Intervista a Erik Buell

25 anni fa iniziava l'avventura del pilota USA che costruiva da sé la moto dei sogni, leggera, tutta coppia. The dream goes on, ma – anteprima di Moto.it - la Buell off road non si farà
9 ottobre 2007

Incontriamo l’uomo che ha dato il suo nome alle special americane con motore Harley al Salone della moto di Parigi. Sono diversi gli aspetti da approfondire con lui, Buell sta vivendo una sorta di rinascimento che l’ha portata ad ampliare notevolmente la propria gamma, fino a sconfinare nel settore degli enduro stradali con Ulysses e delle super sport con 1125R.
 È del 7 marzo scorso il clamoroso annuncio che Buell si dedicherà anche all’off road, sia cross che enduro . Nel frattempo i piani di sviluppo sono cambiati.

Vediamo di capirne di più. Buell compie un quarto di secolo, gode di buona salute?
Erik Buell:”Direi di sì. Col prossimo anno entreremo anche nel segmento delle moto ad alte prestazioni con 1125R e siamo fiduciosi, le sportive vanno forte negli USA. La nostra moto ha ottime credenziali, 146 cavalli per 170 chili. Una moto senza compromessi, nel vero spirito Buell”.

Una rivoluzione rispetto agli albori.
Erik Buell:”Sì e no. Ho iniziato a costruire moto per correre: ero un pilota e desideravo guidare moto che mi dessero prima di tutto piacere, tanto belle e intuitive da diventare tutt’uno con chi le guidava. 1125R risponde ancora a questo desiderio, adeguandosi ai tempi moderni. Che vogliono prestazioni ”.

Già che ci siamo, com’è iniziata l’avventura di Erik Buell?
Erik Buell:”Dopo la laurea in ingegneria, nel 1979, ho lavorato in Harley. Contemporaneamente correvo i 2 campionati AMA dell’epoca: in F1 con una Yamaha TZ 750 a 2 tempi e in Superbike in sella alla Ducati 900 SS ”.
 
Due moto agli antipodi.
Erik Buell:”Davvero! La giapponese era scorbutica, quando il motore entrava in coppia, si scatenava l’inferno. Ma il telaio era fantastico. Il contrario di Ducati, dotata di un motore pastoso, facile, e di una ciclistica stradale lenta, impacciata nei cambi di direzione. L’italiana era comunque la mia preferita, era tremendamente più facile della 2 tempi”.

Quando diventa imprenditore?
Erik Buell:” Nell’82 ho rilevato la scuderia inglese Barton, realizzavo moto da corsa. All’inizio non utilizzavo motori Harley. Questo fino al 1985... ”.

Quando AMA (la federazione americana) abolì la categoria F1, mettendo il team in serie difficoltà. Dovette chiudere.
Erik Buell:”E’ andata così, ma mi sono rimesso in gioco ed è nata la collaborazione con Harley, che ha portato alle moto che oggi vedi”.

Qual è il peso di Harley Davidson oggi?
Erik Buell:”Sono i proprietari di Buell, di cui detengono il 98% del capitale. Le moto portano ancora la mia firma. E non si tratta di pura forma, le Buell sono leggere, senza inutili orpelli. E vanno controcorrente, sono anticonvenzionali in tutto, dai dischi freno perimetrali, al telaio che funge da serbatoio, fino allo scarico sotto motore, che poi tutti ci hanno copiato”.

Ulysses e 1125R non tradiscono questa filosofia?
Erik Buell:”No, entrambe reinterpretano i concetti di enduro turistica e di sportiva in chiave Buell. Pochi chili e tanta coppia subito disponibile. Vanno provate, sono differenti da tutte le altre moto che hai guidato!”.

1125R ha un motore nuovo, sviluppato da Rotax. E, cosa incredibile su di una Buell, raffreddato a liquido. È il De Profundis dei motori Harley?
Erik Buell:”Il twin Rotax è un gran motore, equipaggerà altri modelli Buell in futuro. Ma non manda in pensione gli Harley raffreddati ad aria/olio. Non ci sono nemmeno motivi tecnici a giustificare una simile scelta, rientriamo senza fatica nella normativa Euro 3”.

Buell nasce come moto per divertire, per dare piacere di guida. E diventa in Italia, paese dello stile e del design, fenomeno di Moda. L’avrebbe mai detto?
Erik Buell:”Agli inizi tutti mi davano del matto. Tutti tranne uno, il mio amico Carlo Talamo. Era una persona incredibile, geniale. Quando vide la mia moto, esclamò E’una moto stupida, ignorante. Bellissima! La volle in Italia e tanti motociclisti ancora oggi dimostrano che Carlo aveva visto giusto”.

Il 7 marzo l’annuncio che entro 2 anni avremo le Buell da off road. Ma al Salone di Parigi neppure un cenno. Che succede?
Erik Buell:”Hai visto bene. Le Buell da fuoristrada non si faranno, progetto accantonato”.

Deluso?
Erik Buell:”Sì, lo sono molto. Amo l’off road, ho diverse moto a casa. Tra queste non ci sarà mai una Buell. È stata un scelta sofferta, ma necessaria per il bene dell’azienda”.

Cosa vi ha fatto desistere?
Erik Buell:”Sono 2 i fattori. Uno: in USA, ma anche in Europa, non c’è chiarezza nei regolamenti. Oggi corrono i 450 cc, domani i 350, i 400… non si sa! Sviluppare un nuovo motore costa un sacco di soldi, non si possono rischiare investimenti sbagliati”.

Due?
Erik Buell:”Le restrizioni alla pratica dell’off road stanno colpendo molti stati della confederazione americana. Tante piste di motocross hanno già chiuso”.

Incredibile, negli Stati Uniti d’America, patria del supercross?
Erik Buell:”Sì. E finché le federazioni dei singoli stati non decideranno di unire le forze, le cose andranno peggiorando. Per questo abbandoniamo il progetto off road. A malincuore, ma lo abbandoniamo. Non ci sono le condizioni”.

Oggi Buell è un’azienda forte, che punta tutto sulle sue pazze moto stradali, conosciute e apprezzate nel mondo. Erik Buell torna col pensiero a quel 1985, quando il cambio di regolamento AMA fece chiudere la sua squadra corse. Correre lo stesso rischio oggi con l’off-road sarebbe stato imperdonabile.