Tecnica: Le ruote (a razze) delle moto

Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
La struttura di questi componenti, vitali per la dinamica della moto, e il perché della loro affermazione
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
3 settembre 2019

L’evoluzione tecnica che ha avuto luogo nel corso degli anni ha interessato tutti i componenti delle moto e quindi anche le ruote (qui il primo articolo su quelle a raggi), che sembravano non poter essere migliorate rispetto a quelle a raggi utilizzate, praticamente senza variazioni di disegno, per decenni.
In fondo ad avere subito modifiche era stato solo il mozzo, nel quale era incorporato il freno a tamburo e al quale successivamente sono stati fissati uno o due dischi.

Sulle auto da competizione le ruote a raggi, prima impiegate universalmente, sono state sostituite da quelle a disco e/o a razze a partire dagli ultimi anni Cinquanta. Logico quindi che qualcuno abbia pensato di fare qualcosa del genere, magari solo per constatare se c’era qualche vantaggio (ed eventualmente di quale entità), anche in campo moto, ove però le ruote a raggi funzionavano più che bene, oltre ad avere una estetica molto gradevole.

È stato così che anche nel nostro settore a un certo punto hanno cominciato ad apparire le ruote a razze. Anche in questo caso le prime erano destinate ai mezzi da competizione.
In effetti l’idea non era proprio inedita, ma per trovare qualche esempio di ruote a razze (in legno!) o a disco è necessario andare molto indietro nel tempo, addirittura agi albori del motorismo.
Merita comunque di essere menzionata, autentica voce fuori dal coro, la Bohmerland prodotta dalla metà degli anni Venti alla fine del decennio successivo, che impiegava ruote le cui razze erano ottenute grazie a sei grossi fori in una struttura altrimenti discoidale.

La Kawasaki KR con due cilindri in tandem è stata realizzata in versioni di 250 e di 350 cm3. Apparsa nel 1975, questa moto ha vinto otto mondiali tra il 1978 e il 1982. Nella foto si notano chiaramente le ruote a sette razze
La Kawasaki KR con due cilindri in tandem è stata realizzata in versioni di 250 e di 350 cm3. Apparsa nel 1975, questa moto ha vinto otto mondiali tra il 1978 e il 1982. Nella foto si notano chiaramente le ruote a sette razze

L’era delle ruote a razze in campo motociclistico è realmente iniziata nei primi anni Settanta, con la comparsa sulle piste di quelle in lega di magnesio, ottenute per fusione.
Il pilota Peter Williams, che era anche un ottimo tecnico, ha cominciato con le sue, dapprima a sei razze, montate sulla Arter-Matchless 500, e successivamente a cinque, sulla Norton 750 con telaio “monoscocca” del 1973.

La MV Agusta ha iniziato a impiegare le ruote a razze della americana Morris, a sette razze, verso la fine dello stesso anno. Ormai la strada era indicata e ben presto le ruote di questo tipo si sono diffuse sulle moto da Gran Premio ufficiali.
Diverse moto giapponesi destinate ai piloti privati hanno però continuato ad essere vendute con le ruote a raggi anche negli anni Ottanta e perfino all’inizio del decennio successivo.
Alcune aziende italiane si sono rapidamente affermate come produttrici di ruote a razze in lega di magnesio iniziando una autentica tradizione di eccellenza. Basta ricordare nomi come Campagnolo, Tecnomagnesio, Marvic e Marchesini.

Le ruote a razze non hanno tardato a diffondersi anche sulle moto di serie; in questo caso però non erano in magnesio ma in lega di alluminio. Ne era dotata la MV Ipotesi presentata al salone di Milano del 1973 ma entrata in produzione più di un anno dopo.
Il vero boom, dopo alcune avvisaglie nel 1975, è cominciato nel 1976 ed è avvenuto in larga misura per merito dei nostri costruttori. Sono state dotate di ruote a razze la Guzzi Le Mans, le Laverda 750 SF3 e 1000 a tre cilindri.

Pure la Ducati ha iniziato a impiegarle, sulle sue sfortunate bicilindriche parallele, mentre la BMW le ha montate sulle bicilindriche della serie /7 (inizialmente come optional).
Nel 1977 è stata la volta delle Guzzi V 35 e V 50, presentate a Colonia alla fine dell’anno precedente, e della Ducati Pantah (che sarebbe entrata in produzione diverso tempo dopo). Nello stesso anno la Yamaha aveva in produzione con ruote di questo tipo la RD 400 e la 750 bialbero a tre cilindri. Ormai il successo era diventato inarrestabile…

La MV Ipotesi 350, presentata nel 1973, è stata una delle prime moto di serie con ruote integrali in  lega leggera
La MV Ipotesi 350, presentata nel 1973, è stata una delle prime moto di serie con ruote integrali in lega leggera

Rispetto a quelle a raggi le ruote a razze presentano due vantaggi di considerevole importanza: sono più rigide e, a pari resistenza alle sollecitazioni trasversali, possono essere più strette (cerchio escluso, ovviamente). I raggi devono infatti avere una sensibile campanatura.
La cosa può essere svantaggiosa in quanto può ostacolare l’adozione di due pinze freno fisse (ossia a pistoni opposti). Questo contribuisce a spiegare per quale ragione nelle moto da enduro in genere si impieghino pinze flottanti.

A differenza dei raggi, le razze lavorano sia a trazione che a compressione e di conseguenza la struttura della ruota risulta particolarmente rigida.
Il mozzo non è più “sospeso” in quanto collegato al cerchio dai raggi, dei quali a lavorare sono solo quelli superiori che fungono come i tiranti dei ponti. Poiché i raggi superiori lo “tirano”, il cerchio tenderebbe a ovalizzarsi se in questo non fosse contrastato dai raggi orizzontali (che quindi sono sottoposti comunque a un certo sforzo di trazione). Le dimensioni e la forma delle razze possono essere studiate in modo da impartire alle ruote l’estetica che si preferisce e da “modulare” la rigidezza come più opportuno. Basta pensare alle razze curve, che spesso sono straordinarie come styling e che sono meno rigide di quelle rettilinee.

In quanto al peso in genere non ci sono differenze veramente importanti rispetto alle ruote a raggi: dipende dai casi

Le ruote a razze, che consentono il montaggio di pneumatici tubeless, sono in un sol pezzo e non necessitano di alcun centraggio. Vengono finite di lavorazione, dopodiché si passa al montaggio dei cuscinetti con relativo distanziale. La mancanza di raggi e di un cerchio sostituibili significa però che in caso di danneggiamenti occorre procedere alla sostituzione della ruota completa. In quanto al peso, in genere non ci sono differenze veramente importanti, rispetto alle ruote a raggi. Dipende dai casi.

Le ruote destinate alle moto di serie di norma sono in lega di alluminio. Largamente impiegata come procedimento produttivo è la fusione in conchiglia (che, come quella in terra, consente di realizzare razze cave); in tal caso spesso si utilizza la lega Al Si7 Mg, contenente il 7% di silicio.

Per quanto riguarda le ruote delle moto da competizione, invariabilmente realizzate in lega di magnesio, la scena è stata dominata a lungo da quelle ottenute per colata in terra. Assai spesso in questo caso assai sovente si impiegava la lega AZ 91, contenente importanti quantità di alluminio e zinco.

A partire dai primi anni Duemila si sono rapidamente imposte le ruote ottenute per forgiatura, nelle quali le migliori caratteristiche meccaniche del materiale consentono, a parità di robustezza, una diminuzione del peso del componente finito. Anche qui le prime (in lega di magnesio) sono state realizzate per le moto da competizione; rapidamente però sono arrivate anche quelle in lega di alluminio destinate ai modelli stradali di prestazioni più elevate.