Yamaha M1, ancora niente cambio seamless

Yamaha M1, ancora niente cambio seamless
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il nuovo cambio rapidissimo, di cui solo Yamaha è priva fra le MotoGP, era atteso al debutto ufficiale sulla M1 a Barcellona. Ecco perché non lo vedremo (quasi sicuramente) in gara prima dell’anno prossimo
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
20 giugno 2013

 Lo scenario tecnico della MotoGP di quest’anno, pur con qualche effetto altalena a seconda delle piste, propone un sostanziale equilibrio fra Honda e Yamaha, anche se i piloti della M1 da tempo lamentano una carenza di accelerazione rispetto a quelli della RC-V. Una situazione che potremmo definire annosa – curiosamente, anche tornando ai tempi delle 500, la NSR ha quasi sempre vantato una certa superiorità in accelerazione rispetto alle YZR – accentuata però dall’introduzione nel 2011 del cambio seamless. Una soluzione che, parola di Shuhei Nakamoto in persona, costava quanto una casa ma che garantiva diversi vantaggi – non tutti evidenti – alla RC212V, trasformatasi quell’anno in una vera e propria arma finale.

 

Il cambio seamless è stato adottato da Ducati già in quella stagione mentre Yamaha ne è a tuttora priva. Fin dall’inizio del campionato si è speculato molto sull’adozione di questa soluzione da parte della Casa di Iwata, che con esso risolverebbe diversi dei problemi della sua M1, ma fin dai test di Sepang le aspettative sono state disattese. L’ultimo appuntamento utile per un test di questa soluzione sarebbe stato questo di Barcellona (o Aragon), ma come confermano i presenti – il suono di una moto dotata di cambio a presa continua, o seamless, è sensibilmente diverso da quello di una dotata del quickshifter tradizionale – anche in questa occasione la tanto attesa soluzione non si è vista. Il che significa, a meno di clamorose sorprese, che Yamaha correrà per tutto il 2013 facendo a meno di questa soluzione sulla sua MotoGP.

 

Benefici tangibili

Ma quali sarebbero i vantaggi offerti da un cambio seamless rispetto ad un'unità tradizionale con quickshifter? Tempi di innesto ulteriormente ridotti tanto da poter parlare di cambiate immediate, ma soprattutto niente interruzione della trasmissione della coppia alla ruota posteriore. La sospensione posteriore non subisce gli strattoni tipici dell’interruzione di alimentazione (pur se brevissima) utilizzate nei cambi rapidi tradizionali, e non innesca quindi fenomeni di ondeggiamento o pompaggio del posteriore, per quanto limitati essi possano essere. Una stima altamente spannometrica, all'epoca dell'introduzione della soluzione sulla Honda, ha quantificato in un decimo ad ogni uscita di curva il vantaggio offerto nel tempo sul giro.

Il cambio seamless offre grandi benefici in accelerazione all'uscita delle curve
Il cambio seamless offre grandi benefici in accelerazione all'uscita delle curve

C’è anche un secondo beneficio che deriva da questa tecnologia, meno quantificabile ma altrettanto se non addirittura più rilevante. Un passaggio istantaneo di marcia, se non opportunamente gestito dall’elettronica attraverso il controllo degli iniettori, causerebbe un fortissimo aumento dell’accelerazione – ricordatevi che, di fatto, il calo di giri del motore è minimo. Dal momento che le MotoGP di oggi accelerano già al limite dell’aderenza della gomma e dell’impennata praticamente fino all’ultima marcia, è necessario gestire il passaggio di marcia diminuendo la coppia erogata dal motore, quindi parzializzando (ulteriormente) l'apertura delle farfalle sugli iniettori. Di fatto si risparmia carburante spendibile successivamente, fattore importantissimo nell’equilibrio prestazionale delle attuali MotoGP.

 

Il problema è che questa tecnologia, per essere sfruttata al meglio, richiede un lungo periodo di test ed affinamento dei sopracitati processi elettronici – cosa che Honda aveva effettuato nel 2010, quando sulle RC212V di Pedrosa e Dovizioso erano apparsi i trasduttori di coppia all’uscita del pignone, per misurare appunto la quantità di coppia scaricata dal propulsore in ogni marcia e ad ogni cambiata – e non si tratta quindi, a differenza di altre evoluzioni, di qualcosa che basta montare e provare per verificare la presenza o assenza di riscontri positivi immediati.

 

La situazione motori

Anche in assenza di questo tipo di problematiche – ammettendo che il lavoro dei collaudatori a casa abbia già eliminato tutte le incognite – la situazione motori attuale di Yamaha dovrebbe precludere la possibilità di impiego del nuovo cambio, che ad Iwata stanno sicuramente sviluppando e provando. Il problema nasce dal fatto che un cambio seamless ha ingombri leggermente superiori rispetto a quelli di un’unità tradizionale, e che quindi richiede carter sicuramente diversi da quelli utilizzati finora – in una formula dove si guardano i millimetri nel posizionamento di un motore nel telaio è altamente improbabile che Yamaha si sia potuta permettere il lusso della lungimiranza, dimensionando il basamento del propulsore in maniera tale da poter ospitare un cambio più grande.

«L’impiego di un cambio seamless costringerebbe quindi la Casa di Iwata a punzonare nuovi propulsori – e qui c’è l’inghippo»

L’impiego di un cambio seamless costringerebbe quindi la Casa di Iwata a punzonare nuovi propulsori – e qui c’è l’inghippo. A seguito di non meglio identificati problemi tecnici accusati sia da Lorenzo che da Rossi infatti Yamaha ha già punzonato quattro propulsori per ciascuno dei piloti, spedendo in Giappone i motori di cui non era sicura per un’analisi più approfondita. Questi motori potranno essere riutilizzabili in futuro, quindi la situazione non desta preoccupazioni; allo stesso tempo, però, concede la possibilità di utilizzare un solo ulteriore  propulsore per pilota all’interno dell’allocazione dei cinque previsti per stagione. Fatichiamo ad immaginarci che Yamaha possa dare ai suoi piloti due moto di cui una con cambio seamless e l’altra con l’unità tradizionale: le due sarebbero talmente diverse in termini di uscita di curva, e quindi di messa a punto, da risultare una complicazione spaventosa.

Certo, se il titolo iridato venisse conquistato da Jorge Lorenzo in anticipo e il quinto propulsore non fosse stato ancora punzonato…

 

Un cambio sempre in presa

Ma come funziona esattamente un cambio seamless? Immaginiamo sappiate come funziona un cambio, ma vediamo di ricordarlo – semplificando un po’ per amore di chiarezza e sintesi: su due alberini, uno collegato al motore e l’altro alla ruota posteriore (facciamo finta che non ci sia la frizione) ci sono una serie di ingranaggi. Questi ingranaggi sono liberi di ruotare indipendentemente dall’albero a meno che un dentino, comandato dal selettore, non li blocchi (a coppie) facendo quindi si che la coppia erogata dal motore venga trasmessa con l’interposizione di una moltiplica o demoltiplica a seconda del rapporto fra i denti dei suddetti ingranaggi. Quando azioniamo il pedale del cambio, il selettore stacca il dentino da una coppia di ingranaggi ed innesta quello della coppia successiva.

E’ evidente come in una configurazione del genere possa essere innestata solo una coppia di ingranaggi per volta, pena l’inevitabile rottura del cambio stesso. Ecco dove arriva la superiorità del cambio seamless, che di fatto, per una frazione di secondo, lascia innestati due rapporti contemporaneamente.

 

Invece del selettore sopra citato il sistema seamless prevede la presenza di un mozzetto su ciascun albero. Ce ne sarà uno fra gli ingranaggi di prima e seconda, uno fra seconda e terza, eccetera. Su tale mozzetto ci sono tre coppie di cursori scanalati in verso opposto sui due lati, in maniera tale che tre cursori si possano innestare sull’ingranaggio della prima, ma si disinnestino (un po’come una frizione antisaltellamento) quando la velocità dell’ingranaggio è superiore a quella del mozzetto. Gli altri tre cursori sono fatti alla stessa maniera, ma rispetto all’ingranaggio della seconda.

Quando il cambio è in folle i cursori sono tutti disinnestati. Inserendo la prima, tutti i cursori si spostano a contatto con il relativo ingranaggio. I tre studiati per innestarsi si vincoleranno a quell’ingranaggio, dotato di scanalature complementari a quelle del cursore, gli altri si limiteranno ad appoggiarsi. Quando si innesta la seconda i cursori tenderanno a spostarsi tutti verso il secondo ingranaggio, ma la serie solidale all’ingranaggio della prima non si muoverà perché trattenuta in quell’ingranaggio dalla coppia erogata dal motore. Saranno quindi i soli cursori scanalati per innestarsi nell’ingranaggio della seconda a muoversi, e una volta raggiunto l’ingranaggio della seconda vi si innesteranno. In questo momento, a tutti gli effetti, saranno innestati entrambi i rapporti – è il momento in cui un cambio tradizionale si romperebbe inesorabilmente.

 

In questo momento, a tutti gli effetti, saranno innestati entrambi i rapporti – è il momento in cui un cambio tradizionale si romperebbe inesorabilmente

Su un seamless questo non succede, perché l’ingranaggio della seconda inizierà a trascinare (attraverso i cursori) il mozzetto a velocità più elevata di quanto non faccia l’ingranaggio della prima. I cursori vincolati a quell’ingranaggio, dunque, si disinnesteranno naturalmente un po' come avviene su una frizione antisaltellamento – il lato opposto all’innesto è scanalato per scivolare via dall’ingranaggio e si avvicineranno all’ingranaggio della seconda.

Vi abbiamo confuso le idee? Ne eravamo certi, perché una spiegazione senza avere un pezzo sottomano è piuttosto difficile: il video che vi proponiamo a seguire (realizzato da Zeroshift, l'azienda britannica che per prima ha realizzato questo tipo di cambio) dovrebbe aiutarvi a visualizzare i concetti sopra espressi.