Honda RC213V, perché va meglio?

Honda RC213V, perché va meglio?
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Due interessanti analisi tecniche da Laguna Seca in poi fanno un po' di luce sulla situazione di (relativa) superiorità tecnica Honda in MotoGP
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
20 agosto 2013

Il fatto che una moto vada bene su certi circuiti e peggio su altri - sempre gli stessi, intendiamo - non è certo una novità per il Motomondiale. Fin dagli anni 80 ci sono circuiti dove la Honda ha storicamente prevalso sulla Yamaha e altri tracciati in cui la situazione si ribaltava, e lo stesso arrivo di Suzuki e successivamente Ducati fra i pretendenti alle singole vittorie e al titolo iridato non ha cambiato significativamente la situazione se non aggiungendo le definizioni "pista Suzuki" e "pista Ducati" a quelle possibili.

Questa situazione si è radicalmente estremizzata in tempi recenti, un po' per l'esasperazione tecnica della MotoGP ma anche - in gran parte - per la componente regolamentare del monogomma. Oggi, non è una novità, vince la moto che su quella determinata pista fa lavorare meglio la gomma - uguale per tutti - che Bridgestone mette a disposizione. La novità, semmai, sta nel fatto che su certe piste la gomma a disposizione lavori meglio con le caratteristiche ciclistiche della RC213V mentre in altre sia la YZR-M1 a farla rendere al top. Questo non tanto perché cambi il comportamento dell'interfaccia fra pneumatico ed asfalto, quanto piuttosto perché su certi tracciati prevalgono determinate situazioni - dove il bilanciamento di una moto è particolarmente azzeccato - mentre su altri la rivale può sfruttare il frangente in cui fa rendere al meglio la gomma.

 

V di 90° e baricentro

Oggi, non è una novità, vince la moto che su quella determinata pista fa lavorare meglio la gomma - uguale per tutti - che Bridgestone mette a disposizione

Nello specifico del nostro confronto, la considerazione nasce da una chiacchierata fra ben informati: il luminare tecnico statunitense Kevin Cameron e Jeremy Burgess, che all'indomani del GP degli Stati Uniti a Laguna Seca hanno scambiato alcune opinioni da cui è scaturito un'interessante confronto tecnico fra Honda e Yamaha. Confronto le cui conclusioni sono state confermate durante il Gran Premio di Indianapolis, durante il quale i vantaggi ipotizzati per la MotoGP di Hamamatsu sono apparsi in maniera ancora più marcata.

La RC213, come sappiamo, è passata dalla V stretta adottata da Honda fin dalle prime NS a due tempi ad un angolo fra i cilindri di esattamente 90°, sconfessando automaticamente tutti coloro che identificavano in quello schema motoristico il problema fondamentale della Ducati Desmosedici. La Casa dell'ala dorata è riuscita a raggiungere i propri obiettivi, ottenendo una moto perfettamente equilibrata, mentre a Borgo Panigale stanno ancora lavorando per sistemare all'interno della ciclistica un propulsore dalla configurazione un po' più ingombrante rispetto a quello con una V stretta - nello specifico, riuscire a posizionarlo sufficientemente in avanti da ottenere una ripartizione dei pesi che garantisca il corretto carico sull'avantreno per far lavorare le attuali Bridgestone, molto diverse da quelle sviluppate nel 2007 sulle caratteristiche della MotoGP bolognese. Dotata ancora oggi, sia pure in maniera meno marcata, di una geometria di sterzo molto aperta per evitare che la ruota si pianti nella bancata anteriore ad ogni staccata.

Honda invece è riuscita ad ottenere un propulsore estremamente compatto pur avendo aumentato l'apertura della V - precedentemente attestata attorno ai 75°, e quindi cresciuta di 15 gradi - ed allungato la corsa, essendo il valore di alesaggio vincolato per regolamento. HRC ha contenuto l'innalzamento del motore (visto che la V è pesantemente ruotata all'indietro) con metodi che non ci è dato sapere - si può lavorare sulla lunghezza delle bielle, sul posizionamento del perno della testa di biella ma anche sulla distribuzione, utilizzando valvole allo scarico con alzata contenuta o comandi non convenzionali come sulla CRF450 da cross. Quello che però è curioso è che il reparto corse di Tokyo - come ha dichiarato lo stesso Shuhei Nakamoto in un'intervista di qualche mese fa - ha lavorato avendo come obiettivo proprio un riposizionamento del baricentro, e considerando semplici benefici collaterali i vantaggi offerti dallo schema a V di 90° in termini di contenimento delle vibrazioni ed erogazione.

Un obiettivo che spiega anche l'ondata di panico che ha colpito HRC all'inizio della scorsa stagione, quando Bridgestone ha rivisto i suoi pneumatici ammorbidendoli e la FIM (o meglio la Dorna…) ha aumentato il peso minimo delle MotoGP, in entrambi i casi nel tentativo non del tutto riuscito di rendere più competitive le CRT. In quella occasione HRC, per bocca di Nakamoto stesso, è arrivata a sostenere la pericolosità degli pneumatici "morbidi" Bridgestone. In realtà si è trattato, come ha candidamente ammesso a posteriori lo stesso numero uno del reparto corse Honda, di una specie di polemica preventiva.

Avendo preso rischi notevoli con la definizione della nuova RCV, dotata di un baricentro più elevato per correggere l'unico leggero difetto - trasferimenti di carico poco accentuati - della sua 800, Honda ha rischiato di dover riprogettare tutto per gestire le nuove Bridgestone. Quando il leggero correttivo adottato (si fa per dire, visto che stiamo parlando dell'introduzione anticipata della moto 2013 a metà stagione 2012) è risultato sufficiente ad eliminare il problema, creando la moto che ha permesso a Pedrosa di recuperare con efficacia micidiale nella seconda parte dell'anno arrivando a sfiorare un titolo che fino al Mugello sembrava saldamente nelle mani di Lorenzo, tutti gli allarmi sono rientrati. E la polemica con Bridgestone rapidamente archiviata.

V4 contro quattro in linea

Un'implicita conferma delle parole di Nakamoto - e di tutte le teorie sopra esposte - arriva dalla chiacchierata già citata, che partiva dalla constatazione di Burgess in merito alla marcata differenza di apertura del cannotto fra Jorge Lorenzo e Valentino Rossi. I due hanno uno stile di guida molto diverso: il primo, pulitissimo, è fra i piloti più dolci nella staccata - non è un caso che sia l'unico in MotoGP a non tirare fuori la gamba - che inizia prima e termina altrettanto in anticipo. Valentino, al contrario, stacca tardissimo e prolunga la frenata fino alla corda. Jorge usa quindi un cannotto molto avanzato, come ha fatto notare Cal Crutchlow facendo un confronto fra stili di guida, contrariamente a Rossi che pare lo usi molto arretrato. Vale la pena di spiegare meglio cosa intendiamo: a differenza delle moto stradali, dove nel migliore dei casi attraverso eccentrici è possibile modificare l'inclinazione dello sterzo, sulle MotoGP i cannotti di sterzo - evidentemente surdimensionati - possono ospitare eccentrici in grado di modificare l'avanzamento del perno all'interno del cannotto senza ricorrere a piastre di diversa fattura, permettendo così di lavorare anche su questo aspetto in tempo reale o quasi.

Il razionale tecnico sottostante questa impostazione è abbastanza facile da spiegare: chi stacca in maniera più aggressiva ha la necessità di spostare più rapidamente possibile il peso della moto sull'avantreno e caricare immediatamente la ruota anteriore, per far risalire la temperatura dello pneumatico anteriore (raffreddatosi durante il rettilineo precedente) ed avere quindi il grip necessario a tirare fuori il massimo della potenza frenante dall'impianto. Chi invece, come Lorenzo, stacca con maggior dolcezza si può permettere un cannotto di sterzo più avanzato e una moto meno nervosa nei trasferimenti di carico ma più bilanciata alla corda e in percorrenza. Stiamo naturalmente parlando di differenze nel comportamento della moto in termini di millesimi di secondo, ma sono quei millesimi che fanno la differenza fra una curva impostata come si desidera e uno sterzo chiuso con relativa scivolata nelle vie di fuga.

Cosa c'entra tutto questo con Honda? Presto spiegato. Burgess ha spiegato come Yamaha sia convinta, analizzando i dati disponibili, che Honda al momento goda di un certo vantaggio nei punti in cui è necessario staccare con la moto piegata, frangenti in cui i trasferimenti di carico di cui sopra diventano ancora più critici perché, a parità di impianto frenante e sospensioni disponibili, evidentemente la differenza la si fa riuscendo a scaldare la gomma più rapidamente e consentendo quindi l'impiego di una maggior potenza sui freni.

Dani Pedrosa alla Curva 1 di Laguna Seca, già con i freni in mano per affrontare la piega successiva
Dani Pedrosa alla Curva 1 di Laguna Seca, già con i freni in mano per affrontare la piega successiva

Il dato è emerso con evidenza a Laguna Seca, dove alla curva 2 - alla quale si arriva a staccare piegati, praticamente ancora in percorrenza sulla curva 1 - le RC-V hanno messo in mostra una certa superiorità. Analizzando dall'esterno il comportamento delle Honda e incrociandolo con i dati telemetrici di frenata e percorrenza di Rossi e Lorenzo, Yamaha ha ipotizzato che il vantaggio Honda possa stare appunto in una maggior efficienza nella gestione dei trasferimenti di carico in frenata. Il che, tornando al discorso di prima, confermerebbe le teorie di Nakamoto: il V90 di Honda è stato fatto per ottenere una diversa distribuzione dei pesi, ottenendo un baricentro diversamente posizionato (e presumibilmente più alto rispetto alla M1) rispetto alla 800.

Monogomma, pomo della discordia

Tutto questo torna a collegarsi al discorso monogomma: ai tempi in cui non esisteva un fornitore unico sarebbe bastato chiedere al fornitore una gomma anteriore dalle differenti caratteristiche per ottenere lo stesso risultato. Nella chiacchierata di cui sopra, Cameron cita le parole di Bernard Gobmeier, che ha dichiarato come il problema di grip all'anteriore della Ducati sarebbe facilmente risolvibile da Bridgestone in due settimane, tornando a produrre gomme come quelle che nel 2007 avevano permesso a Stoner di sfruttare al meglio il potenziale della Desmosedici così com'era. Allo stato attuale, invece, Ducati è costretta a stravolgere la propria moto per copiare la distribuzione dei pesi ideale (per le Bridgestone) trovata dalle MotoGP giapponesi.

Ai tempi in cui non esisteva il monogomma sarebbe bastato chiedere al fornitore un'anteriore dalle differenti caratteristiche per ottenere lo stesso risultato

In passato diversi esempi di gomma sviluppata su misura per la moto hanno portato a grandi successi - Burgess cita l'anteriore che Michelin fece apposta per Kevin Schwantz e la Suzuki, ma la stesse Bridgestone anteriori della serie "RJ", quelle sviluppate dalla Casa giapponese per la Ducati Desmosedici, sono forse la più lampante delle conferme. Pneumatici sviluppati per una moto dalle caratteristiche opposte all'intera concorrenza che le hanno permesso di sfruttare i vantaggi del suo andare controcorrente e conquistare lo spettacolare titolo iridato del 2007.

Ecco perché il Monogomma, in un'era in cui si parla con sempre maggior insistenza di contenimento dei costi, inizia a perdere senso. E più di uno dei protagonisti della MotoGP inizia a dare voce ad un certo malcontento, perché in un Mondiale che congela lo sviluppo e limita i test è necessario poter attivare dei correttivi per lavorare di lima sulle moto nel corso della stagione. Il costo dell'adattamento di una moto per adattarla ai requisiti di una gomma - dall'introduzione anticipata di una moto dell'anno successivo fino alla completa riprogettazione a cui sta andando incontro Ducati - per non parlare degli investimenti gettati al vento per disputare una stagione in condizioni di non competitività supera di gran lunga i costi della competizione fra gommisti.

E' vero che in passato lo scontro fra costruttori di pneumatici ha dato vita a mondiali a senso unico, ma è anche vero che questo disequilibrio è nato quando uno dei due - il più influente e potente economicamente - ha spinto per ottenere una revisione del regolamento a suo favore proprio quando aveva raggiunto un livello di competitività tale da giocarsela pressoché alla pari con il riferimento di categoria. Una sola cosa è sicura in mezzo a questo tipo di incertezze: una riflessione su questi aspetti, in una serie alla disperata ricerca di equilibrio e spettacolo, si fa sempre più necessaria. E non è il caso di perdere il treno del prossimo cambio regolamentare.