Il motociclista è competitivo, si sa

Il motociclista è competitivo, si sa
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Tempi difficili, e allora per distrarci un po’ proviamo a prenderci in giro. Motociclisti, gente particolare: come vi comportate al semaforo rosso? Di solito il motociclista è competitivo. Molto. Un racconto estremo, frutto della fantasia ma ispirato alla quotidiana realtà cittadina.
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
29 febbraio 2020

Il semaforo è rosso, slalomeggio agilmente tra le auto ferme nonostante i miei due quintali e passa di moto, mi affaccio tra i veicoli meglio piazzati, studio attentamente la situazione. In testa allo schieramento, tre moto sono già in prima fila allineate sulla griglia. Quanto tempo avrò per aderire alla festa? Quindici o venti secondi? E’ poco, ma in un attimo fotografo e memorizzo. La moto nella prima casella, sulla destra, è trascurabile, è una Suzuki V-Strom del diciassettesimo secolo che avrà conservato, forse, una trentina di cavalli al massimo. La cancello dalla vista, quella è gente che macina milioni di chilometri e invece del contagiri guarda il paesaggio.
La seconda moto non è esattamente una moto ma è ben più competitiva: è un T-Max recentissimo e ben gommato, scarico Termignoni Carbonio da 140 decibel, pilota con l’integrale che vuol dire motivato e probabilmente anche molto esperto. Infine all’estrema sinistra c’è una GS Adventure che in città non manca mai, ce ne saranno seicentomila solo a Milano; questa sulla terza casella presenta le tre borse d’alluminio indispensabili per attraversare il Sahara e lo scarico Akrapovic perché tutti, anche gli anziani e i bambini, sappiano che invece sei rimasto in città. Purtroppo. In sella, un omaccione di due metri che peserà centocinquanta chili; si guarda intorno truce e competitivo ma non mi inganna, appoggia entrambi i piedi a terra, non è un vero motociclista.

Il più insidioso questa volta è il T-Max. Non è il mio genere, ma sullo scatto da fermo è una bega, se il tamarro è abbastanza sveglio può fare da zero a cento in tre secondi. Vado a piazzarmi tra il dragster nippo e la bavarese mangiasabbia, sono già in folle prima di arrestarmi, solo il piede destro a terra, attento a non commettere errori. Non bisogna guardare il semaforo, non bisogna guardare direttamente i rivali, la testa bassa come se si studiasse qualcosa sul cruscotto, la mano sinistra ben lontana dalla frizione, l’ideale è appoggiarla su serbatoio. Perché bisogna dare l’impressione di essere completamente disinteressati a tutto il circondario, e intanto, però, vigili come aquile: si sorveglia semaforo e concorrenti con la coda dell’occhio. Ogni movimento deve essere lento, fino all’ultimo istante.

Il giallo si accende per l’ultimo pedone, che si leva di mezzo attraversando veloce come lo sbandieratore del Sachsering davanti alle ruote di Marquez e del Dovi. E’ il momento: la prima entra come il burro, il gas non si tocca, motore al minimo. Al verde, si sa, scatenate l’inferno. Devi sorprenderli tutti e la difficoltà è lì: scattare a bomba senza aver preparato il motore. Neanche i piloti della MotoGP sono capaci di farlo, loro puntano l’ago del contagiri al regime di coppia e poi mollano la frizione, hanno tutti i controlli elettronici ed è molto più facile. Qui invece ci vuole ancora la perfetta sincronizzazione tra frizione e gas, roba per pochi: nel momento esatto in cui spalanchi la manetta lasci veloce la frizione, non troppo lento se no la bruci, non troppo in fretta se no ti impenni o ti pianti. Dita dinamometriche, anni e anni di esperienza dal Mondialino 50 alla mille da 200 cavalli.

Il tipo massiccio della GS, l’avventuroso-per-sbaglio, è subito seminato: è ancora lì completamente  immobile, una balena spiaggiata e ciao, noi siamo già lontani. Il T-Max invece era abbastanza attento, però come avevo previsto si è fatto ingannare dalla mia recita.
La racconterà, al suo bar di Affori o di Lambrate? Mi sa che farà finta di niente, gli conviene: il malcapitato mi credeva in relax, il suo è stato un errore di valutazione, ha aperto solo al 60% e ha prodotto uno sprint di buon livello per carità - del resto la manovra è semplice con la presa diretta - però ha preso subito quattro o cinque metri di distacco. Come ha provato a reagire era tardi, la mia bambolona, quando è lanciata, diventa inesorabile. 

E anche questa è vinta, ma non è ancora il momento di rilassarsi. Ora scorgo laggiù un altro semaforo che sta passando dal verde al giallo, arriverò  al momento giusto, col rosso da poco. In mezzo agli scooter intravvedo una Honda CB 1100 R del 2018 già ben piazzata, la giornata sta cominciando proprio bene…