I campioni 2013 dell'Enduro. Puntata 1 di 4: Alex Salvini

I campioni 2013 dell'Enduro. Puntata 1 di 4: Alex Salvini
Piero Batini
  • di Piero Batini
Intervista ad Alex Salvini, iridato nella E2 con 263 punti, nove vittorie su 14 giornate di gara e sempre sul podio. Davanti a Pierre-Alexandre Renet e Ivan Cervantes. Domani sarà il turno di Antoine Meo | P. Batini
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
18 settembre 2013

 

Intervista difficile se non si vuole essere scontati. Alex, hai chiuso un ciclo basico della tua vita. Emozioni, molte, e consapevolezza, ancora sicuramente poca di fronte allo sbarramento delle emozioni…
«Consapevolezza? Diciamo che quella dell’8 settembre è stata forse una delle giornate più dure della stagione. Per il fattore emotivo, per la tensione senz’altro più alta, e un po’ perché il clima non aiutava certo a stare un po’ più rilassati. È stata dura. Dovessi fare un resoconto delle emozioni provate nel giorno del Titolo, dico che sarebbe dura, perché in sette ore di gara me ne sono passate per la testa cento. All’inizio triboli, poi ti senti più vicino, poi torni indietro, sei lì di nuovo, poi viene a piovere forte e non sai cosa fare, un po’ pensi al Campionato, un po’ alla giornata. Sale la tensione, poi cala, è dura pensare a un resoconto di una giornata di Enduro. Nel Motocross fai la tua manche da 40 minuti e sai se sei Campione del Mondo o no. Punto. Nell’Enduro stai sette ore in moto con decine di variabili da gestire e tutto diventa lungo, lunghissimo. E fino a che non hai messo la moto in Parco Chiuso non sei sicuro. C’è il cambio delle gomme, e fino alla fine non sai cosa può succedere. Una volta che la moto è andata in Parco Chiuso, allora, dopo ho iniziato a realizzare. Non tutto, ma che finalmente ero Campione del Mondo, quello sì».

In questa stagione il grosso salto l’ho fatto mentalmente, assai più che tecnicamente


C’è da dire che proprio in una giornata difficile di uno sport così difficile, con un carico emotivo enorme su un arco di tempo così lungo, sei riuscito a gestire molto bene la gara.
«Meglio di quanto mi aspettassi, perché alla fine tutti hanno sbagliato, tranne io che probabilmente ero la persona più indicata a commettere delle sviste. Io volevo puntare almeno al podio. Vincere sarebbe stato il massimo ma l’obiettivo era il podio. Non volevo correre solo per quei sette punti necessari e sufficienti. In realtà la giornata è partita abbastanza male. Ho faticato, sabato, sono scivolato, sono arrivato a cinque secondi dal podio e ho pensato che magari ce la potevo fare. Avanti, indietro, una cosa così, stressante, pensare un po’ alla gara e un po’ al Campionato. È una cosa che mi ha spiazzato. L’anno scorso, quando mi stavo giocando gli Assoluti d’Italia, ero a zero e in una gara mi giocavo tutto. Non avevo niente da perdere. Nessuna strategia cui pensare. A Saint Flour avevo, invece, solo tutto da buttare via, se le cose fossero andate male, e niente da guadagnare, se non alla fine. Per fortuna, diciamo che in questa stagione il grosso salto l’ho fatto mentalmente, assai più che tecnicamente. Sono sempre stato abbastanza padrone della situazione, dagli Assoluti al Mondiale. Sì, ho fatto le mie stupidaggini, come tutti, però credo che aver fatto un bello step mentale. Adesso non so cosa sarà, ma fino a adesso è stato così».


Nella maturazione di un Campione credo ci siano due aspetti che devono essere considerati con molta attenzione. Da una parte c’è l’evoluzione del Pilota, che scopre in sé la stoffa, dall’altra il contributo di esperienza che ti arriva dalle persone che lavorano con te per quell’obiettivo. È così?
«Perfettamente d’accordo. Nel senso che io mi assumo il merito, magari, di aver fatto un’ottima stagione, di aver vinto quando c’era da farlo, ma comunque, sai, un Pilota, per quanto fortissimo, senza il mezzo meccanico, cioè una moto all’altezza, non vince. Un Pilota fortissimo, ma con un Team che commette degli errori, non vince. Un Pilota fortissimo, con una moto fortissima, e un Team che lavora bene, ecco, si può vincere. Io ho avuto la fortuna di lavorare con Fabrizio Azzalin e di maturare l’esperienza necessaria per fare il grande salto, e con l’HM Honda Zanardo che mi ha dato tutto quello che mi poteva servire per diventare Campione del Mondo».


Della “maturazione” e della consapevolezza parleremo in tempi più adatti, più a freddo. Non è che è per caso hai ancora degli obiettivi per quest’anno?
«Adesso c’è la Sei Giorni, mi piacerebbe vincere la classe, e magari anche l’assoluta».

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