EnduroGP-18. Salvini: “Portiamo avanti un “certo discorso”!

EnduroGP-18. Salvini: “Portiamo avanti un “certo discorso”!
Piero Batini
  • di Piero Batini
La vittoria di Alex Salvini nella quinta prova del Mondiale Enduro, il “The Wall” di Pietramurata, ha messo in evidenza che, al di là degli inglesi da qualche anno in formazione fortissima e costantemente redditizia, oggi si deve puntare italiano
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
16 luglio 2018

Road to World Championship. Alex Salvini è tornato. Più temibile e potente che mai. È tornato alla “vecchia” sistemazione tecnica con il Team di Franco Mayr e una Husqvarna che gli calza a pennello e che risponde ai suoi richiami di potenza. Ha ritrovato, più che la motivazione, la ragione totale per essere di nuovo in cima alla lista, per non dover temere niente e nessuno, neanche gli inglesi, che conosce bene per aver a suo tempo “istruito”.
Cinque vittorie, su nove giornate di EnduroGP Mondiale (e 6 su 9 per quanto riguarda la classe E2 nella quale il bolognese milita specificamente). Dopo il GP Trentino, sul terreno atipico e spettacolare di “The Wall”, è arrivato il momento di puntare decisamente su Alex Salvini, classe 1985, già “Oro Olimpico” alla Sei Giorni Internazionale di Enduro del 2007, La Serena, Cile, e Campione del mondo della E2 nel 2013.

Buongiorno Alex, “bentornato!” Innanzitutto, come è stato il Gran Premio del Trentino?
«Buongiorno a tutti voi. Trentino. Eh. Per me il Gran Premio del Trentino è stato… logorante. Una gara diversa. Diversa tanto. Poi io, quella gara lì, The Wall, l’avevo già fatta due volte, quindi la conoscevo un po’, più o meno sapevo di che si trattava. E così alcuni dei miei avversari, anche loro la conoscevano. Naturalmente mi aspettavo che non fosse la stessa, e la differenza, alla fine, è nel fatto che quando corri per il Mondiale è tutta un’altra cosa. Un conto, infatti, è disputare una gara fine a sé stesa, per quanto importante e difficile, e un altro è inserirla nel contesto di un Campionato del Mondo. Ed ecco la tensione, il logorio. Poi la Gara stessa. Stress. Poche ore che stai in sella, è vero, un’ora e un quarto di Speciali non è la fine del mondo, ma una formula complessa che ti tiene in ballo quasi quindici ore, a strappi, a fasi successive. A livello mentale è un impegno difficile, perché ti tiene sempre sotto stress, anche quando sei fermo. Tre partenze di Motocross la mattina, l’Enduro Test davvero difficile, l’Extreme Test alla sera, che quando sei lì che te la giochi per tutto quanto non è mai uno scherzo. Alla fine era tutto fattibile, anche gli ostacoli più difficili, solo che è una situazione in cui può succedere di tutto. Ecco la ragione della gran pressione che hai addosso».

Niente altro, parlando di pressione? Dai, confessa!
«Beh, sì, c’è dell’altro. Un altro fatto. Importante. Ero a casa della mia ragazza. Ecco, essendo nel posto della mia ragazza, si è aggiunta una sorta di stress da prestazione. La necessità di far bella figura con i miei genitori, quelli della mia ragazza, tutta la famiglia a seguire me e tra gente che mi conosce, che tifa per me, che si aspetta che tu faccia bene, che è di lì e che ti porta a testimonial dell’Evento. Sì, è un notevole stress aggiunto!».

Avviciniamo il Mondiale, il Campionato, per favore. Che ti senti bene lo si vede chiaramente, che hai ritrovato una grinta incredibile. Puoi descrivere questo particolare stato di forma riconquistato a cinque anni dalla conquista del Titolo Mondiale del 2013?
«Sì. Già alla vigilia della stagione mi ero reso conto che ero in uno stato di forma che ritenevo ancor migliore di quello che avevo nell’anno del Mondiale. Questo non voleva dire molto, ero semplicemente arrivato alla prima Gara in una condizione perfetta ma un conto è sentirti bene e un altro è gestire un’intera stagione ad alti livelli. Tuttavia, era già un’indicazione positiva. Una buona indicazione. Sapevo di aver lavorato bene durante l’inverno, questo sì, sapevo che la Husqvarna è competitiva e che con questo avevo una carta buona da giocare, e sapevo che lo sarebbe stato anche il Team, perché sapevo già come lavora. Quindi da un lato ero tranquillo. Dall’altro, sai, comunque erano passati un bel po’ di anni dal Titolo, e gli ultimi due erano stati abbastanza duri, mi avevano segnato. Alla fine mi rendevo conto che mi stavo rimettendo in gioco ma non potevo ancora stabilire in che rapporto potessero stare il mio livello di competitività e il livello generale del Mondiale. Sapevo solo che ero più preparato rispetto all’anno precedente, questo sì, ma non potevo dire se quel di più sarebbe stato sufficiente per giocarmela di nuovo».

E dopo che cosa hai scoperto, non solo di te?
«Ecco, ho scoperto due cose interessanti. La prima è che il livello tecnico generale del Campionato è altissimo. Ma questa non una vera scoperta. E poi che la “truppa” degli inglesi è fortissima e incredibilmente agguerrita. Beh, non è una vera scoperta nemmeno questa. Steve Holcombe, due Mondiali di seguito, quello della GP, è ormai il riferimento delle ultime stagioni. Lo conosco bene, ha vissuto a casa mia un sacco di tempo quando eravamo insieme in Squadra. So che potenziale ha. Ma c’è anche Freeman, che è molto forte e che si trova in una situazione idilliaca. Per lui è tutto nuovo, e trovarsi in una situazione come questa e senza alcuna pressione è super stimolante, perché comunque tutto quello che viene è buono, tutto quello che riesce a fare di più è guadagnato. Molto bravo. E Jamie McCanney. Purtroppo si è lussato una spalla ma è molto, molto forte anche lui. Ecco, questi tre sono i top tre, i miei Avversari, fermo restando Remes, che non è mai da sottovalutare anche se non sta attraversando un periodo eccezionale. Ecco, queste le “scoperte” che non sono scoperte. Quella vera, invece, sono io. Sono io che tengo botta e che riesco a stare lì, incrociamo le dita, davanti a tutti!».

Due anni difficili, hai detto. E allora. Conta, in questa situazione di ritrovata fiducia e competitività, il fatto che tu sia tornato a correre con Franco Mayr?
«Sì che conta. Sicuramente! Primo perché, al di là di tutto, ho fatto questa scelta, anche rinunciando a opzioni economiche migliori, perché sapevo cosa vuol dire. Avevo già lavorato con lui, e sentivo che era la soluzione migliore per me. Franco Mayr è uno dei migliori manager dell’Enduro di oggi, e non c’è bisogno che lo dica io, basta dare un’occhiata al suo palmares, ai risultati che ha ottenuto, senza mai essere il Team ufficiale di una Casa. Secondo, sapevo cosa aspettarmi lavorando con lui, e sapevo che era quello che serviva a me per ritrovare il quadro vincente. Infine, vedere con quale grinta continua a voler essere protagonista di questo Mondo, è come il lancio di una nuova sfida, una sfida generale, a tutti, globale, potentissima. Mayr è uno che si dedica alla sua missione con una forza esemplare, è il tipo giusto per fare le cose in grande e con obiettivi seri. In fondo, in questa operazione, entrambi ci siamo rimesso in gioco!».

Su quali Gran Premi puntare di più e quali temere, di quelli che restano alla fine del Mondiale, per completare la missione?
«Senza dubbio il prossimo Italiano è un Gran Premio che mi pace. Si gioca ancora su un terreno amico, dove c’è una passione incredibile. Ecco, sul GP d’Italia di Lovere credo di poter puntare per “portare avanti il discorso”. Poi ci potrebbe essere da soffrire, ma non c’è timore perché siamo tutti qui per fare lo stesso mestiere, nel Gran Premio di Germania, perché andiamo a correre su terreni più ostici per il Quattro Tempi e con una tipologia più simile ai GP inglesi. Dunque su terreni in teoria più favorevoli alla “truppa” di cui si parlava prima. Se devo trovare un punto di debolezza, ecco, potrebbe essere quello».

A proposito di “truppa”, c’è un buon rapporto tra te e Holcombe?
«Io direi di sì. Siamo stati compagni di Squadra e … di casa mia, ci siamo allenati molto insieme, gli ho insegnato tanto il primo anno, i trucchi del mestiere a lui che arrivava da Junior. Da un lato è stato ed è bello per la relazione, dall’altro è così così perché ci conosciamo molto bene anche dal punto di vista agonistico. Diciamo che in questo modo gli ho messo a disposizione un sacco di informazioni che potrebbero tornargli utili contro di me. D’altro canto questa vicinanza ha dato anche a me delle informazioni utili sul suo conto. Diciamo, più in generale, che entrambi conosciamo i nostri punti forti e le nostre debolezze. D’altro canto credo che questo “scambio di dati” ci ha dato la possibilità di mandare in scena dei bellissimi combattimenti, delle magnifiche giornate di Enduro uno contro l’altro. Vedi i distacchi tra noi alle fine degli ultimi Gran Premi, e stai sicuro che sarà bello così fino alla fine del Campionato».

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