Crisi Yamaha: il problema è nella sospensione posteriore

Crisi Yamaha: il problema è nella sospensione posteriore
Marco Rigo, noto preparatore racing da molti anni, ha studiato il comportamento della MotoGP di Rossi e Viñales. Qui evidenzia alcune caratteristiche particolari della M1 e prova ad analizzarle
24 ottobre 2018

Premetto che lavoro dal 1987 nel mondo motociclistico racing, e tra il 2000 e il 2011 nel mondiale supermoto: la nostra struttura ha gestito in toto il team Factory per Suzuki e per KTM (con il brand Husaberg), occupandosi di tutto lo sviluppo relativo a motore e ciclistica.

Utilizzando noi una acquisizione dati molto basica, legata solamente al motore, la valutazione della ciclistica veniva  fatta esclusivamente osservando da bordo pista il comportamento dinamico della moto. E’ così che ho sviluppato una notevole sensibilità nell’identificare e analizzare quanto visibile da bordo pista. In particolare, a suo tempo abbiamo dovuto lavorare a fondo su una moto nata per il fuoristrada per adattarla all’utilizzo in pista nel mondiale supermoto, e ci siamo ritrovati a rifare radicalmente parecchi componenti tra i quali anche leveraggi progressivi e regressivi.

Abbiamo dovuto inoltre riscoprire nuove soluzioni di taratura idraulica dedicata alle diverse situazioni, e qui sono emerse delle problematiche molto invasive, che nella gestione di un sistema di sospensione conosciuta emergono in maniera molto marginale rendendone le cause poco comprensibili. Potrei dire che ci siamo trovati a ricercare la complicata alchimia per identificare la migliore convivenza tra pneumatico, link e taratura idraulica, il che purtroppo rappresenta una coperta sempre troppo corta. In alcune mie esperienze, ecco il punto, mi sono ritrovato impegnato in problematiche che mi sembrano assimilabili a quelle che ho percepito sulle Yamaha M1.

La M1 dietro affonda velocemente

Osservando le gare della MotoGP in televisione, ho percepito che il retrotreno delle Yamaha in qualche curva si comporta in modo sensibilmente diverso da quello delle altre moto e, quando sottoposto a picchi di carico importanti, affonda molto velocemente iniziando poi a pompare.
Grazie a  SKY ho avuto modo di rivedere varie volte le immagini, anche al rallenty, e questo mi ha confermato quanto sopra. Ho montato delle sequenze video contenenti alcune immagini della gara (in Thailandia in particolare), grazie alle quali ho potuto evidenziare alla redazione di Moto.it quello che ho intuito. Purtroppo non è possibile utilizzare queste immagini e quindi non posso mostrarvele.

Il pompaggio è causato principalmente dallo pneumatico che, quando sottoposto ad un picco di compressione, una volta arrivato al punto di massimo schiacciamento rende istantaneamente e senza controllo la spinta ricevuta

Il pompaggio è causato principalmente dallo pneumatico che, quando sottoposto ad un picco di compressione, una volta arrivato al punto di massimo schiacciamento rende istantaneamente e senza controllo la spinta ricevuta. Proprio come accade alla palla da basket durante il palleggio. Il pompaggio si innesca quando, durante la fase di curva, la compressione verso il suolo del complesso inerziale moto/pilota subisce un rapidissimo incremento, dovuto alla presenza di  avvallamenti  o di ondulazioni, tale da comprimere ulteriormente e rapidissimamente lo pneumatico, che si ridistende  istantaneamente.

Ci sono varie caratteristiche/tarature della sospensione posteriore che potrebbero concorrere, anche cooperando tra loro, nel provocare l' innesco del pompaggio e/o mantenerlo:

  • Un link troppo progressivo, o con accentuato indurimento in una zona della sua escursione 
  • Un link troppo regressivo, tale da provocare una velocizzazione della compressione seguita poi da un repentino rallentamento
  • Il  freno idraulico dell'ammortizzatore, troppo cedevole nella fase di compressione alle basse/medie velocità
  • Il  freno idraulico dell'ammortizzatore, troppo elevato nella fase di compressione alle alte velocità
  • Il  freno idraulico dell'ammortizzatore, troppo cedevole nella fase di distensione
  • Il raggiungimento della zona di escursione dell'ammortizzatore nella quale inizia il lavoro del tampone in gomma che ne controlla l'ultima parte di corsa.

Il comportamento di rapido schiacciamento del retrotreno nelle  Yamaha rispetto alla concorrenza mi sembra particolarmente evidente nelle curve a velocità medio/lenta, sia nelle fasi di inserimento -soprattutto se deciso, e seguito da una percorrenza di curva in accelerazione- sia nei cambi di direzione quando il pilota inizia ad accelerare.
E molto spesso si evidenzia un pompaggio importante nelle curve lente percorse in accelerazione facendo derapare la ruota posteriore; un pompaggio sempre caratterizzato da un movimento più accentuato e rapido della sospensione rispetto agli altri costruttori.

La mia analisi

Sostanzialmente questa è la mia analisi: in varie situazioni il retrotreno, chiudendosi con poco controllo idraulico dell'ammortizzatore, fa sì che lo schiacciamento dell'ammortizzatore- dato dalla forza centrifuga applicata dall’insieme moto/pilota- provochi una chiusura troppo rapida del complesso ammortizzante, arrivando oltre il bilanciamento dato dal contrasto del carico molla.
Questo eccesso di schiacciamento, oltre a generare un picco di spinta sulla gomma, genera una spinta di ritorno dell’ammortizzatore che, sommandosi al ritorno elastico dello pneumatico, risolleva il complesso moto/pilota oltre la situazione di bilanciamento, così generando una successiva fase di veloce compressione poco controllata e innescando il fenomeno di pompaggio. 

Questa analisi mi sembra anche essere supportata dal fatto che quando Michelin porta degli pneumatici con spalla più rigida, o si corre in circuiti dove sono presenti pochi avvallamenti, le problematiche diventano meno evidenti.
E' cosa nota che Yamaha stia lavorando in particolare verso un'evoluzione della gestione elettronica, ma penso che parallelamente un miglioramento della gestione del retrotreno, che mi sembra meno efficace della concorrenza, possa essere interessante. Anche se posso immaginare che queste scelte di tarature e setting siano state dettate dal dover migliorare altri aspetti che non conosco. Ci sono tanti elementi che vanno a concorrere e ad intrecciarsi nella definizione del setting: distribuzione dei pesi, lunghezza del forcellone, tiro catena, taratura e carico molle della forcella, avancorsa, rigidità delle varie componenti, pressione pneumatici…

Concludendo con i miei pensieri, credo che sarebbe interessante provare a rendere questa velocità di affondamento più omogenea e controllata, ottimizzando il link o utilizzando una taratura idraulica più controllata. 

Un saluto tecnico,
Marco Rigo

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