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A Cremona ho incontrato il mito. Quando nella bolgia della sala stampa di Cremona l’incaricato dell’ufficio stampa Dorna mi ha chiesto se volessi intervistare Kevin Schwantz gli ho risposto che non potevo perché stavo aspettando Belen Rodriguez …….. Cosa c’entrava Kevin Schwantz? Era senza dubbio uno scherzo. Dal suo sguardo di risposta ho però capito subito che non si trattava di uno scherzo, e allora non gli ho risposto e mi sono precipitato nella saletta dove “lui” era già arrivato.
Magro come sempre, con un cappellino con il numero 34. Qualche ruga in più (ha 61 anni), ma ancora con quegli occhi “accesi” e brillanti che lo rendono inconfondibile.
Anche questa volta, come anni fa mi era successo con Mick Doohan (se vi interessa scrivetelo nelle note e ve lo racconto) l’appassionato ha preso il posto del giornalista e non riuscivo a spiccicare parola. Mi limitavo a guardare uno dei miti della mia gioventù, uno dei simboli del motociclismo, di quella passione che ha condizionato e ancora condiziona la mia vita. Lo guardavo e anziché pensare alle domande che avrei dovuto fargli, davanti ai miei occhi compariva la sua Suzuki RGV 500 con i colori Pepsi e rivedevo la storica staccata di Hockenheim del 1991 su Wayne Rainey, con la ruota posteriore che si muoveva come un tergicristallo.
Quello che avevo davanti non era un ex pilota, non era “solo” il campione del mondo delle 500 del 1993, bensì il simbolo delle gare motociclistiche, il talento più cristallino di un’era nella quale i piloti dovevano domare cavalli imbizzarriti, scalcianti e fumanti. Ero incantato.
Quando mi ha guardato come a dire: “beh….e tu non mi chiedi niente?” mi sono risvegliato dal sogno e sono bruscamente tornato nella realtà. Siccome stavo pensando alle 500, gli ho chiesto balbettando cosa ne pensasse delle attuali superbike, e se a suo parere i piloti odierni avrebbero potuto correre con le moto dei suoi tempi.
La risposta è stata abbastanza sorprendente: “Penso che oggi i piloti compiano uno sforzo fisico superiore al nostro, ma allo stesso tempo le moto attuali “perdonano” molto più delle nostre. Oggi se sbagli la moto non ti lancia sulla luna come facevano le 500. Per fortuna oggi è più difficile cadere, anche se anche quando sbatti sull’asfalto il rischio di farsi male c'è sempre".
Un collega mi viene in auto e gli chiede cosa pensi dell’attuale Superbike e dei suoi piloti.
“Mi piace molto. Non solo la Superbike, ma anche la Supersport. Mi piacciono tutte le gare delle derivate. Penso che la GP sia diventata un poco noiosa e quindi sono venuto qui a Cremona a vedere un po di gare. Però da quanto ho visto che c’è il rischio che Bulega le renda noiose”.
Un'altra domanda riguarda la differenza tra i piloti GP e quelli SBK. “Ora che tutte le moto sono a quattro tempi è più facile passare da un campionato all’altro. L’elettronica delle superbike non è certamente quella che troviamo sulle GP ed è questo a mio parere la differenza più rilevante”.
Quindi i piloti SBK potrebbero correre in GP?
“Certamente. Razgatlioglu o Bulega, ma anche molti altri ci potrebbero andare subito”.
Tocca ancora a me. Mi faccio coraggio e gli chiedo: vedi qualcuno tra i piloti attuali che abbia un talento simile al tuo? Anche in questo caso la risposta è sorprendete: “Mi sarebbe piaciuto avere il talento che mi attribuisci (?????) Penso che Toprak abbia dimostrato più volte di poter fare qualsiasi cosa con una moto, dagli stoppie alle impennate, alle staccate furibonde. La sua capacità di controllo della moto è incredibile. Bulega è forse un poco più tranquillo, ma in generale penso che il livello attuale della Superbike sia molto alto. E penso anche a Petrucci, che ha vinto in MotoGP. D’altronde basta vedere le gare di Cremona. Su una pista così tecnica dove la moto è quasi sempre inclinata bisogna essere bravi e metterci coraggio e talento per stare davanti.
Siamo ai saluti e non posso fare a meno di cercare di fargli comprendere cosa lui abbia rappresentato per la mia generazione. “Tu sai che in Italia sei un mito vero? Per darti un’idea ti dirò che io abito al numero 34 e ogni volta che do il mio indirizzo il commento è lo stesso: il numero di Kevin Schwantz!”. Lui ride di gusto e mi batte le mani. “Grazie Kevin, è stato un grande onore”.