Rotazione inversa. Perché, e da quando?

Rotazione inversa. Perché, e da quando?
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Dunque, il nuovo motore V4 della Ducati gira all’indietro e ha una primaria a terna di ingranaggi? Ma non è il primo. Parliamone…
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
24 novembre 2017

A portare all’attenzione generale i vantaggi che si possono ottenere facendo ruotare l’albero a gomiti “al contrario” è stata la Yamaha con la sua M1.
Grazie a tale soluzione l’effetto giroscopico dovuto alle ruote viene leggermente diminuito, poiché contrastato da quello generato dall’albero, che gira in senso opposto. Inoltre, quando si apre con decisione il gas all’uscita di curva essa fornisce una certa resistenza al sollevamento dal suolo della ruota anteriore, il che può ovviamente essere vantaggioso.
Chi ha avuto una bicilindrica Ducati con distribuzione comandata da alberelli e coppie coniche (moto con cospicue masse volaniche) si dovrebbe essere accorto di questo, perché sgassando da fermo ai semafori l’avantreno invece di tendere a sollevarsi tendeva ad abbassarsi. Non tutti sono perfettamente d’accordo sui vantaggi che si possono ottenere facendo girare l’albero a gomiti in senso opposto rispetto alle ruote, ma sicuramente nelle MotoGP sono in molti a considerare positivamente questa soluzione.
Si tratta di mezzi portati al massimo livello di esasperazione e nei quali contano anche i minimi dettagli, che vengono condotti da piloti di gran lunga superiori ai migliori che si possano incontrare su strada. Il sospetto è che a contare, in buona misura, possa essere anche il feeling trasmesso a chi è in sella.


 

La Yamaha M1 ha rilanciato tra le MotoGP la soluzione dell’albero a gomiti che gira all’indietro. Tale componente aziona tramite due ruote dentate un albero ausiliario dotato di un ingranaggio in presa con la corona; quest’ultima è solidale con la frizione, che quindi gira all’indietro. Il cambio è in cascata
La Yamaha M1 ha rilanciato tra le MotoGP la soluzione dell’albero a gomiti che gira all’indietro. Tale componente aziona tramite due ruote dentate un albero ausiliario dotato di un ingranaggio in presa con la corona; quest’ultima è solidale con la frizione, che quindi gira all’indietro. Il cambio è in cascata

Lo schema ormai da tanti anni standardizzato per la trasmissione del moto alla ruota posteriore prevede innanzitutto che l’albero a gomiti sia collegato al primario del cambio da una coppia di ingranaggi: in questo modo il senso di rotazione viene invertito, e il complessivo frizione/corona della primaria gira quindi all’indietro. Il cambio è del tipo in cascata, con un albero di entrata (primario) collegato a quello di uscita (secondario) mediante ingranaggi. Al suo interno quindi il senso di rotazione viene nuovamente invertito. L’albero di uscita, al quale è vincolato il pignone della trasmissione finale, gira quindi in avanti.

Perché l’albero a gomiti ruoti all’indietro, quando il cambio è in cascata è necessario che la trasmissione primaria sia a catena o sia costituita non da due, ma da tre ruote dentate. Oppure, se la primaria è a coppia di ingranaggi, occorre che il cambio sia del tipo con presa diretta (senza inversione del senso di rotazione, dato che il manicotto di uscita è coassiale con l’albero di entrata).

 

I classici motori Motobi a cilindro orizzontale (questo è un 175 per le gare juniores degli anni Sessanta) avevano il cambio con presa diretta e la trasmissione primaria a coppia di ingranaggi; l’albero a gomito girava quindi all’indietro. Considerazioni identiche valgono per i monocilindrici Aermacchi 175, 250 e 350 dello stesso periodo
I classici motori Motobi a cilindro orizzontale (questo è un 175 per le gare juniores degli anni Sessanta) avevano il cambio con presa diretta e la trasmissione primaria a coppia di ingranaggi; l’albero a gomito girava quindi all’indietro. Considerazioni identiche valgono per i monocilindrici Aermacchi 175, 250 e 350 dello stesso periodo

I motori con albero a gomiti che gira all’indietro non sono certo una novità. Sono infatti stati impiegati su molte moto che hanno fatto la storia. Basterebbe ricordare le Guzzi a cilindro orizzontale, sia di serie che da GP, e le famose Mondial bialbero e monoalbero da corsa degli anni Cinquanta. Queste monocilindriche erano dotate di una trasmissione primaria a coppia di ingranaggi e di un cambio con presa diretta. Un identico schema costruttivo è stato in seguito adottato dalle eccellenti Motobi e Aermacchi ad aste e bilancieri.
Anche nelle Ducati bicilindriche a L con comando della distribuzione ad alberelli e coppie coniche l’albero a gomito girava all’indietro. Queste moto, costruite in versioni di 750 e 900 cm3, sono state le ultime italiane dotate di cambio con presa diretta.

A proposito di questa scelta, è interessante segnalare che impiegando un cambio di tale tipo è facile disporre i due alberi anche uno sopra l’altro, e quindi limitare l’ingombro longitudinale del motore (ciò che può essere importante se vi è un cilindro orizzontale). Nei classici motori inglesi di una volta si impiegavano invariabilmente cambi con presa diretta; l’albero a gomiti però girava in avanti, perché la trasmissione primaria era a catena.

 

Le Morini 175, assai apprezzate anche all’estero, sono state a lungo grandi protagoniste della scena motociclistica italiana. Come si può osservare in questa foto, avevano la trasmissione primaria a terna di ingranaggi. Il cambio era del tipo con presa diretta e sia l’albero a gomiti che la frizione giravano in avanti
Le Morini 175, assai apprezzate anche all’estero, sono state a lungo grandi protagoniste della scena motociclistica italiana. Come si può osservare in questa foto, avevano la trasmissione primaria a terna di ingranaggi. Il cambio era del tipo con presa diretta e sia l’albero a gomiti che la frizione giravano in avanti

Gli esempi di trasmissioni primarie a terna di ingranaggi non sono stati molto numerosi, ma si è trattato in genere di motori di grande importanza tecnica e storica. Basta dire che le hanno utilizzate moto come le Morini 175 con distribuzione ad aste e bilancieri (Settebello, Tresette, etc…) e le NSU 250 Max. Nel primo caso, all’ingranaggio intermedio era fissato l’albero a camme, mentre nel secondo ad esso erano vincolati gli eccentrici che azionavano le due biellette di comando dell’albero a camme in testa. In questi motori il cambio era con presa diretta e l’albero a gomito girava in avanti, dato che la primaria non invertiva il senso di rotazione.

Una variante del sistema a terna di ingranaggi è quello che prevede un albero ausiliario munito di due ruote dentate, delle quali una prende il moto dall’albero a gomiti e l’altra lo trasmette alla frizione. Le trasmissioni primarie di questo tipo hanno avuto largo impiego nei policilindrici da competizione, e sono state utilizzate anche dalla Ducati nei suoi bicilindrici paralleli da GP (125 del 1958 e successivi 250/350). In questi motori, poiché il cambio era in cascata, l’albero a gomiti girava all’indietro. Uno schema analogo è stato impiegato anche dalla Honda per le sue favolose moto da competizione degli anni Sessanta, come la 250 a sei cilindri.
Pure la Benelli lo ha adottato per le sue ultime quadricilindriche da Gran Premio. Questa soluzione è stata di recente rilanciata dalla Yamaha M1, ed è oggi utilizzato su varie MotoGP. Per quanto riguarda i modelli di serie basta ricordare la MV Agusta tricilindrica F3.

Occorre infine ricordare che in alcune moto giapponesi, come la Honda CBX 550 degli anni Ottanta e la Kawasaki ER-5, l’albero a gomiti girava all’indietro perché il cambio era in cascata e la trasmissione primaria era a catena.

 

 

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