Gli anni d’oro dei sidecar italiani

Gli anni d’oro dei sidecar italiani
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Mezzi e piloti di una razza a parte hanno scritto pagine avvincenti nelle gare in Italia. Sia in circuito, sia in salita
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
4 marzo 2016

Tra la fine degli anni Cinquanta e la metà del decennio successivo, la grande crisi ha colpito anche il mondo sidecarristico, oltre al mercato motociclistico in generale. Le vendite delle moto erano ridicole, e la partecipazione alle gare era fortemente diminuita, rispetto al periodo precedente.

Il trofeo nazionale sidecar non fu disputato tra il 1956 e il 1966. In alcune gare in salita, però, a un certo punto ha iniziato a essere presente la categoria, con un numero di partecipanti modesto ma in fondo non tanto lontano da quello di alcune classi di moto “sciolte”. Lo spettacolo era sempre molto apprezzato dal pubblico. Anche in alcuni circuiti hanno iniziato a essere schierati i sidecar, e nel 1967 è stato nuovamente istituito il trofeo, con vittoria finale del pilota romano (di adozione) Giuseppe Dal Toè.

 

Per diversi anni Giuseppe Dal Toè è stato il miglior specialista italiano. Il suo bellissimo sidecar era dotato di un motore BMW da competizione, con distribuzione di tipo monoalbero sdoppiato. In numerose gare il suo passeggero è stato Alberto Jeva
Per diversi anni Giuseppe Dal Toè è stato il miglior specialista italiano. Il suo bellissimo sidecar era dotato di un motore BMW da competizione, con distribuzione di tipo monoalbero sdoppiato. In numerose gare il suo passeggero è stato Alberto Jeva


Dopo una stagione di interruzione (ma le gare continuavano, via via più numerose), il trofeo è tornato nel 1969, anno nel quale è stata varata la classe sidecar anche nel campionato italiano della montagna. Entrambi i titoli sono andati a Dal Toè, che era l’unico a poter disporre di un mezzo alla altezza di quelli dei migliori specialisti esteri. Il motore, in particolare, era un formidabile BMW 500 boxer con distribuzione di tipo monoalbero sdoppiato, specificamente progettato e sviluppato per impiego agonistico dalla Casa bavarese. Gli altri partecipavano con mezzi artigianali, nei quali erano installati motori di varia provenienza. C’erano alcuni Gilera Saturno monocilindrici (quello dei piemontesi Nosengo e Rosani è stato in grado di vincere il titolo della montagna ancora nel 1970!), un MV quadricilindrico, prelevato da una moto stradale e impiegato da Luigi Passamonti, e perfino un motore automobilistico Fiat (750, debitamente elaborato da Spartaco Ricci).


 

Dato che era già iniziata l’era delle maximoto hanno cominciato ad essere utilizzati diversi motori di 750 cm3 di serie. Qualcuno ha provato con il bicilindrico Laverda, ma ha potuto rapidamente constatare che non era molto adatto a questo tipo di impiego

Ben presto, dato che era già iniziata l’era delle maximoto, hanno cominciato ad essere utilizzati diversi motori di 750 cm3 direttamente prelevati dalle moto di serie. Qualcuno ha provato con il bicilindrico Laverda, ma ha potuto rapidamente constatare che non era molto adatto a questo tipo di impiego. C’è stato anche chi, come Stefano Leale, ha provato con il quadricilindrico della Honda CB 750 Four. Questo motore potente e robusto prometteva bene, ma si è rivelato troppo grosso e pesante per i sidecar da competizione. Quelli che per diverso tempo hanno trovato maggiore utilizzazione sono stati i bicilindrici boxer BMW ad aste e bilancieri della R 75/5. Oltre alla favorevole erogazione e all'ottima equilibratura, erano notevolmente avvantaggiati dalla altezza ridotta, che si traduceva nella importante possibilità di portare il baricentro del veicolo molto vicino al suolo.


 

Roberto Pedrini e Alessandro Mignani in piena azione sul loro sidecar, in questa occasione privo della carenatura. Si può notare la scritta “vigili del fuoco”…
Roberto Pedrini e Alessandro Mignani in piena azione sul loro sidecar, in questa occasione privo della carenatura. Si può notare la scritta “vigili del fuoco”…


Un discorso a sé stante merita il sidecar di Pedrini e Mignani: dopo un primo tentativo con un motore Laverda, questi due specialisti hanno utilizzato un bicilindrico Ducati, preparato e assistito nientemeno che da Giorgio Nepoti. Non per nulla il simpatico logo della scuderia NCR è dovuto all’abile mano di Roberto Pedrini, che di professione faceva il pompiere, come del resto il suo passeggero Alessandro Mignani. Questo forte equipaggio ha conquistato il trofeo nel 1975. In seguito si è imposta nel campionato della montagna (1978) e quindi nuovamente nel trofeo (1979), quando era già iniziata l’era dei due tempi da corsa (aperta dal nig di Zini e Fornaro) e il loro sidecar era azionato da un quadricilindrico Yamaha TZ.

Qualcuno aveva rivolto già in precedenza le sue attenzioni ai "due tempi", ma si trattava di quelli delle stradali dell’epoca. È il caso di Ollearo (vincitore del trofeo nel 1973 e 1974 con un motore Suzuki) e di Romairone, che si è imposto in due campionati della montagna (1974 e 1977) con il tricilindrico Kawasaki.

Gli specialisti dei sidecar provenivano da varie regioni d'Italia. Per un certo periodo a Roma c’è stata una vera e propria scuola, con Dal Toè, Passamonti, Giangiuliani, Ricci e Soli. Fortemente orientati verso le gare in salita erano i sidecarristi liguri e piemontesi. Molto attivi, anche dal punto di vista tecnico erano gli emiliani, tra i quali spiccano gli ultimi paladini del "quattro tempi", ovvero i soliti Pedrini e Mignani con il Ducati e la coppia Trondoli-Casanova, che hanno iniziato con un BMW prima di passare a un tricilindrico Suzuki a due tempi; questi ultimi provenivano dalle moto sciolte e si appoggiavano ai loro vecchi amici della NCR. Quando sono arrivati i due tempi da corsa, un importante punto di ritrovo motoristico per diversi protagonisti di questa specialità è diventata l’officina modenese del grande Walter Villa.