Lo sport e l'odio. Fenati e gli "illustri" precedenti

Lo sport e l'odio. Fenati e gli "illustri" precedenti
Marco Berti Quattrini
Nico Cereghini, Giovanni Zamagni, Carlo Baldi e Diletta Colombo raccontano le pagine più buie dello sport
11 settembre 2018

"Lo sport serio non ha nulla a che fare col fair play. È colmo di odio, gelosie, millanterie, indifferenza per ogni regola [...] è la guerra senza le sparatorie". E se avesse ragione George Orwell, autore di questa frase? Se in realtà lo sport fosse solo un insieme di regole per arginare la battaglia che si combatte tra gli avversari? Se fossere la ragione sull'istinto di prevaricazione? In altre parole: se non ci fossero regole, come andrebbe a finire? Lo sport ci ha mostrato atti di incredibile eroismo e di squisito fair play. Gesti che mostrano il meglio del genere umano, di quelli che fanno venire le lacrime agli occhi. Ma lo sport, proprio perché gli atleti sono esseri umani, ci ha anche mostrato il lato più deprecabile e buio delle persone.

Dopo quanto visto in Moto2 tra Fenati e Manzi , tornano tutti in mente. Quello che personalmente mi ha più colpito è stato il morso di Tyson. Due bestioni di 100 chili che si prendono a pugni. Uno sport in cui la violenza è già ammessa e anzi la ragione per cui gli atleti salgono sul ring. Ma i pugni non fanno abbastanza male, e allora Iron Mike usa i denti. Un morso, ancestrale, fin dentro la carne dell'avversario. Un morso che segna la sconfitta del pugile, dell'uomo e di un pezzo di umanità. Insieme, sul ring, sanguina quello sport "che è colmo di odio". 

 

NICO CEREGHINI

Sul web il video gira ancora e se n’è parlato tanto: al Mugello nel 2013, in una sessione di prove libere, un pilota amatore finì a terra (con fratture) e un pilota professionista, peraltro di nota correttezza e mai coinvolto in altri episodi dubbi, fu accusato di avergli deliberatamente pinzato il freno anteriore dopo un alterco. Erano prove libere, le immagini del circuito chiuso sembravano condannare il professionista ma non erano chiare, si è andati a processo e non è noto se la causa è finita e quale sia stato l’esito. Per questo non faccio i nomi. Un altro episodio gravissimo, questo ben ripreso dalle telecamere Rai della diretta, avvenne invece al Nazioni di Imola alla fine degli anni Ottanta. Classe 500, due piloti italiani finiscono rovinosamente nella sabbia della via di fuga alla prima curva delle Acque Minerali. Il colpevole del contatto resta a terra inanimato; l’altro si rialza, gli corre accanto e inizia a prendere a calci quello che poteva addirittura essere un cadavere. Per fortuna il ferito si riprese bene e non ricordo che tipo di provvedimenti prese la FIM (se ne prese). Anche qui non faccio nomi, perché il “calciatore” ebbe poi diversi guai con la giustizia per altri reati, ha pagato il suo debito con anni di carcere, si è riabilitato.

GIOVANNI ZAMAGNI

 

Il calcio è uno degli sport che più si presta a gesti di reazione: se ne vedono quasi a ogni partita. In particolare, ricordo tre episodi clamorosi. In ordine di tempo.

1983, Siviglia - Atletico Bilbao: un giovane Diego Armando Maradona viene abbattuto da una entrata da dietro di Andoni Goikoetxea, in seguito ribattezzato il "macellaio di Bilbao". Uno dei falli più brutti mai visti nella storia del calci: Maradona si ruppe la gamba, Goikoetxea venne punito con 8 giornate di squalifica;

1995, Manchester United - Crystal Palace: Eric Cantona, focoso attaccante francese del Manchester, viene insultato da un tifoso dopo essere stato espulso; Cantona perde la testa, salta la staccionata (in Inghilterra non ci sono reti di protezione tra campo e tifosi), si scaglia contro chi l'ha insultato e lo abbatte con un calcio. Verrò squalificato per nove mesi;

 

2006, Italia - Francia: Zinedine Zidane viene provocato da Marco Materazzi e reagisce duramente con una testata al difensore italiano. Il grande centrocampista francese viene espulso, l'Italia vince il mondiale e Zidane, che già aveva annunciato il ritiro, chiude nel peggior modo la sua grandissima carriera. Verrà penalizzato con tre giornate di squalifica, che non sconterà mai. quello, purtroppo, che probabilmente accadrà a Fenati: non sconterà mai la squalifica perché, molto difficilmente tornerà a correre.

 

DILETTA COLOMBO

La storia del motorsport a quattro ruote è ricca di duelli all’ultima sportellata. Si pensi ad occasioni recenti, come il botto che ha visto coinvolti i due ferraristi Kimi Raikkonen e Sebastian Vettel e l’enfant terrible Max Verstappen, a Singapore lo scorso anno; ma anche ad altri episodi al limite occorsi in passato.

Vengono in mente la sportellata di Michael Schumacher a Damon Hill nel 1994, e quella dello stesso Schumacher ai danni di Jacques Villeneuve a Jerez nel 1997. Scorrettezza, quest’ultima, che gli costò una squalifica pesante, con la perdita di tutti i punti conquistati nel corso della stagione. Il mondiale, in ogni caso, il Kaiser lo aveva già perso: dopo l’incidente alla Dry Sack, infatti, Schumacher era stato costretto al ritiro, mentre Villeneuve aveva terminato la corsa in terza posizione.

La rivalità più bruciante della storia della F1, però, è forse quella tra Alain Prost e Ayrton Senna. La lotta intestina tra i due piloti della McLaren arrivò al culmine nel GP del Giappone del 1989: Senna cercò di infilarsi alla chicane, Prost chiuse la traiettoria e le due macchine incastrate rimasero lì. Senna si fece aiutare dai commissari e tornò in pista, salvo essere poi squalificato.

Dodici mesi dopo, Senna e Prost, non più compagni di squadra – il francese era passato alla Ferrari per la stagione 1990 – si ritrovarono ancora ai ferri corti. Proprio in Giappone, Senna, vedendo davanti a sé la Ferrari di Prost, lo tamponò. La vendetta era servita. C’è chi, però, non ha fatto a sportellate in pista, ma a botte fuori: celeberrimi sono i calci e pugni sferrati da Nelson Piquet ad Eliseo Salazar al GP di Germania 1982 dopo un incidente in gara. Reazione a caldo, con il casco ancora in testa.

CARLO BALDI


Nel mondiale Superbike non ricordo un’azione scorretta e antisportiva come quella di Fenati a Misano. Nel tempo ci sono stati molti contatti ed entrate al limite della correttezza, ma non ricordo di qualcuno che abbia mai tentato di far cadere volontariamente un avversario. Ricordo invece un fatto increscioso avvenuto nel pattinaggio artistico su ghiaccio. L’americana Tonya Maxene Harding, pattinatrice di livello internazionale, venne coinvolta nell'aggressione alla collega Nancy Kerrigan, sua acerrima rivale, avvenuta nel gennaio del 1994. La Kerrigan venne aggredita dopo un allenamento e a causa degli infortuni riportati non prese parte al campionato nazionale, vinto dalla Harding, e ai Giochi Olimpici Invernali. L’aggressore era stato pagato dall’ex marito della Harding per mettere fuori gioco la rivale. Ci fu un processo, che la Harding cercò di evitare pagando l'ingente multa di 160.000 dollari, ma si dichiarò estranea ai fatti. La federazione statunitense non le ha mai creduto, le ha revocato il titolo nazionale e l’ha squalificata a vita. Di recente è stato anche girato un film su questa triste storia. Per la cronaca, Tonia Harding ha smesso di pattinare ed ha iniziato una carriera nel pugilato femminile.