistema di tensionamento e di guida è più semplice. Non vi è alcuna esigenza di lubrificazione (queste cinghie devono lavorare a secco!). Molto apprezzata è la grande silenziosità di funzionamento. Il rendimento è molto elevato e si pone all’incirca a livello di quello delle catene. Il dorso della cinghia (cioè il lato opposto a quello dentato) può essere impiegato per azionare dispositivi come la pompa dell’acqua.


Svantaggi


Il rovescio della medaglia è costituito dalla durata, notevolmente inferiore a quella delle catene, con conseguente necessità di sostituzione periodica (la vita utile varia a seconda dei casi, ma difficilmente supera i 120.000 km). In questo campo comunque di recente sono stati compiuti notevoli passi in avanti. All’atto della installazione, alla cinghia deve essere impartita la corretta tensione, cosa che talvolta può creare delle difficoltà ai meccanici che operano al di fuori della rete ufficiale (le prescrizioni variano da casa a casa).
L’ingombro assiale delle cinghie (cioè la larghezza) è notevolmente superiore a quella delle catene e la precisione di comando leggermente inferiore (il massimo, in questo senso, sono gli ingranaggi).


Le prime cighie sulle moto

Pantah, inizio anni Ottanta, bicilindrico Ducati. La TT2 era da corsa, con motore derivato dalla serie
Pantah, inizio anni Ottanta, bicilindrico Ducati. La TT2 era da corsa, con motore derivato dalla serie

Sulle moto le cinghie dentate sono arrivate più tardi e hanno avuto una diffusione di gran lunga minore. Nel 1971 la Ducati 500 bicilindrica da GP sviluppata da Renato Armaroli a livello di teste e di distribuzione utilizzava una di esse per comandare i quattro alberi a camme (due per ogni cilindro). Alla fine dello stesso anno è stata presentata la Morini 3 1/2, che sarebbe entrata in produzione quasi due anni dopo; si trattava della prima moto di serie con distribuzione (ad aste e bilancieri, in questo caso) comandata da una cinghia dentata. Nel 1975 è stata la volta della Honda, con il quadricilindrico boxer della Gold Wing 1000, di chiara ispirazione automobilistica. Due anni dopo la Ducati ha presentato la bicilindrica Pantah, con distribuzione monoalbero desmodromica comandata mediante due cinghie dentate (una per ogni cilindro). Era l’inizio di una nuova era per la casa bolognese: i diretti discendenti di quel motore, incredibilmente sviluppati nel corso degli anni, sono tuttora in produzione.

Negli anni Ottanta hanno adottato la cinghia dentata per il comando della distribuzione i monocilindrici Rotax (500 e 350 monoalbero raffreddato ad aria) e Gilera (Dakota, evolutosi poi per equipaggiare moto come la RC 600 e la NordWest…).
Nella seconda metà del decennio è cominciata la gloriosa storia delle Ducati bicilindriche con raffreddamento ad acqua e teste bialbero a quattro valvole. Anche in questo caso la distribuzione era comandata da due cinghie dentate. Dalla 851 alla1198 è stato un susseguirsi di successi, tanto a livello di serie quanto nel campionato mondiale Superbike. Va comunque segnalato che per il suo nuovo motore “Superquadro” 1199 la casa bolognese ha adottato un comando a catena.

Negli anni Novanta spiccano tre moto con alberi a camme azionati mediante cinghie: la straordinaria Britten bicilindrica da competizione, la Honda ST 1100 (V4, con raffreddamento ad acqua) e la Guzzi Daytona 1000. Decisamente poche, in confronto a quelle con comando a catena…


Perché sono così poco diffuse nelle moto?


La scarsa diffusione delle cinghie dentate in campo motociclistico ha più di una spiegazione. Tanto per cominciare, questi organi hanno una larghezza notevolmente maggiore rispetto alle catene e, in un settore nel quale la ricerca della massima compattezza è spesso fondamentale, si tratta di uno svantaggio considerevole. Pure l’estetica spesso non è piacevole come quella che si può ottenere con un praticamente “invisibile” comando a catena (si tratta di una voce che ha il suo peso in particolare per i motori raffreddati ad aria e destinati alle naked e/o alle custom). Inoltre, le cinghie non devono lavorare a temperature elevate, e anche ciò può costituire un problema, in campo moto. Infine, c’è da tenere presente che nel caso dei motori mono e bicilindrici la rotazione degli alberi a camme è molto irregolare. Se si aggiungono le leggi delle alzate molto aggressive e gli alti regimi di rotazione, oltre al tipo di impiego al quale spesso le moto sono adibite (guida sportiva, fuoristrada, etc…), è evidente che la durata delle cinghie non può essere analoga a quella che si raggiunge in campo automobilistico. Dunque, occorre sostituirle con una notevole frequenza, e anche questo costituisce un punto a sfavore.
 

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