Nico Cereghini: “Collaudatori: gente bella tosta”

Nico Cereghini: “Collaudatori: gente bella tosta”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Fanno chilometri con ogni tempo per sviluppare le nuove moto. Un mestiere appagante, certo, ma anche difficile e pericoloso. E una volta c’era chi barava… | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
9 agosto 2011

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Ciao a tutti! Lo Sviluppo era per me un termine fastidioso, per incrementare il quale, ancora da adolescente, mi toccava ingoiare dei gran cucchiai di una porcheria che si chiamava olio di fegato di merluzzo. Ai miei tempi si usava torturare i bambini. E così ancora oggi, quando sento parlare di Ricerca e Sviluppo, un po’ mi dà noia. Preferisco allora dirla all’inglese: R&D. E qui mi sento modernissimo.

Di R&D non parlavano i collaudatori di moto fino agli anni Ottanta. Parlavano semmai di tresette e “ciapanò”, di giochi di carte. Ne conoscevo diversi, specie della Aermacchi e della MV, che passavano da Milano mentre facevano i chilometri, e con la scusa di ritirare qualche particolare dal Menani –che era Angelo Menani, produttore di parti speciali racing in via Lombardini vicino ai navigli- si trasferivano volentieri nella vicina trattoria “al bolognese”. Pranzo veloce, seguito da interminabili partite a carte, mentre a far chilometri sullo strumento della moto pensava il tornio, collegato al cavo, nel retro dell’officina Menani. Voi dite che era un imbroglio e che magari ci è costato il sorpasso da parte dell’industria giapponese? Siete severi, però può darsi che abbiate ragione; ma era anche legittima difesa, perché l’ufficio tecnico pretendeva da quei poverini 700 km al giorno anche con la neve e il gelo sull’asfalto. A quei tempi si usava torturare anche i collaudatori.

 

In un certo periodo i collaudatori morivano troppo spesso e ci si incontrava ai funerali

 Non erano tutti così. C’erano soprattutto quelli che collaudavano sul serio, e del resto tanti di loro hanno pagato un prezzo altissimo, sono caduti sul lavoro. In un certo periodo, e penso soprattutto alla squadra del vecchio Cereda in Guzzi e alle pericolose strade del lago di Como, i collaudatori morivano troppo spesso e ci si incontrava ai funerali, drammatici, di una vittima troppo giovane, magari padre di famiglia, che lasciava vuoti terribili. E mi ricordo che ai tempi di De Tomaso i collaudatori della Moto Guzzi erano frustratissimi, perché dopo tutte quelle migliaia di chilometri loro proponevano magari un certo ammortizzatore o un certo pneumatico; e poi l’ufficio acquisti, su pressione della direzione, ne deliberava un altro per risparmiare mille lire. Oggi, per fortuna, il mestiere del collaudatore è più garantito, anche se il rischio resta alto. In Ducati, per esempio, sono dieci gli uomini che fanno km all’R&D, mentre le moto di serie che escono dalla linea vanno a girare sui rulli, e solo a campione finiscono sulla strada.

Ne conosco tanti, tra i collaudatori di oggi, gente simpatica con cui ci si intende benissimo. Per forza, sono motociclisti! E spesso sono severi con le moto che sviluppano, ci tengono a dare pareri obiettivi, conoscono tutte le moto di riferimento e sono anche dei gran bei piloti, delle belle manette. Pensateci, quando siete alla guida della vostra moto e ne siete soddisfatti: prima di voi, altri l’hanno guidata a lungo con professionalità.