Matteo Flamigni: “Vi spiego l’elettronica di una MotoGP”

Giovanni Zamagni
L’ingegnere elettronico della Yamaha e di Valentino Rossi ci racconta come sono cambiati i sistemi elettronici dalle 500 a oggi. “Una volta, alla fine degli anni Novanta, c’erano una ventina di canali, oggi più di 300. Senza elettronica si potrebbe guidare, ma si andrebbe molto più lenti, soprattutto in gara”
25 marzo 2020

Matteo Flamigni è l’ospite dell’intervista via “Skype”. Ingegnere elettronico di Yamaha e Valentino Rossi, Matteo ci spiega come si sono evoluti i dispositivi elettronici dalla 500 a oggi, partendo da quanto detto da Luca Cadalora nell’intervista rilasciata a Nico Cereghini: “Quando sono arrivato in 500, nel 1993 - ha detto Luca - non c’era alcun controllo. Si è cominciato a vedere qualcosa nel 1995 e poi alla fine degli anni Novanta, ma sempre molto contenuti”.

“Luca ha ragione - conferma Flamigni -: l’elettronica presente nelle 500 era ridotta al limite, e non lavorava in tempo reale per minimizzare un problema. Agiva, per esempio, per migliorare la combustione dei due tempi, quando venne introdotto il “Power Jet” sui carburatori. In quegli anni venne introdotto un primo cambio elettronico: il pilota poteva cambiare senza chiudere il gas. Al massimo c’erano 20-39 canali: avevamo sensori sulla parte telaistica e sulla parte termica. C’erano dei sensori per lavorare al meglio sulla carburazione: i sensori si rompevano spesso, richiedevano un’assistenza costante. Si iniziava a lavorare un pochino su delle specie di “traction control” ma tutto in modo rudimentale.

Il vero sviluppo lo si è avuto con l’avvento dei 4T, nel 2002. A quel punto si sono sviluppate centraline in grado di gestire “traction control”, freno motore, “antiwheeling”, poi è arrivata anche l’iniezione. E poi è arrivato anche il “ride by wire”, il gas comandato elettronicamente. Poi, la grandissima novità, attorno al 2006-2007: la piattaforma inerziale. In pratica, in base all’angolo di piega era in grado di gestire la potenza e il traction control. Fu uno dei momenti chiave della storia dell’elettronica della MotoGP. Il pilota deve cucirsi addosso la moto, per quella particolare situazione. Tutte le Case costruttrici hanno sviluppato una centralina e un software propri spinti ai massimi livelli, con caratteristiche specifiche per rendere la moto più competitiva. Con l’introduzione del software unico si è partiti da un punto inferiore, ma adesso siamo già tornati a quei livelli”.

UNA MAPPA PER OGNI CURVA

“Facciamo un esempio pratico: entriamo in pista al Mugello. Prima di arrivare alla San Donato interviene l’antiwheeling, che rende la moto più stabile e la prepara per la staccata della San Donato. Il pilota inizia a scalare e frenare, interviene il freno motore per non frenare troppo; a centro curva inizia a lavorare il traction control e il sistema che gestisce l’erogazione della potenza, in base alle esigenze del pilota. Ogni curva del circuito ha un suo intervento specifico, ogni curva ha la sua “mappa”. C’è uno scambio continuo di informazioni tra noi elettronici e i tecnici della parte dinamica del veicolo”.

PIU’ DI UN SECONDO PIU’ LENTI

“Tutto si può guidare, anche una MotoGP senza elettronica: sarebbe molto, molto più difficile. Si andrebbe più di un secondo al giro più lenti, ma la differenza più grande sarebbe soprattutto sulla distanza: le gomme si userebbero molto di più, la moto sarebbe più fisica, più difficile e più pericolosa”.