MotoGP, angolazioni estreme

MotoGP, angolazioni estreme
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Gli angoli di piega della massima categoria, costantemente cresciuti nel corso degli anni, hanno raggiunto valori al limite del paradossale, superando i 60° e dando vita a immagini che sono vera gioia agli occhi degli appassionati
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
17 giugno 2013

Non diciamo nulla di nuovo se vi raccontiamo che gli angoli di piega raggiunti dalle moto da Gran Premio stanno arrivando a livelli davvero estremi. Lo spettacolo di piloti con i gomiti delle tute piallati dallo sfregamento contro asfalto e cordoli è sempre più comune, e più di un produttore ha già iniziato ad apporre slider in materiali plastici o metallici nelle zone critiche come avviene su ginocchia ed esterno del piede.

Anche senza andare a scomodare l'epoca in cui Sheene, Roberts e Saarinen si contendevano il platonico primato su chi abbia toccato per primo il ginocchio a terra sembra ieri, per i meno giovani, che anche fra addetti ai lavori si consideravano i 45° come limite invalicabile per l'inclinazione delle moto. Il progresso compiuto dagli pneumatici ha ampiamente ridicolizzato tale teoria già sul finire degli Anni 80.

 

Il toccare a terra con il gomito non è certo un fenomeno degli ultimi anni - ebbe inizio con alcuni piloti della 250 verso la metà degli anni 80. Il più celebre "gomitista" era il francese Jean Philippe Ruggia, che già ai tempi della sua militanza in Yamaha tornava ai box esibendo orgoglioso ai suoi meccanici il gomito piallato della sua tuta di pelle. Il fenomeno aveva molto a che vedere con lo stile del transalpino, che guidava molto fuori dalla moto e appunto con i gomiti larghissimi, ma il fenomeno iniziò comunque a diffondersi presso diversi piloti della classe intermedia.

Perché proprio la 250? Facile: le 125, ben più veloci in curva, non piegavano altrettanto a causa di pneumatici molto stretti per non pagare pegno in rettilineo mentre le 500, in quell'era in cui l'elettronica trovava applicazione si e no nel controllo dell'accensione delle candele, piegavano relativamente poco per poter raddrizzarsi e scaricare a terra la loro violentissima cavalleria il più presto possibile.

 

Jorge Lorenzo... rovina i logo degli sponsor sui cordoli del Montmelò
Jorge Lorenzo... rovina i logo degli sponsor sui cordoli del Montmelò

Dopo la metà degli anni 90, grazie ad un ulteriore "scatto di crescita" delle gomme nonché al diffondersi più o meno in sordina dei primi rudimentali controlli di trazione, si iniziarono a vedere pieghe ben oltre i 50° anche nella classe regina. La cosa ebbe un antipatico effetto collaterale: quello di iniziare a far conoscere anche ai piloti della 500 il malaugurato fenomeno noto come chattering, innescato in quel periodo quasi esclusivamente dall'impossibilità delle sospensioni di assorbire le sollecitazioni derivanti dalle ondulazioni dell'asfalto a quegli angoli di piega. Anche in questo caso, più o meno per gli stessi motivi sopra esposti, il fenomeno si era manifestato inizialmente sulla 250 per poi contagiare anche la classe regina una volta raggiunti gli stessi angoli di piega.

L'arrivo della MotoGP e la relativa ulteriore accelerazione dello sviluppo delle moto nonché di tutte le componenti ancillari - gomme in primis, soprattuto durante lo scontro al calor bianco fra Michelin e Bridgestone - ci ha portato però ad assistere ad angoli di piega che non sembrano compatibili con le leggi della fisica finora note. Mescole e tecnologie delle carcasse hanno fatto passi avanti prodigiosi, uniti ad un generale miglioramento delle componenti ciclistiche che hanno dato ai piloti il feeling necessario a "scaravoltarsi" ad angoli di piega assurdi.

Già sul finire degli anni 2000 abbiamo potuto assistere ad un mutamento dello stile di guida dei piloti, che in gran parte hanno rinunciato a sporgersi tanto dalla sella per banale mancanza di spazio fra moto e asfalto. Vi basta confrontare la foto di un pilota che oggi consideriamo molto sporgente come un Marquez o un Lorenzo e un qualunque protagonista della 500 ed osservare quanta parte del sedere resta sulla sella oggi rispetto a ieri.

 

Le spettacolari foto che vi presentiamo, scattate tutta alla curva 6 del circuito del Montmelò, vi danno la misura del livello a cui siamo arrivati. Gli angoli ormai si aggirano costantemente attorno ai 60°, e lo spazio ormai è talmente risicato che il pilota, complice traiettorie che portano sul cordolo, arriva a strisciare la tuta fin quasi alla spalla. Vedremo prima il diffondersi a macchia d'olio di sistemi per assecondare lo scivolamento di queste parti anatomiche oppure soluzioni che in qualche maniera cerchino di aumentare la luce a terra? Voi cosa ne pensate?

 

Foto: Soymotero.net