Dakar 24. Ripensamenti. Zack & Kove, “Dakariani” Veri!

Piero Batini
  • di Piero Batini
C’è differenza tra Ricky Brabec e Cesare Zacchetti se la Dakar è prima di tutto finirla? L’uno ha imparato a vincerla liberandosi delle ambizioni, l’altro ha imparato a dominarla con la saggezza delle scelte. In mezzo una Kove di un Mondo nuovo…
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
23 gennaio 2024

Yanbu, Arabia Saudita, 20 Gennaio 2024. C’è modo e modo. E c’è il modo perfetto. Che è sempre uno solo. Anche di fare una Dakar, di finirla, di centrare l’obiettivo come se niente fosse. Il modo perfetto è nell’alchimia di equilibrio tra i globi dell’affidabilità e della saggezza, della percezione del limite invalicabile, insomma del vedere lungo e non farsi travolgere dalle sovraemozioni. Se vuoi diventa un modo un po’ “inglese” di affrontare le bordate della vita… non fosse che di british non ha una beata minchia bensì quell’estro geniale che è tutto nostro, latino, mediterraneo.

L’equilibrio dell’affidabilità è quello espresso in maniera magistrale dalla Dakar di Cesare Zacchetti e di Kove i quali, attraverso scelte di fiducia incrociate e reciproche hanno, se mi permettete l’ardire, ridicolizzato quel mito di invalicabilità che rende troppo spesso la Dakar un’impresa impossibile.

Il segreto è una buona Moto, così come è, e un buon Pilota. Nel “così com’è” e nel “buon” riferito al Pilota che affronta la Dakar ci sono le credenziali dell’impresa, probabilmente risolta ancora prima di correre il rischio scellerato di diventare tale. Zack è un Pilota che se ne frega delle difficoltà, perché come abbiamo visto è stato forgiato dalla vita per dare il giusto peso anche a quelle.

Kove è quella Moto “così com’è” nata dall’esperienza e dalla saggezza di chi… non ne aveva affatto, e pertanto creata e sviluppata sui punti fermi, e invalicabili, dell’affidabilità che, oggi e da un punto di vista strettamente ingegneristico e tecnologico, è una avariabile non più così misteriosa, ma anzi calcolabile. Oggi si potrebbe dire che Zhang Xue, il fondatore solo qualche anno fa di Kove, più che un imprenditore è un filosofo, e che quella 450Rally nata dal suo sogno di fare un giorno la Dakar, è l’equilibrio di quella filosofia. L’importante è non strafare, e guarda caso la Dakar che si finalizza come obiettivo e esperienza della vita ruota sempre e immancabilmente attorno al fulcro del non… strafare. Del non esagerare e del riflettere, del calcolare piuttosto che rischiare, dell’imparare a stare al di qua del limite, cosa mai facile e gestibile quando l’adrenalina della competizione scorre a fiumi.

Cesare Zacchetti aveva già dimostrato di essere un Pilota affidabile, Kove ha dimostrato di possedere i requisiti per venire a capo del rebus agonistico motoristico più difficile del mondo con perfetti aplomb e nonchalance. In misura l’uno dell’altra il Pilota e la Moto si sono dati manforte e, antropomorfizzando un minimo, se la sono scialata in due settimane d’inferno traghettate come fossero un viaggio. Impegnativo, mai libero da rischi e imprevisti, ma per questo saggiamente appassionante. La loro Dakar, di Zack e di Kove, è l’emblema di un Mondo nuovo alla Dakar, di un modo istruttivo che creerà una pletora di adepti, sono certo.

Oggi si ha la tendenza a pretendere il massimo, pur non avendone propriamente il bisogno, e a individuare attraverso il prezzo quel massimo, e questo è marketing prima ancora che sostanza. Ovvero follia. Quella Kove costa un terzo della quota di ambizioni perfettamente ridondanti e inutili, e soprattutto fornisce (ha fornito, per l’esattezza) la risposta esatta e perfetta per l’”impresa”, dando prova di aver allargato i confini della verità scollegandoli dalle trappole del marketing. L’ha fatto da perfetta sconosciuta lo scorso anno, con tre Moto su 3 al traguardo, e l’ha fatta quest’anno sotto i riflettori nelle mani del Pilota affidabile per definizione, e per definizione il più adatto a riflettere l’identica qualità della Moto. Volendo e in altre mani, quella Moto ha dimostrato di essere anche veloce, ma non è questo il punto.

La Dakar andrebbe essere affrontata liberandosi completamente dalle ambizioni, sono quelle, che, di solito spingono oltre il limite e oltre i confini del rischio. Ricky Brabec sa come si fa. Ha vinto la sua seconda Dakar prima ancora di vincere una sola tappa, l’ha consolidata con un gioco di Squadra il doppio giorno dell’inferno, l’ha mandata in archivio con una zampatella giusta al momento giusto. Zack è Kove hanno vinto alla stessa maniera, fidandosi l’uno dell’altro, sapendo dove e come andare. Dakariani e aspiranti tali, da febbraio quella 450Rally sarà dai concessionari, e sarà la fila dell’intelligenza!

© Immagini Kove Italia – Pelpi International

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