Motocross USA: le loro piste sono migliori?

Motocross USA: le loro piste sono migliori?
Continua il nostro viaggio negli USA. Dopo la pista di Glen Helen, vi raccontiamo la nostra visita alle piste di Milestone e di Perris. Tracciati belli, ma anche semplici se paragonati a quelli del Vecchio Continente
4 maggio 2015

La sfida tra Ryan Villopoto e Tony Cairoli sta infiammando gli appassionati di motocross dei due mondi. Le accese discussioni da bar – in cui siamo caduti un po’ tutti, diciamo la verità – abbracciano i piloti, le metodologie di allenamento, i setting delle moto e lo sviluppo delle gare stesse. Brevi, tirate sin dal primissimo giro negli USA; lunghe, da gestire con intelligenza e un po’ di prudenza in Europa.
Poi ci sono loro, le piste, e qui si sprecano le ditate sulla tastiera tra chi sostiene i super tracciati USA, larghi e veloci come autostrade, e chi proclama la superiorità tecnica dei fondi europei, spesso scavati e rovinati come le spiagge della Normandia dopo lo sbarco degli Alleati.

Nel nostro recente tour californiano (siamo andati oltreoceano a visitare Troy Lee Designs, il reparto corse KTM e a intervistare Ryan Dungey, che ha vinto per la seconda volta il Supercross AMA nella classe 450), ci siamo presi quindi una mezza giornata di svago per visistare le piste di Perris e di Milestone. Nel 2013 eravamo già stati sulla mitica terra di Glen Helen, questa volta il nostro racconto sarà da semplici spettatori. Ma sarà comunque utile per farsi un’idea degli usi e dei costumi crossistici in questa parte del mondo

Piste veloci e motore a limitatore

Non siate ingenerosi coi gestori della pista dove girate la domenica: l’erba del vicino non sempre è migliore. Chissà perché siamo portati a considerare le piste americane come le più belle e dotate del mondo. Non è affatto così. Certo, là gli spazi sono immensi e le piste hanno spesso una lunghezza (e una larghezza) superiori. Ma altrettanto spesso sono ricavate ai margini delle zone industriali delle grandi città, in contesti non propriamente bucolici. 

La pista di Perris si trova a circa un’ora d’auto a sud est di Los Angeles. È aperta tutti i giorni, lunedì escluso. A Perris, come in molti altri circuiti americani, sono presenti più percorsi. C’è quello dedicato agli amatori e quello per i professionisti dove si corre. Il primo presenta salti dalle rampe curate e sempre poco inclinate. Non ci sono buche e il fondo è medio/morbido, ma sempre privo di sconnessioni pronunciate. I rettilinei sono larghi e la difficoltà media resta molto bassa, qui possono dare gas e divertirsi anche i piloti a corto di allenamento. 
A Perris a dire il vero ci ha meravigliato il Main Track, quello dove corrono i pro. Ci aspettavamo chissà cosa, invece le uniche differenze sono le whoops e qualche doppio non troppo impegnativo. Non ci sono buche e nemmeno punti particolarmente tecnici. Le rampe sono sempre dolci e anche per questo la pista è molto frequentata anche dai minicrossistiUna giovane mamma ci ha tra l’altro spiegato che suo figlio può allenarsi tutti i giorni, perché frequenta le lezioni scolastiche sul Web (una sorta di scuola per corrispondenza...).

Una insolita - almeno per noi - appendice porta moto
Una insolita - almeno per noi - appendice porta moto

Su una pista del genere è difficile scorgere la differenza reale tra un buon pilota e un vero campione; tutti vanno come dannati, tenendo spesso il motore (anche il 450!) in zona limitatore. Villopoto docet.
Non ci sono i terribili pettini sulle rampe, tipici di tante piste sabbiose anche italiane, le buche vengono subito spianate e la polvere viene tenuta sotto controllo dalle enormi autobotti (molto più diffuse rispetto ai sistemi di innaffiamento automatico). 
In effetti osservi i migliori in allenamento e ammiri il loro stile aggressivo e moderno, fatto di continui movimenti sulla sella. Allo stesso tempo ti domandi come possano però competere con i migliori piloti europei, abituati a girare su piste massacrate che ti spezzano le braccia di fatica.

A nord di Perris si trova il famoso tracciato di Milestone, che ospita al suo interno ben quattro piste: Main Track, Vet Track, Supercross Track e Entry Level Track.
Un giorno in pista costa 30 dollari (25 se si ha la card della pista), come a Perris. È presente l’impianto luci per fare motocross di notte. La pista di Supercross è invece aperta solo durante la stagione del Supercross, ma l’ingresso è riservato ai professionisti e costa 65 dollari. Questo tracciato presenta difficoltà estreme e non è alla portata dei normali motocrossisti della domenica (vi mostriamo nel video il passaggio di Nick Wey, pilota nella top ten del Supercross 450).

La pista Veteran è invece adatta ai principianti e ai piloti over 40. È semplice, ben spianata e priva di polvere grazie all’abbondante irrigazione del truck. Più impegnativo – anche rispetto a Perris – è invece il tracciato Main di Milestone. Questo tiene fede alla fama americana e si presenta veloce, velocissimo e con salti molto lunghi ma sempre ben raccordati.
È davvero un altro mondo rispetto alla cara, vecchia Europa. Pensate ad esempio ai canali di Mantova o ai saliscendi toglifiato della ancora amatissima pista di Asti (maledetto il giorno in cui fu chiusa).

L'autobotte usata per bagnare la pista
L'autobotte usata per bagnare la pista

Non c’è da stupirsi quindi, è chiaro che oggi i campioni del Vecchio Continente, Italia e Francia in testa, sanno tenere testa ai temutissimi Yankee: le loro piste sono divertenti, veloci e spettacolari, ma le nostre sono tremendamente più tecniche e selettive (col rischio però di essere inaccessibili a tanti appassionati, va detto anche questo). 
Vi lasciamo infine con due note di colore. La prima, positiva, riguarda il numero crescente di moto a due tempi viste in pista (evidente anche qui lo strapotere della KTM).
La seconda è negativa e tocca l’argomento protezioni: sono pochi, pochissimi i giovani piloti che le indossano; la maggior parte si accontenta della inutile maglietta. I motociclisti adulti invece indossano regolarmente la pettorina e la protezione cervicale.

È l’ennesima dimostrazione di quanto pessimo sia sui giovani l’esempio dato dai piloti professionisti. E qui purtroppo non c’è differenza tra USA ed Europa.