MotoGP 2018. Petrucci: "Un sacco di volte ho pensato di smettere"

MotoGP 2018. Petrucci: "Un sacco di volte ho pensato di smettere"
Giovanni Zamagni
In un'intervista esclusiva a Moto.it, Danilo ripercorre le difficoltà della sua carriera, totalmente anomala: “Sono arrivato in MotoGP dalla porta di servizio: non lo rifarei più”. Il pilota della Ducati parla del suo futuro, ma anche del suo momento difficile
2 novembre 2018

SEPANG – Il 6 giugno, la Ducati ha annunciato ufficialmente l’ingaggio di Danilo Petrucci come sostituto di Jorge Lorenzo sulla DesmosediciGP ufficiale. Probabilmente è stato il giorno più bello della sua vita sportiva; poi, però, sono iniziati i guai, con risultati ben al di sotto delle aspettative: ottavo in Catalunya; caduto in Olanda; quarto in Germania; sesto in Rep.Ceca; quinto in Austria; 11esimo A San Marino; settimo ad Aragon; nono in Thailandia; nono in Giappone; 12esimo in Australia. Cosa sta succedendo a Petrucci?

 

Danilo, è un momento difficile?

«Sì, anche se ci sono state delle buone gare. In passato, a Brno e a Zeltweg ho sempre sofferto, invece quest’anno sono andato forte, perché in Austria ho fatto quinto e in Rep.Ceca ho finito a tre secondi da Dovizioso che ha vinto. Erano gare che temevo molto, invece sono andato forte. A Misano ero un po’ in difficoltà: a differenza degli altri, non avevo fatto i test e abbiamo iniziato a rincorrere. Per provare a recuperare sugli altri, chiedevo sempre un po’ troppo alle gomme e si è innescato un effetto “domino”, abbiamo cercato di risolvere i problemi con la messa a punto, abbiamo fatto un sacco di modifiche e mi sono messo un po’ in difficoltà. L’apice negativo lo abbiamo toccato in Giappone, quando abbiamo provato a fare subito qualcosa di diverso sulla moto: quello è stato un venerdì disastroso. Nelle FP1 ci siamo resi conto che quel set up non funzionava, poi ha piovuto nelle FP2, sono caduto nelle FP3 cercando di fare il tempo e sono rimasto fuori dalla Q2. Qualsiasi cosa provavo a fare di diverso non funzionava. Stavo giocando in difesa rispetto a Crutchlow e Zarco (con i quali Danilo è in lotta per il titolo di miglior pilota privato, NDA): dopo il 15esimo tempo in qualifica ho corso la gara come se non avessi più niente da perdere, come se fosse la prima del campionato, non una delle ultime. Mi è servito mentalmente, mi sono detto che non mi potevo far condizionare così tanto dalla situazione. Non ho più pensato al campionato, l’ho dato per perso: non posso stare così per un quinto posto, cosa succederà quando mi giocherò qualcosa di più importante?».

 

Quindi, problemi tecnici ma anche psicologici?

«Non mi ero mai trovato a dover combattere per qualcosa per tutto il campionato: lottare sempre con i migliori è molto difficile. Devo abituarmi a non pensare più solo alla singola gara, devo avere una visione più globale, consapevole che i primi cinque del mondiale sono tutti piloti fortissimi, hanno vinto tanti titoli che quasi non gli bastano le mani per contarli, mentre io ancora non ho vinto nemmeno una gara. Pensare a questo mi ha messo più pressione, più stress: ho fatto tutto da solo, non me l’ha messa qualcun altro».

 

Come se tu temessi di non essere all’altezza e di dover dimostrare il tuo valore?

«Sì, è una questione di orgoglio personale, mi sono puntato su questa cosa: nessuno mi ha detto che se non faccio quinto sono scarso… Mi sono messo pressione da solo, anche vedendo i due piloti ufficiali Ducati andare più forte di me. Fino a metà stagione eravamo più o meno lì, poi loro sono migliorati e sono andato sotto stress: ho cercato di fare sempre di più, sempre di più, sempre di più. E alla fine non ce la fai più, la pressione mi ha schiacciato, non sono più riuscito a gestire i momenti negativi. E’ chiaro che tutto questo mi deve servire per il 2019: dopo aver firmato per Ducati mi sono imposto obiettivi diversi, ho pensato di dover arrivare preparato sotto tutti gli aspetti alla prossima stagione».

 

Mi sono messo pressione da solo, anche vedendo i due piloti ufficiali Ducati andare più forte di me

Danilo, immagino che lo avrai sentito dire anche tu, tanti pensano che Petrucci non sia all’altezza di un team ufficiale. Addirittura, dopo la gara di Bautista in Australia, qualcuno si è chiesto se non sia il caso di spostare te in SBK e dare ad Alvaro la Ducati MotoGP. Come la vivi?

«Intanto è importante non seguire tutto quello che viene detto e scritto: mi ha dato beneficio. Per carità, ho massimo rispetto di Bautista, sta facendo una grande stagione, ma si è troppo condizionati dal momento: fino a Le Mans, quando la Ducati ha fatto la sua scelta, sembrava che Lorenzo fosse da “rottamare”, che rimanesse a piedi… Poi, dopo tre GP si è cominciato a dire che Jorge poteva vincere tutte le gare e anche il titolo. Bautista, nelle prime otto gare ha fatto pochissimi punti (33, NDA) e adesso, nonostante stia facendo delle buone gare, è ancora dietro in classifica. Ripeto: onore al merito, sta andando fortissimo, ma le sue opportunità in MotoGP le ha avute, è in questa categoria dal 2010. Negli ultimi 4 GP è andato molto forte, ma anch’io ho passato questi periodi di forma: prima del Mugello, sembrava quasi che la Ducati dovesse togliere la moto a Lorenzo e darla subito a me, perché in quel momento io ero il miglior pilota con la Desmosedici e stavo andando forte. Poi, anche Jorge ci ha messo il carico, dichiarando in un’intervista che non si poteva scegliere un pilota che non ha vinto delle gare. Quando la Ducati mi ha scelto, io ero più avanti in classifica, avevo fatto più podi e Lorenzo non aveva ancora vinto con la nostra moto: non trovo così anormale che abbiano preferito a me. Senza contare che risparmiano 24 milioni in due anni…».

 

Quanto pesa non aver fatto prima della MotoGP le categorie propedeutiche come 125 e 250, o Moto3 e Moto2?

«Molto. Non godo di una grande credibilità, perché non si sa se Petrucci può giocarsi un titolo, essere costantemente davanti. Sono stato sempre uno che negli ultimi anni era là davanti, che ha fatto qualche podio, ma non ho un passato e per questo vengo considerato poco credibile. Prendiamo Bautista, del quale abbiamo parlato prima: lui è nel motomondiale da un sacco di anni, ha vinto un titolo. Viene visto in modo differente da me. Arrivare in MotoGP dalla porta di servizio, con l’ultimissima delle moto è difficilissimo: mi chiedo ancora adesso come ho fatto a rimanere qui. Se mi chiedessero: lo rifaresti? Probabilmente no. Ce l’ho fatta, ma un sacco di volte ho pensato di smettere. In quel periodo mi dicevo: fino a due anni fa l’ingegnere Filippo Preziosi (allora direttore tecnico di Ducati Corse, NDA) mi diceva che ero un fenomeno e adesso (i primi anni in MotoGP, NDA) faccio ultimo tutte le domeniche. Non aveva senso continuare: non mi pagavano, venivo criticato,, faccio figuracce in mondovisione e vedevo miei coetanei vincere in Moto3 o in Moto2. E io arrivavo sempre ultimo».

 

Quella scuola ti è mancata anche tecnicamente?

«Sì: non conoscevo tutte quelle finezze che i piloti più forti hanno, sia come guida sia come gestione e approccio. Io ho iniziato a correre in pista a 14 anni, ma con moto stradali: quando mi chiedevano dell’angolo di sterzo, non sapevo nemmeno dove guardare, mentre c’erano piloti di 17, 18 anni che parlavano di boccole, dio mezzo grado di differenza. Io non sapevo nulla di queste cose. Meno male che il mio capo tecnico Giovanni Sandi mi ha dato una bella mano. Anche per lo stile di guida: pensavo bastasse solo l’istinto, invece con le MotoGP devi essere metodico. L’istinto serve quando fai un sorpasso, quando dici: lì ci sto. Tutto il resto è metodo, tecnica, una scuola che impari fin da bambino e che io non ho fatto».

 

Se pensi al 2019, in questo momento lo vedi come un sogno o come un incubo?

«Spero sia un sogno… Ci sono oneri e onori: arrivare in un team ufficiale dopo aver iniziato come collaudatore nel 2011 è una grande soddisfazione. Io andavo a fare i test e mi sembrava incredibile poter essere in pista assieme a Rossi e Hayden (nel 2011 piloti Ducati ufficiali, NDA). Sarà la mia prima esperienza in un team ufficiale, non so bene come sarà, cosa aspettarmi: ci sono arrivato a 28 anni, partendo tanto indietro. E’ chiaramente un sogno correre per un team ufficiale, voglio che sia così».

 

Ma tu Danilo, caratterialmente, sei un po’ “calimero”, non ti senti all’altezza?

«No, sono realista: so che non sarà tutto figo e facile in un team ufficiale. E’ un po’ come prima di una gara: sai che ti divertirai, ma prima di partire ti viene da vomitare da tanto soffri in quel momento (lo diceva anche Stoner, NDA). Non è una semplice gara di moto, la pressione ti viene dall’ambiente, ci sono tanti aspetti da controllare e non riesci a godertela. La gara te la godi quando è finita e sali sul podio: correre per un team ufficiale me lo immagino un po’ così”.

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