SBK. Sacchi : “La SBK ci dà gli stimoli che in GP avevamo perso”

SBK. Sacchi : “La SBK ci dà gli stimoli che in GP avevamo perso”
Carlo Baldi
Alla ricerca di nuovi stimoli e di nuovi obiettivi Giampiero Sacchi ha accettato la sfida della Superbike con l’intenzione di proseguire la tradizione vincente delle RSV4
12 febbraio 2016

Per un team passare dalla MotoGP alla Superbike a meno di un mese dalla prima gara non è certo cosa da poco. Quasi una mission impossible, ma non per Giampiero Sacchi. Da sempre nel mondo delle corse, manager nel team Pileri quando Loris Capirossi stupì il mondo a soli 16 anni, è stato anche manager di Rossi e Biaggi ed in seguito responsabile del reparto corse del Gruppo Piaggio (che comprendeva anche Gilera e Derbi) dove ha scoperto tra gli altri un certo Jorge Lorenzo. Nel 2010 lascia Pontedera e fonda il team Ioda Racing. Preleva Danilo Petrucci (ternano come lui) dalla Superstock e lo lancia nel mondo della MotoGP. In pochi anni partecipa anche alla Moto2 e alla Moto3 con una propria moto. Insomma uno che di corse e di piloti ci capisce e che ha quindi l’esperienza necessaria per spostare in poche settimane un team dalla GP alla Superbike.

 

Com’è nata l’idea di passare in Superbike?

«Da una chiacchierata in un bar. Mi trovavo a Madrid e visto che anche Ezpeleta era nella capitale spagnola, ci siamo incontrati per un caffè. Superbike? Perché no…..?».

 

Erano anni che Ioda Racing, la squadra che tu hai creato, correva in GP. Di certo non avrai cambiato a cuor leggero.

«Il mio mondo era quello della GP. Il progetto Ioda Racing è stato creato per la GP e con tanto lavoro l’abbiamo poi esteso alla Moto2 e alla Moto3, dove abbiamo ideato e prodotto una moto che ha vinto in Spagna ed in Giappone. Però per quanto riguarda la MotoGP eravamo partiti con delle ambizioni, con un obiettivo: costruire una CRT con la quale lottare con i colossi, con le case costruttrici. Lavoravamo tanto e facevamo sacrifici, mossi dalla passione, con una meta da raggiungere. Da quando le CRT sono state abbandonate il faro che ci guidava si è spento e non abbiamo più avuto un target ben definito, se non quello di andare qualche volta a punti. Troppo poco per chi come me vive da sempre di corse e di passione. La Superbike ci da nuovi stimoli. Non sappiamo ancora quale sia il nostro potenziale e quale ruolo potremo interpretare perché la decisione è stata presa da poco tempo, ma vogliamo tornare a lavorare per vincere. Questo è il nostro nuovo obiettivo».

 

C’è chi preferisce far numero in GP piuttosto che passare o restare in SBK.

«Per molti è più comodo. Non hai pressioni, nessuno si aspetta che tu vinca e tutto quello che arriva è ben accetto. Ma un pilota o un team manager ambiziosi non si sanno accontentare. Noi siamo stati fortunati ad avere la possibilità di raccogliere questa nuova sfida. Di aprire una nuova pagina».

 

E Aprilia quale ruolo avrà in questo progetto?

«Si è già detto e scritto molto, e spesso a sproposito, circa il ruolo della casa di Noale in questa nostra nuova avventura. Qualsiasi cosa diciamo io o Albesiano può essere interpretata a 360 gradi. In tono positivo da chi ci vuole bene e in tono negativo da chi ci vuole male. Io ti posso dire di essere contento della squadra che abbiamo messo assieme in pochissimo tempo e delle moto che potremo utilizzare, che sono poi le stesse che lo scorso anno hanno vinto le ultime due gare a Losail. Sono molto contento anche dei miei due piloti. Uno esperto e veloce, l’altro giovane con un potenziale ancora da scoprire. Un’accoppiata perfetta. Per quanto riguarda Aprilia, stanno lavorando con noi. Nonostante il grande impegno che stanno profondendo in MotoGP, hanno preparato la parte motoristica delle RSV4 e ci daranno un valido supporto per quanto riguarda l’elettronica. Avremo sempre due dei loro ingegneri elettronici nel nostro box».

 

De Angelis sta provando ad Aragon. Come sta andando?

«Non volevo che Alex salisse per la prima volta sulla sua moto solo in Australia ed ho organizzato due giorni di test ad Aragon. Purtroppo ieri hanno potuto girare poco e oggi (ieri per chi legge) la pista era bagnata e non c’era vento. Speriamo che riesca a fare qualche giro anche solo per un primo contatto con la RSV4».

 

Che spavento la sua caduta a Motegi.

«Alla fine siamo stati fortunati perché tutto si è risolto per il meglio, ma abbiamo passato momenti terribili. Ora Alex sta bene, ma accusa una scarsa forza al braccio destro e anche per questo ho voluto che provasse ad Aragon. I medici sono ottimisti e lui non avverte dolore, però sarà la moto a dirci come sta e se potrà essere competitivo in Australia».

 

Parlando dei piloti sembrava che al fianco di Alex ci potesse essere Vasquez.

«Vasquez fa ancora parte della nostra squadra e mi farebbe piacere se trovasse un proprio spazio in Superbike, un campionato nel quale sono certo che potrebbe mettersi in luce. Se resterà con noi cercherò di fargli fare qualche wild card nel corso della stagione».
 

Una Superbike che non sia più terreno di conquista per trentenni ex GP, ma un palcoscenico per giovani che maturano e vincono

Savadori lo conoscevi già?

«L’avevo visto correre in 125 e poi l’ho seguito da lontano quando è passato alle 4 tempi di serie. Ritengo abbia un ottimo potenziale e potrebbe anche essere il personaggio in grado di cambiare la storia dei piloti della Superbike. La classe regina delle derivate rappresenta ormai il vero trampolino di lancio per la GP e lui potrebbe invertire quindi la tendenza ad utilizzare i cosiddetti “cavalli di ritorno”. Una Superbike che non sia più terreno di conquista per trentenni ex GP, ma un palcoscenico per giovani che maturano e vincono per poi passare a team di primo piano nei campionati dei prototipi. Savadori può essere il portabandiera di questa nuova tendenza».


Mi sembra che i presupposti per fare bene ci siano tutti.

«Purtroppo andremo in Australia senza aver fatto nemmeno un test. Squadra e piloti inizieranno a lavorare assieme solo nei test di Phillip Island e quindi sarà una partenza in salita. Avremmo avuto bisogno di più tempo, ma non ce n’è stato».

 

Dal punto di vista economico sei riuscito a far quadrare il bilancio?

«Abbiamo lavorato molto in pochissimo tempo. Non tutti gli sponsor ci hanno seguito ed abbiamo dovuto trovarne di nuovi. Per farlo abbiamo dovuto cambiare completamente il nostro approccio agli sponsor ed il nostro modo di fare marketing. In GP se non lotti per la vittoria il marketing del team deve creare azioni di co-marketing e puntare sul fatto che si corre in un campionato esclusivo. E’ uno dei grandi punti di forza della GP. Se sponsorizzi entri a far parte di un mondo esclusivo e hai i pass, una “merce” che non si può acquistare. Di conseguenza anche l’hospitality assume una grande importanza. In Superbike puoi vendere il risultato, la visibilità di un podio e di una vittoria. In questo ci ha aiutato la visibilità televisiva della Superbike visto che in Italia e in Spagna, che per noi sono le nazioni di riferimento dal punto di vista commerciale, le gare vengono trasmesse da televisioni visibili a tutti e non a pagamento. Questo permette un numero interessante di telespettatori e quindi la forza mediatica dei campionati delle derivate è aumentata. Ce ne siamo già accorti dalle visite sul nostro sito e sulla nostra pagina Facebook. La foto di Alex che ieri ha provato ad Aragon ha raccolto ad oggi oltre 150.000 like. Evidentemente in molti credono e sono interessati al nostro progetto Superbike».