Erik Buell, a ruota libera

Erik Buell, a ruota libera
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
L’estroverso ingegnere/chitarrista non si sogna nemmeno di separarsi dalle sue amate moto. Tanto che vuole vederle correre nel Mondiale Superbike. Nel 2011!
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
23 marzo 2010


Riportiamo uno stralcio di una lunghissima intervista a “EB”, il celebre ingegner Erik Buell, realizzata dal noto magazine americano Cycle World.
In questo contesto, Buell si lascia spesso andare a quell’entusiasmo che caratterialmente gli appartiene (con lui ci siamo divertiti moltissimo mentre ballava sui tavoli, cantava e suonava la chitarra – per la precisione Jumpin’ Jack Flash dei Rolling Stones – assieme a una fenomenale band di Chicago, durante una festa organizzata dal locale concessionario Harley Fierek’s a Monaco di Baviera, fino alle due di notte passate), anche se lo ricordiamo parecchio commosso durante il video in cui commentava la chiusura della “sua” Buell da parte di Harley-Davidson

Dimostra che i principi di progettazione della ciclistica e le cose che stavamo facendo non erano stupidaggini fuori dal coro, cose strane fatte da gente che tentava banalmente di trasformare delle Harley in moto sportive...


Certo che l’incresciosa decisione ha colpito un bel po’ l’estroso ingegnere, ma non è passato molto tempo prima che egli comunicasse la nascita della Erik Buell Racing ( www.erikbuellracing.com), sita, naturalmente, a East Troy, Winsconsin, al numero 2279 di….Buell Drive.
Buell si è lanciato subito in questa nuova avventura perché lui le sue moto – specificamente le più potenti 1125R- le vuole assolutamente veder correre. Le Buell nacquero per questo, alla fine degli anni settanta, e questo l’estroso e appassionatissimo tecnico vuol continuare a fare: fare in modo che le sue creature corrano, e fornire assistenza e parti speciali a coloro che se ne occupano.
Ma vediamo cosa ha raccontato EB a John Burns di Cycle World.

CW:
Qual è l’obiettivo della Erik Buell Racing? Cosa bolle in pentola?
EB: In buona sostanza è un modo per tenere assieme dei ragazzi che l’anno scorso hanno lavorato un sacco, e hanno vinto un campionato (lAMA Daytona SportBike, con la 1125R pilotata dal bravo Danny Eslick, ndr).  Ma anche per supportare i piloti Buell, e lavorare su particolari e progetti di prossima realizzazione che abbiamo lì, sul tavolo. Quando in Harley hanno deciso di chiudere la Buell, non pensavano certo di continuare a produrre parti speciali per chi ci avrebbe corso. Quindi proposi loro di farlo io, e loro mi concessero la licenza di produrre non solo particolari racing, ma anche nuove moto da corsa Buell, fino al 31 dicembre 2010. Quindi, oltre a produrre le 1125RRs in varie versioni, attualmente posso fornire parti speciali ed assistenza. In tal modo aiuto sia loro (l’Harley, ndr) a smaltire materiale ancora in magazzino, che i piloti-clienti. È stata una piccola vittoria, per me e per loro. Come quelli che hanno la licenza di produrre t-shirt con il marchio Harley-Davidson, io ce l’ho per mettere il mio nome sulle moto per quest’anno.

CW:
Qual è la tua posizione riguardo alla scelta di Harley-Davidson di non vendere la Buell, in quanto il marchio era profondamente integrato sia nella Compagnia che nella sua rete di vendita?
EB: Si, beh, io sono soltanto un ingegnere. Non conosco le complicanze di quanto loro dicono, non le capisco proprio. So solo che sono stati categorici su questo. Penso che volessero essere certi che i loro concessionari continuassero a fornire servizio, ricambi e che altro ai clienti. Speravo che non sarebbe successo, ma rispetto la loro decisione.

CW:
Ne sei stato colto di sorpresa, come chiunque altro?
EB: Della chiusura? L’ho saputo solo poco prima. Giorni, non settimane.

CW:
Per tutto il periodo in cui ha costruito tu le Buell, è stato un po’ come combattere contro i mulini a vento, una lotta, insomma, diciamo fino agli ultimi sei, sette anni? Comunque sia, tu sei riuscito sempre a trovare la strada per andare avanti. Cosa mi dici ora? Ti trasferirai su un’isoletta a disegnare nuove chitarre? (altra grande passione di EB, ndr).
EB: No, no, tornerò a fare l’industriale di motociclette. Io credo ancora fermamente che possiamo costruire una valida moto sportiva americana, e credo che lo faremo.

CW:
La cosa sembra abbastanza prossima a partire…
EB:
Il fatto è questo: siamo stati colpiti dalla recessione, tutta l’industria motociclistica ne ha sofferto duramente, specialmente per quanto riguarda il mercato delle supersportive. In Harley-Davidson, quindi, hanno deciso di investire tutto sul loro marchio. Io ovviamente non sono d’accordo, ma non intendo certo biasimarli. Rimango convinto che un marchio americano di motociclette sportive possa avere un grande potenziale, e in questo momento stiamo solo iniziando a grattarne con le unghie la superficie.
Noi della Buell eravamo in difficoltà col fatto che essere presenti nei concessionari Harley da molti nostri clienti era visto un po’ negativamente.
Avevamo concessionari davvero eccellenti, probabilmente i migliori in assoluto per quanto riguarda le moto sportive in generale. Per i possessori di Honda, Yamaha o che altro entrare da un nostro concessionario era un po’ una specie di sfida: chiaro quindi che se per caso il loro interlocutore non fosse uno che conosceva perfettamente quello che loro volevano sapere, quelli giravano i tacchi e se ne andavano. Quindi stavamo lavorando proprio per rimediare a quel problema. Tuttavia, meno della metà dei concessionari Harley vendevano anche le Buell, e ad alcuni non piacevano nemmeno. Se in Harley avessero loro chiesto «Dove investiamo i nostri soldi?», molti di essi non avrebbero certo risposto «Buell».
Tutto questo non significa che il nostro prodotto fosse criticabile, ma solo che la strada intrapresa era sbagliata. Avevamo bisogno da un bel pezzo di un buon motore raffreddato a liquido, e adesso l’abbiamo. Io credevo fermamente che avremmo potuto correrci ad alto livello entro breve tempo. Ma questo in Harley-Davidson non aveva alcun senso: per loro le corse sono solo un divertimento, non un ritorno d’immagine. Correre è solo una delle tante cose da fare, in Harley – «Dai, andiamo alla gara dei dragster questo fine settimana!» - ma la forza del marchio non si basa certamente su quello.
A Milwaukee non mi capivano quando ribadivo quanto le corse fossero cruciali per Buell: nel nostro mercato, se non corri non sei nessuno.
È davvero un gran peccato che in Harley semplicemente non abbiano capito cosa voglia la clientela. Loro hanno parlato con i concessionari, e questi gli hanno detto «naaah, correre non è così importante». Probabilmente, se fossero andati da rivenditori che si occupavano anche di marche giapponesi si sarebbero sentiti dire «Cavolo, certo che voi dovete correre!». È una questione di obiettivi, e io volevo provare loro che la cosa era fattibile, ma non c’è stato nulla da fare.

CW: Sappiamo che stai puntando al Mondiale Superbike. In che anno hai pianificato di provare a parteciparvi?
EB: I miei piani tendono ad essere un filino aggressivi: vorrei esserci nel 2011…Ora ci stiamo preparando per il nostro campionato AMA Superbike, dove speriamo di fare molto bene, per poi tentare il grande salto. Probabilmente, quando vedrete la moto che la Erik Buell Racing sta preparando –  magari ci saranno ancora dei particolari non definitivi, sai,  per ora siamo molto piccoli, e non possiamo certo fare i miracoli – in pratica vedrete la prefigurazione superbike di quella che sarà la futura Buell stradale. Insomma, avrete un piccolo assaggio di dove vorremmo arrivare.
E abbiamo anche altre cose in cantiere, cose che in Harley era dura realizzare. Ragazzi, io sono eccitatissimo riguardo alla Superbike, perché nel 2009 abbiamo corso con la prima versione della moto, con due giovani piloti senza grande esperienza che comunque se la giocavano nel gruppo di testa. L’unica cosa che ci mancava era la potenza. Corey West riusciva a passare all’esterno due campioni del calibro di Neil Hodgson e Ben Bostrom, e piloti ufficiali di altri team venivano da me a dirmi «quella è la moto più maneggevole che io abbia mai visto…». Lo stesso Larry Pegram (esperto pilota della Ducati, Ndr) mi raccontava che al sua moto aveva una potenza fantastica, ma era un po’ dura da far entrare in curva…«Ho sempre pensato che fosse così perché era una bicilindrica» diceva «Almeno fino ad oggi…». Questa cosa mi ha molto inorgoglito, e probabilmente ha aperto gli occhi a molti. Dimostra che i principi di progettazione della ciclistica e le cose che stavamo facendo non erano stupidaggini fuori dal coro, cose strane fatte da gente che tentava banalmente di trasformare delle Harley in moto sportive. Le nostre moto abbinano alcuni pregi delle bicilindriche e delle quadri cilindriche, e quest’anno miglioreremo ancora, abbastanza da giocarcela con gli altri. E sarà dannatamente divertente. Chiaramente non ci aspettiamo di vincere tutto, ma avremo ripagato i nostri sforzi, e anche creato un po’ d’interesse in più nell’ambiente.
Okay, adesso sono di nuovo al lavoro, per ottimizzare l’effetto dell’inerzia in ingresso di curva, accelerazione e frenata, e su miriadi di altri particolari che non possono mancare su una vera moto da corsa.