Nico Cereghini: “Il collegamento radio, la F1 e la MotoGP”

Nico Cereghini: “Il collegamento radio, la F1 e la MotoGP”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Davide Brivio racconta del suo passaggio alla Formula 1 e delle novità che ha dovuto affrontare. In moto il pilota è completamente solo, dichiara. E le cose potrebbero cambiare anche da noi, per ragioni di sicurezza e non solo
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
26 aprile 2021

Ciao a tutti! “In gara, il pilota della MotoGP è solo”. Questa osservazione fatta da Davide Brivio nel corso di un’intervista comparsa sul sito Autosports potrà anche sembrarvi banale, forse addirittura lapalissiana. Eppure mi ha colpito.

L’ex team manager Suzuki, passato in F1 con Alpine, racconta che lì il GP vola, un’ora e 45 minuti di impegni stressanti passano in un lampo, che la tecnologia è molto più complessa, ma questo già lo sapeva; e ammette che una delle novità più impegnative tra quelle che ha dovuto affrontare è stato l’uso della radio e quindi il contatto con i piloti. In MotoGP soltanto brevi messaggi sul cruscotto, per il pilota, oltre alle segnalazioni esposte al muretto. Quando parte la gara, la squadra segue gli eventi nei monitor televisivi dentro il box. E il pilota è completamente solo.

Anche per la MotoGP si parla da tempo del collegamento radio e prima o poi ci arriveremo. E’ una innovazione che arricchirebbe lo spettacolo in tivù (tasto interessante per Dorna), forse (ma non è detto che si arriverebbe fino a lì) potrebbe dare una mano al pilota nell’applicare le strategie di gara; ma soprattutto aiuterebbe a risolvere una serie di problemi generali legati alla sicurezza. Incidenti, bandiere e luci, interruzioni, sconfinamenti e sanzioni sono tutte cose difficili, oggi, da comunicare al pilota in tempo reale e con la certezza assoluta che siano recepite. 

Personalmente ho qualche perplessità, anche se credo che sia un tema da approfondire. Temo per esempio che il pilota possa essere distratto dalla radio, che possa equivocare i messaggi magari per la ricezione scarsa e che vada a cacciarsi in qualche guaio. Ma è anche probabile che ci metta del mio: i piloti di oggi non sono quelli di ieri, sono molto più svelti, sono multitasking. E poi non è che in Formula 1 si vada a spasso: sul Montmelò di Barcellona, per dire, una vettura a ruote scoperte gira in qualifica in 1’15 mentre una MotoGP resta sopra all’1’38…  I piloti su quattro ruote fanno quasi tutto più velocemente. E intanto ascoltano la radio e comunicano sinteticamente con la squadra.

Il pilota di moto è solo, dice Davide Brivio, ed è vero, è sempre stato così. Spesso drammaticamente solo. Ho in mente certe immagini del Tourist Trophy, per esempio, con Hailwood e Agostini raccolti nelle loro carenature sotto la pioggia battente: li vedo guidare quasi alla cieca nella nebbia del Mountain, senza sapere chi è al comando e chi insegue, la lavagna sporta al passaggio davanti al box ogni venti (venti) minuti e, se va bene (e sembra una conquista molto furba) una seconda lavagnetta esposta a metà del giro da un meccanico dislocato a bordo pista e collegato alla squadra mediante walkie tolkie.

Un bel collegamento radio avrebbe cambiato la vita dei nostri eroi. Forse Tarquinio Provini nel ‘66 non sarebbe finito rovinosamente tra gli alberi al TT, accecato dal sole. Glielo avevano raccomandato, stai attento quando esci da quel dosso; la pista non aveva segreti per lui, ma la nota gli passò di mente, 60 km e 710 metri sono tanti da memorizzare e l’incidente gli costò la carriera. 

Purtroppo tanti nostri drammi non sarebbero stati comunque evitabili. Ma certamente -in conclusione e per alleggerire- Pierfrancesco Chili sarebbe salito sul podio della 250 a Jerez nel GP di Spagna del ’92. Era secondo dietro all’altra Aprilia di Loris Reggiani, esultò con un giro di anticipo rallentando festoso. Fu impietosamente infilato da Bradl, Shimizu, Cadalora, Cardus… Chiuse sesto, e naturalmente disperato, a 14 secondi. Avesse avuto il collegamento radio, magari…