Comparativa Supersportive 2019. La più veloce a Pergusa

Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Siamo al momento della verità. Scopriamo la più veloce fra le nostre sette regine delle Supersportive 2019 sul tracciato siciliano
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
11 giugno 2019

Ed eccoci alla sfida finale. Al momento in cui… le chiacchiere vanno a zero, e si tratta di far salire in sella il nostro Alfio Tricomi - pilota con un bel palmares nel Campionato Italiano - per analizzarne il comportamento a quel limite a cui solo un pilota sa spingere mezzi del genere.

Alfio, dei cui servigi ci siamo avvalsi già per le comparative nel 2017 al Paul Ricard e nel 2018 ad Alcarràs, oltre che per la prova strumentale della Brembo RCS Corsacorta, conosce come nessun altro tanto il circuito di Pergusa quanto le Pirelli Diablo Superbike, e ha familiarità con gran parte delle moto in prova, e per questo è il candidato ideale per spremere senza favoritismi di sorta tutte e sette le moto oggetto della prova.

Vi raccontiamo, in ordine inverso, come si sono comportate nella nostra prova, analizzandone i punti di forza e le debolezze di ciascuna. Presentandovi anche il risultato dell’acquisizione dati del giro veloce di ciascuna delle sette!

 

E’ stata eletta all’unanimità quella più facile da interpretare, per comunicativa e sincerità di comportamento. Assettata tendenzialmente sul morbido, la GSX-R 1000R è relativamente accogliente e, nonostante i suoi 200 cavalli, è da considerarsi una delle maxi più accessibili di questa generazione.

Il motore, in particolare, è quello che offre l’erogazione più regolare e sfruttabile grazie al sistema di fasatura variabile SR-VVT, perdonando anche qualche sbavatura sulla traiettoria scelta o inserimenti, uscendo comunque come una furia.

Il problema sofferto dalla Suzuki nasce proprio dalla sua comunicativa: alzando il ritmo, complice il maggior grip offerto dalle slick, tende a perdere stabilità lasciando sull’asfalto decimi preziosi ogni volta che un’azione di forza causa reazioni scomposte dell’assetto, in inserimento e in uscita.

 

La miglior dote della Honda Fireblade, da sempre, è la sfruttabilità, quel Total Control che fin dalla prima CBR900RR il team dei tecnici Honda guidato dall’ingegner Tadao Baba ha conferito all’ammiraglia sportiva della Casa di Tokyo. La Fireblade SP 2018 non fa eccezione, naturalmente, offrendo subito anche al pilota molto esperto una grande sfruttabilità.

Purtroppo, il problema al freno anteriore - sotto forma di un ABS troppo stradale e imprevedibile nel comportamento in circuito - è tornato a manifestarsi non appena abbiamo aumentato rigidità della carcassa e grip a disposizione passando dalle pur eccellenti Supercorsa v3 alle slick Superbike SC1.

Rimane un ottimo comportamento generale che fa dimenticare volentieri una potenza dichiarata inferiore alla concorrenza (ma con un tiro ai medi davvero da riferimento) e che su un tracciato come quello siciliano ha sicuramente penalizzato la Fireblade, con l’aggravante di una protezione aerodinamica insufficiente che, con ogni probabilità, non ha gravato solo sul comfort ma anche sulle prestazioni in velocità.

 

La Ninjona è come sempre caratterizzata da un gran bel motore, diventato ancora più brillante in alto grazie all’arrivo delle bielle in titanio e in generale agli aggiornamenti apportati al modello 2019, e come già detto nel capitolo precedente, ha un feeling sull’avantreno da riferimento. Doti che le avrebbero dovuto permettere di difendersi meglio sul tracciato di Pergusa, e che invece - un po’ a sorpresa, lo ammettiamo - non sono venute fuori più di tanto.

Il problema principale nasce dalla rapportatura piuttosto lunga, unita naturalmente alle già note penalizzazioni al motore imposte dall’Euro-4, che sulla Kawasaki è risultato più penalizzante che altrove in termini di tiro ai medi regimi, con l’aggravante di un’elettronica che tende a tagliare un po’ troppo impedendo di sfruttare appieno il potenziale offerto dalle slick. Alfio ha anche lamentato una certa fisicità nei cambi di direzione - la Ninja è in effetti piuttosto generosa nelle dimensioni, e quindi un pelo più inerziale delle concorrenti.

Al contrario, la sua dote migliore è la grande stabilità in percorrenza, e la grande stabilità sul posteriore, che la rende più comunicativa delle altre nelle accelerazioni più violente in uscita di curva nonostante qualche pompaggio, lieve e prevedibile.

 

 

La Highlander delle maxi sportive: non è cambiata se non in qualche dettaglio dal 2015, però è sempre là davanti, a giocarsela con le migliori proposte del segmento che, sulla carta, hanno cavalli in più e chili in meno - quando il gioco si fa duro, la Yamaha YZF-R1M è sempre pronta a giocare. E rimane sempre velocissima e meno impegnativa delle rivali, rispetto alle quali propone un’accessibilità psicofisica da riferimento.

La sua dote migliore nell'economia del tempo sul giro a Pergusa, secondo Alfio, sta nell’elettronica: il suo intervento è poco percettibile e non rallenta la moto, ma anzi la rende più veloce, soprattutto per un matching perfetto con le gomme utilizzate. Una dote che si accorda perfettamente alla personalità della R1M, da sempre un riferimento in termini di equilibrio fra motore e ciclistica, e che è stata ulteriormente perfezionata con l’aggiornamento apportato sul model year 2018.

Il difetto principale della R1M, a parte un leggero deficit di potenza rispetto alle concorrenti più aggiornate (che qui a Pergusa, circuito velocissimo, ha pesato forse più di quanto non sarebbe successo altrove) sta nella relativa riluttanza ad inserirsi in curva a causa dell’inerzia del suo albero motore Crossplane, più largo rispetto a quello di un quattro cilindri in linea e quindi causante un maggior effetto volano.

 

 

Iniziamo con i rimpianti. La nuova S1000RR avrebbe potuto fare di più, molto di più, se un problema elettronico non l’avesse fermata a metà del secondo giro lanciato. Giro che aveva tutte le premesse per rivelarsi più veloce del già stupefacente riferimento staccato al primo passaggio, ma che si è bruscamente interrotto con l’elettronica in protezione sul finale.

Un giro mostruoso, dicevamo, maturato grazie ad un’agilità e a una precisione assolutamente al vertice della categoria, in parte sicuramente dovuta al kit M e ai già citati cerchi in fibra di carbonio. Non è affatto esagerato parlare della BMW S1000RR come il nuovo riferimento in termini di rapidità in inserimento e nei cambi di direzione, a conferma del vecchio adagio che vuole le masse non sospese come quelle più rilevanti in ogni condizione.

Come avrebbe potuto andare ancora più forte? Facile: con un’elettronica più a punto. Alfio ha lamentato l’intrusività del pacchetto elettronico BMW, che in diverse occasioni penalizza un po’ quando la si sfrutta al limite utilizzando il grip disponibile con le slick. Ma se non si fosse fermata…

 

Dalla Ducati ci aspettavamo, naturalmente, prestazioni egregie sui curvoni e sui lunghi rettilinei di Pergusa. E in effetti non ci ha affatto deluso, grazie ad un motore pazzesco, a una gran trazione e a una grandissima direzionalità in frenata, che le permettono di entrare in tutte le curve con il freno molto più in mano rispetto alle altre.

Quando si prende in mano il gas, anche grazie a un’elettronica davvero efficace e a punto, la Panigale V4s schizza in avanti con una grinta spaventosa, tanto che spesso - complice il regime stratosferico a cui gira il Desmosedici Stradale - si finisce per anticipare le cambiate, non sfruttando tutto il potenziale disponibile, a meno di non tenere bene d’occhio il contagiri.

Alla fine è forse proprio questa grinta a penalizzarla: la Ducati Panigale V4S finisce per essere un po’ troppo fisica nella guida. Gestire tanto acceleratore e tanti freni non è affare per tutti, anche e soprattutto perché la conformazione del serbatoio non fa molto per aiutare il pilota, che tende a gravare tutto sulle braccia penalizzando anche un po’ quella meravigliosa direzionalità in frenata citata in apertura.

 

 

La sorpresa della comparativa. Non tanto perché non ci aspettassimo cose turche dalla RSV4 portata a 1100cc, quanto perché sul tracciato siciliano temevamo che non riuscisse a far valere quella che tradizionalmente è la sua dote migliore, ovvero la precisione e la confidenza sull’avantreno nei lunghi curvoni in percorrenza, a gas puntato, di cui effettivamente Pergusa difetta.

E invece, grazie a un motore veramente pazzesco, la V4 di Noale ha fatto veramente sfracelli. Meno violento e viscerale rispetto all’omologo Ducati, il propulsore veneto lancia fuori dalle curve come accompagnati da una fionda, e pur facendo meno impressione, in fondo ai rettilinei è quello che fa segnare le velocità più aeronautiche di tutti nonostante le appendici aerodinamiche, sulla carta, dovrebbero penalizzarla negli ultimi rapporti.

La contropartita è una stabilità molto delicata al limite, emersa quantomeno qui a Pergusa, con forti pompaggi della sospensione posteriore, dovuti ad un assetto sicuramente estremo (e comunque ritoccato più volte) per compensare le prestazioni del motore - non a caso, l’Aprilia si è dimostrata quella meno delicata con le gomme, riuscendo comunque grazie alla bontà e alla sincerità del telaio a staccare un giro stratosferico!

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